Donne in magistratura da 55 ann, intervento di Rubino (Associazione Donne Giuriste Italia sezione di Potenza).
Sono trascorsi cinquantacinque anni da quando per la prima volta furono ammesse le donne in magistratura. Fino a quel momento, la legge le ammetteva all’esercizio delle professioni e agli impieghi pubblici, ma le escludeva espressamente dall’esercizio della giurisdizione.
Una data importante per le donne, che l’Associazione Donne Giuriste Italia – sezione di Potenza (ADGI), presieduta dall’avv. Luisa Rubino, intende commemorare per rendere merito ad una lunga battaglia che parte dai lavori stessi dell’Assemblea costituente.
La forte disparità a danno della componente femminile è figlia della storia e richiama all’impegno l’ADGI (aderente alla Federation Internazional de femmes de carrieras giridique- FIFCJ e composta da avvocate, magistrate, notaie e professoresse universitarie in ambito giuridico), i cui scopi fondanti sono promuovere la partecipazione paritaria delle donna alla vita sociale, politica e lavorativa.
Nell’immaginario comune, le magistrate appaiono privilegiate, sono rispettate, quasi temute ed il mondo del diritto riporta immediatamente al concetto di legalità e di giustizia.
Non è esattamente così. Le donne lo sanno bene, da sempre discriminate da uomini insigni e padri Costituenti, proprio in quanto donne. Il ruolo di magistrata porta con sé un pesante fardello di lotte, di impegno, di difficoltà, di dura affermazione di una cultura di genere, reclamata proprio attraverso lo strumento delle leggi.
Anche il sistema giuridico si è macchiato di essere sessista e, di fatto, si è rivelato essere lontano da un concreto concetto di equità. La Costituzione repubblicana è stata oggetto di un dibattito riguardante la parità di genere e ha reso necessari interventi giurisprudenziali e dottrinali, tra cui la stessa Corte Costituzionale, allo scopo di evitare interpretazioni di alcune sue norme, in particolare dell’art.51 sull’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive, di tipo discriminatorio rispetto alle donne.
Era solo il maggio del 1963 quando venne, finalmente, indetto il primo difficile concorso aperto anche alle candidate.
Due anni dopo, le prime otto entrarono in un mondo pensato al maschile: Letizia De Martino, Ada Lepore, Maria Gabriella Luccioli, Graziana Calcagno Pini, Raffaella D’Antonio, Annunziata Izzo, Giulia De Marco, Emilia Capelli. Le temerarie donne indossarono la toga con orgoglio, certe di esercitare la professione con competenza e serietà, ma anche consapevoli, in un clima di malcelata ostilità, di dover lavorare il doppio degli uomini per essere considerate brave la metà.
Cinquantacinque anni dopo, le donne non solo hanno superato nei numeri gli uomini, ma hanno il merito di aver rinvigorito il diritto, attraverso una nuova modalità di gestire i rapporti umani ed una diversa sensibilità.
La strada da percorrere, tuttavia, è ancora lunga per poter superare il deficit di parità di democrazia, purtroppo ancora presente nella vita sociale e politica italiana.