In occasione della Giornata internazionale della Donna riceviamo e pubblichiamo una riflessione su “La donna anziana e il suo ruolo educativo intergenerazionale” di Giovanna Ferraiuolo, psicogerontologa e direttrice del Centro Studi Anziani di Basilicata.
Nelle conclusioni del Consiglio Europeo sul Quadro strategico per la cooperazione nel settore dell’istruzione e della formazione ET 2020 si è sottolineato la necessità di sviluppare un modello di comunità fondato sulla solidarietà tra generazioni e sullo sviluppo della persona lungo tutto l’arco della vita. L’intento è quello di contrastare il progressivo isolamento di determinate categorie, causato da trasformazioni socio-economiche che nel corso degli anni hanno portato ad un profondo cambiamento delle strutture sociali. Purtroppo per molti decenni si è verificato un incremento della distanza fra generazioni in alcuni ambienti, concependo spazi e tempi unicamente in modo monogenerazionale. Le varie fasi del corso della vita non sono concepite nel loro naturale susseguirsi ma come rigidamente distinte le une dalle altre tanto da arrivare a considerare vecchiaia e infanzia come poli opposti. L’educazione stessa, però, ci insegna che è tra le opposizioni che si realizza l’equilibrio, nel giusto bilanciamento tra principio di libertà e principio di educabilità. Tutto questo viene esplicato nel ruolo fondamentale, soprattutto nella nostra realtà italiana, che rivestono le donne anziane nell’educazione e crescita di bambini e adolescenti, come nonne, zie, insegnanti, catechiste, animatrici, ecc. Anche se si parla in generale di funzione educativa, questa è svolta in modo differente nelle diverse fasi di vita della donna adulta/anziana e non viene meno nonostante le difficoltà o l’impossibilità della vicinanza fisica quotidiana, soprattutto delle nonne. In qualsiasi situazione le donne anziane possono svolgere dei compiti educativi di grande rilievo se hanno progettualità ed entusiasmo. Le situazioni che le donne anziane condividono con bambini attuano una reciproca conversazione, dialoghi fatti anche di silenzio e attesa. In questi momenti di scambio contemporaneamente si affollano pensieri ed emozioni, ricordi ed esperienze: per entrambi nascono nuovi apprendimenti. In questo modo due generazioni così distanti anagraficamente diventano veri e propri pigmalioni l’una dell’altra. Come una sorta di specchio introspettivo i bambini, mentre da specchio proiettivo le donne anziane – di saperi, esperienze, conoscenze, emozioni… – si prefigura il futuro di entrambe le generazioni nel proseguimento del loro percorso di vita.
In conclusione le donne anziane che condividono del tempo con bambini, che si occupano dei nipoti, che collaborano con scuole e altri servizi per i minori investono nell’opportunità di invecchiare meglio, trasmettono memoria, apprendono cose nuove, si sentono ascoltati e possono ascoltare concentrandosi sull’incontro intergenerazionale senza altri pensieri e preoccupazioni a differenza di quanto accade per i genitori di solito impegnati a destreggiarsi tra vita familiare, lavorativa, sociale.