Nel Salone degli Stemmi del palazzo Arcivescovile di Matera Monsignor Pino Caiazzo ha incontrato in mattinata i giornalisti e i rappresentanti dei media per annunciare il Messaggio di Papa Francesco per la 52^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “La verità vi farà liberi. Fake news e giornalismo di pace”. A seguire si è svolta un’altra conferenza stampa per presentare l’associazione Parco culturale ecclesiale Associazione di promozione sociale “Terre di luce”, che ha coinvolto il presidente, il vice presidente e il segretario dell’associazione, Lindo Monaco e Vito Epifania, il tesoriere Mimmo Infante e il componente del direttivo in rappresentanza della Diocesi, don Filippo Lombardi.
Le Fake news e il giornalismo di pace è l’argomento centrale trattato da Papa Francesco nel Messaggio per la 52^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che ricorre domenica 13 maggio. Questi argomenti, come è noto, sono di grande attualità e degni di essere approfonditi per cui, nello spirito del dialogo sereno e fecondo da sempre esistente tra Chiesa di Matera-Irsina e la stampa locale, l’arcivescovo mons. Antonio Giuseppe Caiazzo ha deciso di incontrare i giornalisti per confrontarsi con professionisti che ogni giorno affrontano queste problematiche. Caiazzo ha ricordato che “in 60 secondi in tutto il mondo vengono inviati 3 milioni di contenuti su facebook, 400 mila su Twitter, 150 milioni di mail, 4 milioni e 400 mila messaggi su whatsup, 2 milioni e 700 mila video su Youtube”.
Un vortice di informazioni che corre attraverso il web. I problemi che scaturiscono da una informazione non controllata e verificata che viene diffusa in tempo reale grazie ai social network sono stati uno degli argomenti più discussi durante il dibattito con Monsignor Caiazzo, pronto a ricordare che “i giornalisti devono essere missionari della verità. Sopratutto chi pubblica notizie sul web e questo ovviamente vale anche per le testate giornalistiche on line, non deve farsi prendere dalla frenesia di pubblicarla prima possibile ma deve cercare sempre di verificare le fonti e assicurarsi che si tratti di una fake news. Il giornalista però ha anche un altro compito. Deve essere un missionario dell’informazione. Non basta denunciare ma costruire attraverso il proprio lavoro qualcosa di bello per gli altri. Molti fanno giornalismo per attirare l’attenzione su se stessi. Anche sulla vicenda degli alberi di via Lanera ho appreso da SassiLive di due lettere inviate alla mia attenzione. Ma devo dire che su questo argomento sono intervenuto già tre volte: prima in un incontro con le istituzioni, poi convocando una delegazione di quelli che oggi sono al presidio e poi ho risposto via mai alle lettere che ho ricevuto. Ai giornalisti che fanno informazione, che siano tv, carta stampata oppure on line, dico che non devono farsi condizionare da quello che fanno i social. La cattiva informazione dei social non può ostacolare il vostro lavoro. Molto spesso le fake news viaggiano infatti online e Papa Francesco nel messaggio sulle fake news dice: “Come dunque difenderci? Il più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla verità. Nella visione cristiana la verità non è solo una realtà concettuale, che riguarda il giudizio sulle cose, definendole vere o false… Per discernere la verità occorre vagliare ciò che asseconda la comunione e promuove il bene e ciò che, al contrario, tende a isolare, dividere e contrapporre”.
Dopo la conversazione sul tema scelto da Papa Francesco per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali Monsignor Caiazzo ha presentato “Il Parco Culturale ecclesiale Associazione di promozione sociale “Terre di Luce”, strumento che l’Arcidiocesi di Matera-Irsina ha attivato per favorire, promuovere, sviluppare e diffondere la cultura in generale e nello specifico la cultura del sacro anche “organizzando”, in favore della trasmissione della fede, la fruibilità e la valorizzazione e la conoscenza dei beni culturali della stessa Chiesa di Matera-Irsina. “L’idea – ha spiegato Don Filippo Lombardi” è stata quella di inserirci nel dossier di Matera 2019 per quanto riguarda il capitolo “Tra radici e futuro” traducendo il documento in uno strumento operativo denominato “I cammini”. Vogliamo realizzare non solo eventi per Matera 2019 ma pensare attraverso la logica del bene comune per creare qualcosa di permanente che possa proseguire anche dopo il 2019. E’ nata così un’associazione che raggruppa i membri di un percorso che è stato fatto per la promozione dei beni culturali non solo della diocesi di Matera-Irsina ma di tutte le diocesi lucane. “La storica occasione legata all’evento di Matera capitale della cultura europea per il 2019 – ha dichiarato il presidente Lindo Monaco – può costituire motivo per aprire nuovi spazi di azione e nuove declinazioni del cosiddetto turismo religioso che potrebbe anche essere definito turismo di valori. Il primo progetto, approvato dalla Fondazione Matera 2019 si chiama “I cammini” e proverà ad intercettare quel turismo lento, dolce che arriverà nella città dei Sassi il prossimo anno”.
Michele Capolupo
Riportiamo di seguito il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle Comuncazioni Sociali e il testo integrale della scheda relativa a “Terre di luce”
« La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace»
Cari fratelli e sorelle,
nel progetto di Dio, la comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione. L’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello. E’ capace di raccontare la propria esperienza e il mondo, e di costruire così la memoria e la comprensione degli eventi. Ma l’uomo, se segue il proprio orgoglioso egoismo, può fare un uso distorto anche della facoltà di comunicare, come mostrano fin dall’inizio gli episodi biblici di Caino e Abele e della Torre di Babele (cfr Gen 4,1-16; 11,1-9). L’alterazione della verità è il sintomo tipico di tale distorsione, sia sul piano individuale che su quello collettivo. Al contrario, nella fedeltà alla logica di Dio la comunicazione diventa luogo per esprimere la propria responsabilità nella ricerca della verità e nella costruzione del bene. Oggi, in un contesto di comunicazione sempre più veloce e all’interno di un sistema digitale, assistiamo al fenomeno delle “notizie false”, le cosiddette fake news: esso ci invita a riflettere e mi ha suggerito di dedicare questo messaggio al tema della verità, come già hanno fatto più volte i miei predecessori a partire da Paolo VI (cfr Messaggio 1972: Le comunicazioni sociali al servizio della verità). Vorrei così offrire un contributo al comune impegno per prevenire la diffusione delle notizie false e per riscoprire il valore della professione giornalistica e la responsabilità personale di ciascuno nella comunicazione della verità.
1. Che cosa c’è di falso nelle “notizie false”?
Fake news è un termine discusso e oggetto di dibattito. Generalmente riguarda la disinformazione diffusa online o nei media tradizionali. Con questa espressione ci si riferisce dunque a informazioni infondate, basate su dati inesistenti o distorti e mirate a ingannare e persino a manipolare il lettore. La loro diffusione può rispondere a obiettivi voluti, influenzare le scelte politiche e favorire ricavi economici.
L’efficacia delle fake news è dovuta in primo luogo alla loro natura mimetica, cioè alla capacità di apparire plausibili. In secondo luogo, queste notizie, false ma verosimili, sono capziose, nel senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione. La loro diffusione può contare su un uso manipolatorio dei social network e delle logiche che ne garantiscono il funzionamento: in questo modo i contenuti, pur privi di fondamento, guadagnano una tale visibilità che persino le smentite autorevoli difficilmente riescono ad arginarne i danni.
La difficoltà a svelare e a sradicare le fake news è dovuta anche al fatto che le persone interagiscono spesso all’interno di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti. L’esito di questa logica della disinformazione è che, anziché avere un sano confronto con altre fonti di informazione, la qual cosa potrebbe mettere positivamente in discussione i pregiudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischia di diventare involontari attori nel diffondere opinioni faziose e infondate. Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi, la falsità.
2. Come possiamo riconoscerle?
Nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare queste falsità. Non è impresa facile, perché la disinformazione si basa spesso su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli, e si avvale talvolta di meccanismi raffinati. Sono perciò lodevoli le iniziative educative che permettono di apprendere come leggere e valutare il contesto comunicativo, insegnando a non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento. Sono altrettanto lodevoli le iniziative istituzionali e giuridiche impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno, come anche quelle, intraprese dalle tech e media company, atte a definire nuovi criteri per la verifica delle identità personali che si nascondono dietro ai milioni di profili digitali.
Ma la prevenzione e l’identificazione dei meccanismi della disinformazione richiedono anche un profondo e attento discernimento. Da smascherare c’è infatti quella che si potrebbe definire come “logica del serpente”, capace ovunque di camuffarsi e di mordere. Si tratta della strategia utilizzata dal «serpente astuto», di cui parla il Libro della Genesi, il quale, ai primordi dell’umanità, si rese artefice della prima “fake news” (cfr Gen 3,1-15), che portò alle tragiche conseguenze del peccato, concretizzatesi poi nel primo fratricidio (cfr Gen 4) e in altre innumerevoli forme di male contro Dio, il prossimo, la società e il creato. La strategia di questo abile «padre della menzogna» (Gv 8,44) è proprio la mimesi, una strisciante e pericolosa seduzione che si fa strada nel cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti. Nel racconto del peccato originale il tentatore, infatti, si avvicina alla donna facendo finta di esserle amico, di interessarsi al suo bene, e inizia il discorso con un’affermazione vera ma solo in parte: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”» (Gen 3,1). Ciò che Dio aveva detto ad Adamo non era in realtà di non mangiare di alcun albero, ma solo di un albero: «Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare» (Gen 2,17). La donna, rispondendo, lo spiega al serpente, ma si fa attrarre dalla sua provocazione: «Del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”» (Gen 3,2). Questa risposta sa di legalistico e di pessimistico: avendo dato credibilità al falsario, lasciandosi attirare dalla sua impostazione dei fatti, la donna si fa sviare. Così, dapprima presta attenzione alla sua rassicurazione: «Non morirete affatto» (v. 4). Poi la decostruzione del tentatore assume una parvenza credibile : «Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (v. 5). Infine, si giunge a screditare la raccomandazione paterna di Dio, che era volta al bene, per seguire l’allettamento seducente del nemico: «La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile» (v. 6). Questo episodio biblico rivela dunque un fatto essenziale per il nostro discorso: nessuna disinformazione è innocua; anzi, fidarsi di ciò che è falso, produce conseguenze nefaste. Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi.
In gioco, infatti, c’è la nostra bramosia. Le fake news diventano spesso virali, ovvero si diffondono in modo veloce e difficilmente arginabile, non a causa della logica di condivisione che caratterizza i social media, quanto piuttosto per la loro presa sulla bramosia insaziabile che facilmente si accende nell’essere umano. Le stesse motivazioni economiche e opportunistiche della disinformazione hanno la loro radice nella sete di potere, avere e godere, che in ultima analisi ci rende vittime di un imbroglio molto più tragico di ogni sua singola manifestazione: quello del male, che si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore. Ecco perché educare alla verità significa educare a discernere, a valutare e ponderare i desideri e le inclinazioni che si muovono dentro di noi, per non trovarci privi di bene “abboccando” ad ogni tentazione.
3. «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32)
La continua contaminazione con un linguaggio ingannevole finisce infatti per offuscare l’interiorità della persona. Dostoevskij scrisse qualcosa di notevole in tal senso: «Chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di sé stesso, né degli altri. Poi, siccome non ha più stima di nessuno, cessa anche di amare, e allora, in mancanza di amore, per sentirsi occupato e per distrarsi si abbandona alle passioni e ai piaceri volgari, e per colpa dei suoi vizi diventa come una bestia; e tutto questo deriva dal continuo mentire, agli altri e a sé stesso» (I fratelli Karamazov, II, 2).
Come dunque difenderci? Il più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla verità. Nella visione cristiana la verità non è solo una realtà concettuale, che riguarda il giudizio sulle cose, definendole vere o false. La verità non è soltanto il portare alla luce cose oscure, “svelare la realtà”, come l’antico termine greco che la designa, aletheia (da a-lethès, “non nascosto”), porta a pensare. La verità ha a che fare con la vita intera. Nella Bibbia, porta con sé i significati di sostegno, solidità, fiducia, come dà a intendere la radice ‘aman, dalla quale proviene anche l’Amen liturgico. La verità è ciò su cui ci si può appoggiare per non cadere. In questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente. Ecco l’affermazione di Gesù: «Io sono la verità» (Gv 14,6). L’uomo, allora, scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in sé stesso come fedeltà e affidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uomo: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32).
Liberazione dalla falsità e ricerca della relazione: ecco i due ingredienti che non possono mancare perché le nostre parole e i nostri gesti siano veri, autentici, affidabili. Per discernere la verità occorre vagliare ciò che asseconda la comunione e promuove il bene e ciò che, al contrario, tende a isolare, dividere e contrapporre. La verità, dunque, non si guadagna veramente quando è imposta come qualcosa di estrinseco e impersonale; sgorga invece da relazioni libere tra le persone, nell’ascolto reciproco. Inoltre, non si smette mai di ricercare la verità, perché qualcosa di falso può sempre insinuarsi, anche nel dire cose vere. Un’argomentazione impeccabile può infatti poggiare su fatti innegabili, ma se è utilizzata per ferire l’altro e per screditarlo agli occhi degli altri, per quanto giusta appaia, non è abitata dalla verità. Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua.
4. La pace è la vera notizia
Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone: persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità; persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del linguaggio. Se la via d’uscita dal dilagare della disinformazione è la responsabilità, particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. Egli, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace.
Desidero perciò rivolgere un invito a promuovere un giornalismo di pace, non intendendo con questa espressione un giornalismo “buonista”, che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati. Intendo, al contrario, un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale.
Per questo, ispirandoci a una preghiera francescana, potremmo così rivolgerci alla Verità in persona:
Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.
Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione.
Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi.
Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle.
Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo:
dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto;
dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia;
dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza;
dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;
dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà;
dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri;
dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia;
dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto;
dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità.
Amen.
Francesco
Progetto Terre di Luce
Premessa
La Storica occasione di Matera Capitale europea della cultura non può non metterci, come Chiesa, nell’ottica di osservare che il crescente “Turismo culturale” e di qualità che la nostra città si appresta ad offrire ai tanti “Cittadini temporanei” (turisti) che ospiteremo, apra anche nuovi spazi di azione e nuove declinazioni del cosiddetto “turismo religioso”, che noi potremmo anche chiamare “turismo dei valori”, un fenomeno sempre più studiato e analizzato, dai caratteri assai variegati e differenziati.
“Sembra infatti che l’uomo senza Chiesa sia irresistibilmente attratto dalle chiese”.
All’homo viator (Turista o Pellegrino) la Chiesa è chiamata a offrire attraverso l’arte, le immagini, gli arredi, gli ambienti, le produzioni musicali, letterarie, le tradizioni, spazi di senso e di significato, occasioni di preghiera e di lode, percorsi di ricerca, di memoria viva, di trasmissione di valori.
Papa Francesco, del resto, nell’EvangeliiGaudium (n° 167) conferma e indica alla chiesa la strada della bellezza per l’annuncio di Cristo Risorto:
“È bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della bellezza” (via pulchritudinis)
Dunque si rende necessario che la formazione nella “via pulchritudinis” sia inserita nella trasmissione della fede. È auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, tanto più la nostra Chiesa Particolare di Matera-Irsina, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo “linguaggio parabolico”.
I Parchi culturali ecclesiali
Con queste premesse, sintesi essenziale del confronto nei territori, del lavoro pastorale in atto nel mondo del turismo, e da una idea suggerita ed elaborata da Giovanni Gazzaneo (attuale coordinatore del mensile di Avvenire “Luoghi dell’Infinito”) nasce la proposta di “organizzare” con un prevalente compito di annuncio e trasmissione della fede, la fruibilità e la valorizzazione dei beni culturali della Chiesa nella forma del “parco”. Una proposta promossa dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale del Turismo, dello sport e del tempo libero.
Per “Parco” s’intende
un’area legata non solo al territorio geografico, ma anche alla cultura, alle tradizioni, agli stili di vita, alle esperienze religiose come risposta alla necessità di tutela, di valorizzazione nella sua specifica peculiarità storica, culturale, ambientale, economica, spirituale.
E per Parco Culturale Ecclesiale di conseguenza s’intende un sistema territoriale che promuove, recupera e valorizza, attraverso una strategia coordinata e integrata il patrimonio liturgico, storico, artistico, architettonico, museale, ricettivo, ludico di una o più Chiese particolari.
Una realtà che sappia raccontare che il valore della cultura dipende dalla nostra crescita interiore e spirituale e che ad ogni bene culturale corrisponde una comunità.
L’Associazione Parco culturale ecclesiale “Terre di Luce”
A valle del lavoro effettuato con la redazione del documento “Tra radici e futuro” e cogliendo l’occasione del programma di eventi e attività “I Cammini” ci sembra perciò una scelta “logica” e soprattutto di grande prospettiva quella di sposare la strategia dei Parchi come quella in grado di dare solidità ed efficacia all’impegno intrapreso e soprattutto un senso per tutto ciò che sarà “dopo” il 2019. Nel dover definire gli strumenti operativi per la gestione del programma “i Cammini”, abbiamo perciò immaginato di costituire una Associazione denominata “Parco culturale ecclesiale Terre di luce” che costituisca, valorizzando l’esperienza in primis del gruppo di lavoro che ha redatto i documenti, la prima infrastruttura del Parco stesso. Questa stessa associazione, costituita nella forma di associazione di promozione sociale (cfr. bozza di Statuto allegata), potrebbe essere la premessa funzionale alla
costituzione di una Fondazione di comunità per una ancor migliore organizzazione e una maggiore solidità nel tempo.
Il modello organizzativo
Al di là del dato statutario, immaginiamo una struttura snella ma in grado di assicurare una operatività che è fondamentale per la realizzazione del programma “I Cammini” nell’immediato e per l’implementazione del Parco successivamente; se una buona parte delle funzioni associative ed operative dovrà necessariamente stare in capo al comitato direttivo dell’associazione stessa, sarebbe utile prevedere – facendo leva sulle competenze presenti fra i soci – un comitato di indirizzo organizzato per tematismi e che operi anche in funzione di raccordo e integrazione con gli uffici diocesani. Esso potrebbe strutturarsi secondo queste direttrici:
– gestione e valorizzazione del patrimonio architettonico e artistico
– animazione e programmazione culturale, animazione di comunità
– comunicazione, divulgazione dei contenuti e promozione turistica
– promozione e supporto di buone pratiche per lo sviluppo di iniziative imprenditoriali collegate alle attività del parco
La metodologia di lavoro, per poter assicurare autonomia organizzativa ed efficacia, potrebbe quindi essere basata sull’utilizzo di “papers”, schede di lavoro che ciascun gruppo di lavoro predispone in dialogo con gli Uffici diocesani e anche con l’aiuto di contributori esterni e mette a disposizione; il comitato direttivo calendarizza quindi opportunamente eventuali approfondimenti ai fini del processo decisionale e della definizione degli aspetti organizzativi. […]
Le attività del Parco
Come è facile rilevare dalle “direttrici” sopra esposte, il lavoro che si annuncia è articolato e punta concretamente a dare alla Diocesi uno strumento operativo in grado di incidere sul territorio. Ma quali potrebbero essere più concretamente le attività del Parco? A titolo puramente esemplificativo:
● Collaborazione conil Museo Diocesano
● Collaborazione con la Biblioteca Diocesana
● Promozione di un turismo religioso “attrattivo o attraente” intorno ai Santuari Diocesani
● Mostre temporanee
● Iniziative culturali
(Musica, Teatro, Cinema, Letteratura)
● Convegni
● Rassegne e festival
(di catechesi)
● Promozione Chiese Rupestri
● Promozione Chiese Rurali, Contadine, Edicole Votive
● Promozione delle bellezze delle Chiese del Piano
● Promozione di Itinerari, Pellegrinaggi e Cammini (vie sacre, vie della cultura). Turismo Lento o Dolce
● Promozione di Culto: Feste Patronali, Pietà Popolare
● Promozione Eventi Culturali legati all’anno liturgico (Avvento/Natale-Quaresima/Pasqua)…Presepe Vivente, Riti della Passione etc.
● Promozione di centri educativi che facciano della promozione culturale un luogo di integrazione ed inclusione sociale (migranti, disagio sociale)
● Promozione dei Beni Materiali ed Immateriali della Chiesa
● Promozione di Iniziative parascolastiche
● Avviamento di un processo di costituzione per una Fondazione di Comunità o di Partecipazione (Progetto Fondazione con il Sud)
● Costituzione di un Gect (Gruppo europeo di cooperazione territoriale: Rete con Santiago de Compostela e Lourdes)
● Promozione di una PASTORALE INTEGRATA che sviluppi una “economia della bellezza”
La fotogallery dell’incontro con i giornalisti (foto www.SassiLive.it)
“Il Parco Culturale ecclesiale Associazione di promozione sociale “Terre di Luce”, strumento che l’Arcidiocesi di Matera-Irsina ha attivato per favorire, promuovere, sviluppare e diffondere la cultura in generale e nello specifico la cultura del sacro anche “organizzando”, in favore della trasmissione della fede, la fruibilità e la valorizzazione e la conoscenza dei beni culturali della stessa Chiesa di Matera-Irsina………..giusto per chiarezza quanto costa? non è indicato. La trasparenza dovrebbe essere un valore prioritario!