Un passo avanti importante per contrastare il gioco d’azzardo in Basilicata – che secondo dati dei Monopoli di Stato 2016 “muove” 750 milioni di euro – è il Piano regionale con un fondo (sia pure limitato) di 400 mila euro da spendere in progetti durante quest’anno sia da parte dell’Asp che del’Asm. A sottolinearlo oggi il commissario dell’Asp Giovanni Chiarelli e l’assessore regionale alla Salute Flavia Franconi che hanno promosso un convegno scientifico sul tema “Gioco d’azzardo patologico e comorbidità psichiatriche”. L’assessore Franconi ha evidenziato i contenuti nell’intesa sul gioco pubblico sancita dalla Conferenza Unificata (Stato-Regioni-Enti locali) che dà il via alla riforma, con l’obiettivo prioritario del dimezzamento sul territorio delle sale giochi.“Uno spartiacque importantissimo – l’ha definita – perché avvia un’azione di contrasto alla ludopatia e al contenimento del gioco d’azzardo”. L’assessore ha sottolineato: “ci sentiamo impegnati affinché venga assicurata una maggiore tutela della popolazione nei confronti del gioco d’azzardo ed in questo modo siamo in grado di proteggere maggiormente i giovani e le fasce potenzialmente più minacciate dalla ludopatia”.
Nell’ottobre del 2014 il Consiglio Regionale di Basilicata ha approvato la legge tesa a contrastare il gioco d’azzardo. La legge considera il gioco d’azzardo come una vera e propria ‘dipendenza comportamentale patologica’, e come tale malattia prevenibile, curabile e guaribile in grado di compromettere la salute e la condizione sociale del singolo individuo e della sua famiglia. Per fare ciò, è stato previsto il coinvolgimento degli enti locali, delle istituzioni scolastiche, degli enti o aziende del Sistema sanitario regionale, delle associazioni riconosciute e degli enti o aziende, pubbliche o private, operanti nella lotta alle dipendenze del gioco di azzardo, ma soprattutto dell’Osservatorio Regionale sulla dipendenza da gioco d’azzardo, appositamente istituito.
Di rilievo le relazioni del prof. Gian Luigi Gessa (“neurobiologia delle dipendenze patologiche e del Gap”); della prof.ssa Liliana Dell’Osso (“Ipotesi neuro-evolutiva dell’addiction: il ruolo del trauma”); del prof. Carlo Bertelloni (gestione clinica) e del dott. Pietro Fundone (“ stato dell’arte dei servizi in Basilicata”).
La professoressa Liliana Dell’Osso – l’unica lucana presente nella banca dati online con i profili di cento esperte nelle aree scientifiche, secondo il progetto “100 donne contro gli stereotipi”, di Bernalda, direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Pisa e vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria – ha illustrato le ipotesi scaturite dalle più recenti ricerche scientifiche, che chiamano in causa un modello dimensionale della psicopatologia.
Secondo l’attuale classificazione dei disturbi mentali, gli psichiatri si basano, per la diagnosi, su un sistema categoriale dei disturbi, descritti nella forma di differenti quadri sindromici, con il risultato di una tendenza a dover ricorrere troppo spesso all’espediente della comorbidità, poiché ogni paziente si configura, alla fine, come un mosaico di quadri diversi. Con l’emergere dei limiti di questo sistema, negli ultimi anni la Scuola di Psichiatria dell’Università di Pisa – sottolinea la prof. Dell’Osso – ha proposto il cosiddetto Modello di spettro, che vede protagonista un approccio dimensionale alla psicopatologia. Secondo questo approccio, non va preso in considerazione, nella valutazione di un disturbo psichiatrico, soltanto il corteo dei tipici sintomi, ma anche i tratti sfumati, le manifestazioni personologiche e i sintomi isolati o atipici, che si pongono in un continuum con la manifestazioni acute, andando a costituire il corpo sommerso di quell’iceberg la cui punta è identificabile con le presentazioni più classiche e di pertinenza clinica. Quest’ottica ha reso possibile una maggior focalizzazione, da parte di clinici e ricercatori, sul ruolo dei fattori predisponenti allo sviluppo dei disturbi psichiatrici. In questo contesto la relazione si concentrerà sui quei tratti di spettro autistico – quali ad esempio una difficoltà nella comprensione delle emozioni e nel relazionarsi con gli altri, deficit comunicativi, interessi in specifici campi – che, anche quando non raggiungono l’intensità clinica, costituiscono un fattore di rischio per lo sviluppo di quadri psicopatologici complessi. Bisogna tenere presente – evidenzia la psichiatra di Bernalda – che a questi tratti sottende comunque un’alterazione del neurosviluppo, che, seppur di grado inferiore rispetto a quella dei quadri di autismo conclamato, può essere un terreno fertile per lo sviluppo di molti distrurbi psichici.
Un contributo importante, come quelli degli altri relatori, perché – come ha sottolineato l’Assessore Franconi – il piano regionale di intervento sarà fatto da una parte sanitaria ed una sociale e c’è dunque bisogno di un apporto quanto più specialistico.