Francesco Paolo Francione in una nota esprime alcune riflessioni politiche in vista delle elezioni del 4 marzo 2018. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Il clima politico in Europa verso la fine del 13° secolo era burrascoso, fino al punto che il Sacro Collegio, composto da 20 cardinali, riunitosi a Viterbo, non riusciva ad eleggere il Papa. Troppo profonde erano le divisioni politiche (guelfi e ghibellini), troppo radicati gli interessi familiari e personali. I viterbesi, stanchi per questa insopportabile situazione, guidati dal Capitano del Popolo, Raniero Gatti, decisero di chiudere le porte della città, costrinsero i cardinali nel Palazzo dei Papi e ne scoperchiarono i tetti, confidando che lo Spirito Santo potesse penetrare più agevolmente nella zucca dei porporati. E mentre Bonaventura di Bagnoregio, successore di S. Francesco, esponeva al pubblico ludibrio il loro irresponsabile comportamento, il popolo decise addirittura di tenerli a pane e acqua e senza un soldo, fino a quando non avessero fatto il loro dovere. Il metodo adottato fu efficace e, dopo una settimana, fu incoronato il nuovo papa, Gregorio X.
Fatte le debite distinzioni di tempi, di luoghi e di istituzioni, (il Parlamento di una Repubblica non è il Collegio cardinalizio), a molti italiani, penso, non dispiacerebbe riservare un trattamento analogo ai 900 parlamentari che saranno eletti domenica prossima, fino a quando non raggiungano l’accordo per dare un governo al paese, (o per eleggere, in altra occasione, il membro mancante nella Corte Costituzionale). Vengono eletti e retribuiti per questo. E’ certamente una immagine scherzosa e il metodo non sarebbe in questo caso risolutivo, anche perché gli eletti saprebbero trovare vie alternative per vitto e redditi ancora più abbondanti; né converrebbe scoperchiare i tetti dei Palazzi, perché è molto improbabile che un soffio salvifico voglia discendere sulle teste, persino di coloro che sventolano il Vangelo.
Programmare, però, nuove elezioni, a distanza di pochi mesi, ove non fosse raggiunta una chiara maggioranza, significa voler fare ricadere sugli elettori la responsabilità di una legge elettorale fatta apposta – pare – perché nessuna formazione politica potesse avere una maggioranza.
Una chiara indicazione in tal senso, quella cioè di voler trovare una sintesi, la più ragionevole possibile, tra varie forze politiche, per dare un governo al paese, confidando anche sulla saggia regia del Quirinale, per fortuna non manca: essa potrebbe non solo smuovere gli astensionisti incalliti che hanno da molto tempo perso ogni fiducia nelle istituzioni democratiche, ma riuscirebbe anche a dare una vigorosa spinta a coloro che, convinti di non dover abbandonare la buona abitudine al voto valido, anche a costo di turarsi il naso, si stanno lasciando irretire dal dubbio che questa di domenica prossima sia solo una scaramuccia e che convenga serbare energie per la vera elezione del prossimo dicembre.
Oltretutto, un governo precario e una campagna elettorale continua, per giunta piuttosto mediocre per toni e contenuti, finirebbe per ingenerare la convinzione che il paese vada comunque per il suo corso anche senza un governo nazionale, e che le decisioni importanti vengano prese in una Europa guidata dall’alleanza di paesi che hanno governi forti e operativi.