Valentino Blasone in una nota esprime alcune riflessioni dopo la presentazione del logo “commerciale” di Matera 2019. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Matera da qui al 2019
Mentre gran parte della città, quasi con giudizi unanimi, avanza rilievi di non consenso (nel miglior dei casi) e di bocciatura (i più) sul nuovo logo per Matera 2019, ritorno a quanto si era discusso l’altra sera fra alcuni membri della Fondazione (a partire dal suo direttore Paolo Verri) e convenuti a quell’incontro, aperto a chi voleva partecipare.
In quella sede si è discusso a lungo (ed io sono stato fra quelli che ha rimarcato la situazione attuale) della distanza fra la Fondazione e la città.
La situazione è di stallo, c’è una profonda e diffusa disillusione rispetto all’evento Matera 2019, la città si sente esclusa e separata in casa.
Un evento internazionale che da un lato porta il nostro nome, Matera, e dall’altro quotidianamente scivola sempre più verso un pendio di una gestione ristretta, un circolo chiuso (che è l’esatto contrario di “open”) di chi decide e gestisce a volta addirittura contro il volere della comunità (il caso del logo è un lampante esempio di assoluta incapacità di includere e di condividere percorsi e finalità), di una gestione del quotidiano che è assolutamente anch’essa in antitesi col concetto di “future”, senza visione e senza interesse a costruire, ma solo a “governare” l’oggi peraltro a volte (come il caso del logo), con evidente approssimazione e noncuranza delle regole.
Pertanto il punto, almeno per me, non è nel merito del logo, non ho competenze tecniche per esprimermi, se non la possibilità di dire che mi piace o non mi piace, ma questo non interesserebbe a nessuno, a partire da me stesso.
Il punto cruciale è nel metodo, che è anche forma e contenuto allo stesso tempo: è sin troppo facile constatare una incapacità o una non volontà ad includere e a voler fare per conto proprio.
Matera 2019 non può avere questo spirito, perché sarebbe in palese antitesi con la storia e col sentire vero della città, da sempre inclusiva e diffusa.
Quel ripensamento auspicato l’altra sera non è più rinviabile e deve diventare pratica quotidiana, se si vuol salvare l’evento ormai alle porte.
Chi lo pretende, si proprio così, lo pretende, è l’intera città, il popolo materano tutto, che non può essere derubricato semplicemente al simbolo cittadino (ancora un logo, il bue).
Infine non si può non menzionare l’intera classe politica cittadina che pure dovrebbe spendere una qualche parole, a partire dal sindaco, dal suo delegato permanente in Fondazione e membro del CDA, per finire ai consiglieri comunali, parlamentari uscenti, prossimi pretendenti al seggio in parlamento, consiglieri e assessori regionali, che sono invece materani a giorni alterni, a seconda della convenienza del momento.
Infatti tutti loro tacciono, essendo solo ed esclusivamente impegnati a raccogliere l’ultimo voto utile, a declamare l’ultima invereconda promessa, a percorre con affanno gli ultimi metri di una campagna elettorale permanente, pronti per contro tutti uniti all’assalto del 5 di marzo, allorquando vinti e vincitori, si siederanno nuovamente al tavolo della spartizione cittadina.
È tutto così umiliante, è tutto così un vile mercimonio, è tutto cosi contro Matera.
Bisognerà quindi resistere e continuare a denunciare i misfatti e tenere accesa la luce della ragione e della dignità, con l’intento di costruire nelle pratiche reali, e non a parole, un nuovo corso di partecipazione e inclusione.
Valentino Blasone