E’ di questi giorni la notizia della giusta iniziativa adottata dal Prefetto di Potenza sull’emergenza cinghiali, che, nel rispetto delle norme vigenti in tema di sicurezza e salvaguardia della tutela della integrità fisica delle persone, che ha demandato ai Sindaci la possibilità di dare corso ad ordinanze eventuali ed urgenti per la cattura e/o l’abbattimento di cinghiali.
La Regione Basilicata, invece, annuncia una delle tante iniziative già adottate da due anni, con la sola, ma notevole, differenza rispetto al passato, di attività poste in essere che tendono sempre all’abbattimento, ma anche con l’utilizzazione, per talune tecniche,dell’uso dei famosi cani limiere.
Se ancora una volta, per l’uso dei cani limiere, dalla Regione Basilicata viene privilegiata una sola sigla privatistica (ENCI), continuando ad ignorare quanto invece ha fatto il Governo (che ha ammesso tutte le razze, purché iscritte all’anagrafe canina), il ritardo degli interventi regionali, come anche il fatto che gli stessi si siano dimostrati solo dei palliativi, ha spinto in maniera forte anche le associazioni agricole a chiedere l’intervento Statale e degli Enti locali, e ciò perché le criticità economiche, sia in termini di distruzione delle colture che di danni agli animali da reddito, sono ormai molto rilevanti.
La Regione Basilicata consentesì oggi un’attività di controllo in tutto l’arco dell’anno con l’uso delle armi, utilizzando le varie tecniche (appostamento, cerca e girata), ma dimentica che la gittata utile di queste armi è di circa 5 miglia; quindi, tenendo conto che nell’annata venatoria passata e nell’attività di selecontrollo sono state registrate in Basilicata già 4 (quattro) tragedie, con la perdita di quattro vite umane, occorre mettere in campo altre strategie che affrontino il problema in maniera efficace e concreta;l’ordinanza dei Sindaci invece, e giustamente, non solo individua il gruppo dei cacciatori partecipanti ma esige la presenza di un agente di polizia locale presente alle operazioni, ed altresì consente l’uso dei mezzi di cui all’art. 13 della L.N. 157/1992, quindi anche il normale fucile da caccia.
Una buona amministrazione dovrebbe pianificare con tutti gli stakeholder azioni appropriate, con la partecipazione dei cacciatori, dei selecontrollori, degli agricoltori e degli imprenditori del settore carne che desiderassero introdurre nella propria attività imprenditoriale la trasformazione e quindi la commercializzazione dei capi prelevati o abbattuti.
Occorre cambiare strategia per conseguire una reale e significativa riduzione della popolazione dei cinghiali, magari anche con l’obiettivo di trasformare una criticità in una opportunità sviluppo, sull’esempio di altre Regioni più virtuose del centro nord, che hanno fatto delle carni di selvaggina una vera e propria risorsa.
Mar 14