Ricorsi al Garante Autorità Concorrenza e Mercato e al Tar di Basilicata; attivazione dello Sportello di Protesta del Malato; audizione in Quarta commissione consiliare: sono alcune delle iniziative che segnano l’avvio di una nuova fase di mobilitazione di operatori della salute e cittadini presentate oggi a Potenza dai dirigenti di Sanità Futura – Michele Cataldi, Giuseppe Demarzio, Antonio Mussuto e Teresa Canitano – in un incontro con i giornalisti.
Nei giorni scorsi – ha detto il presidente Michele Cataldi – abbiamo paragonato l’attuale situazione che sta vivendo il comparto della sanità privata accredita e l’intero sistema sanitario regionale al gioco dell’oca: qualunque passo in avanti ci riporta nella casella dei “prigionieri”. Tra i temi affrontati: le liste d’attesa che nascono dalla disorganizzazione e dal sistema del CUP che così come è strutturato è inadeguato; la mala burocrazia, che produce casi concreti di sfiducia e disperazione; le leggi che non servono a nulla: quando non sono cassate dalla Corte Costituzionale, sono brutalmente ignorate; le promesse del lupo, di carnevale o da campagna elettorale. La situazione attuale – ha evidenziato – è figlia del passato ma madre del futuro e proseguendo così i problemi potranno solo aumentare accrescendo disagi di utenti (a Sanità Futura ne aderiscono oltre 800) ed operatori.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso – è stato spiegato nella conferenza stampa – è rappresentata dalla deliberazione di Giunta n.316 del 13 aprile scorso che determina i tetti di prestazioni che le strutture dell’assistenza specialistica ambulatoriale possono erogare. L’Associazione rifiuta il principio perché prevale il criterio di numeri ma – è stato detto – i pazienti non sono numeri e si basa sullo “storico” della produzione di ogni singola struttura con una media relativa agli ultimi tre anni con il risultato che al cittadino è negata la libertà di scegliere dove curarsi e che per una vista cardiologica il SSR prende anche un anno di tempo. Sono 43 le prestazioni salvavita che invece – è stato sottolineato – vanno sottratte ai tetti come pure era previsto insieme ad altri punti importanti in un’intesa sottoscritta tra Associazioni e Presidente Pittella il 9 febbraio scorso. E’ accaduto invece che il “confronto”, presieduto dal Presidente, al di là delle buone intenzioni del Governatore, non ha dato i risultati auspicati a causa dei continui ostacoli frapposti dalla dirigenza del Dipartimento Salute, da un approccio cieco e burocratico, dal silenzio assordante di Asp e Asm e soprattutto dalla precisa volontà di approfittare dei punti di contrasto per allontanare le soluzioni. Come nel “gioco dell’oca” siamo tornati alla casella di partenza con l’aggravante del tempo perduto (almeno tre anni), dei problemi inevitabilmente peggiorati e delle crescenti difficoltà delle strutture sanitarie private accreditate (oltre 60 con circa 700 operatori-lavoratori).
Tra i casi più eclatanti di sanità negata quello delle prestazioni ad utenti extraregionali che si rivolgono alle strutture. Per Giuseppe Demarzio, titolare del Centro Radiologico Madonna della Bruna e dirigente di Sanità Futura, la sanità privata accreditata di Matera per meglio rispondere alle esigenze di turisti, visitatori, cittadini extraregionali intende fare la propria parte sempre che – aggiunge – ci sia data la possibilità attraverso prestazioni e servizi di alta specializzazione da incrementare, come dimostra il fatto che eroghiamo prestazioni di diagnostica ad utenti di 17 regioni italiane diverse, e non solo per la domanda di emergenza e superare le liste di attesa. A Matera accade esattamente il contrario con l’aggravante – ha detto – che la spesa complessiva regionale per la mobilità vale a dire per i lucani che si curano fuori è salita nel 2017 a 43 milioni di euro.
Ora – ha aggiunto Demarzio – il disastro è alle porte e tra poco le strutture ambulatoriali inizieranno un’altra ondata di dannosi e inutili contenziosi da 6,3 milioni di euro e a lavorare solo privatamente con aggravio di costi per l’utenza e le casse pubbliche, con sicura perdita di posti di lavoro. Questa volta l’effetto sarà catastrofico perché le strutture, anche se sostanzialmente sane, chiuderanno i bilanci in perdita. Tutto questo sarà fatale per molte imprese che non hanno alcuna colpa e che per di più devono subire in silenzio questo assurdo gioco dell’oca per evitare ulteriori danni da ritorsioni burocratiche.
Ribadiamo, in sintesi, la nostra posizione: più tutele per i pazienti e più garanzie per le strutture più piccole ma con maggiore potenziale di distribuzione territoriale; sana competizione che garantisce il diritto di libera scelta del luogo di cura e che premia quelle strutture che assicurano un’offerta di prestazioni ampia e di qualità; più controlli sull’appropriatezza e sugli sprechi. Ora, siccome il lavoro di imprese e operatori e la stessa salute dei cittadini non possono essere condannati in perpetuo ad una riedizione punitiva del “gioco dell’oca” noi siamo decisi a far saltare questo assurdo e dannoso passatempo, affinchè le istituzioni pubbliche e la politica riconquistino il loro primato e affrontino senza piegarsi lo strapotere della mala burocrazia.