Una manifestazione “congiunta”, con le associazioni ambientaliste della Basilicata, della Puglia, della Calabria e della Campania, per chiedere “trasparenza” e “attenzione” sulle attività estrattive del progetto Tempa Rossa, e del Centro Olio della Total di Corleto Perticara che nei prossimi mesi dovrebbe avviare la produzione di petrolio: l’iniziativa, in programma il prossimo 20 maggio, è stata presentata nel pomeriggio a Potenza, nel corso di una conferenza stampa.
Manifestazione ambientalisti, Rosella (Italia dei Valori): attenzione e ascolto da IDV
La scelta di tenere domenica prossima a Corleto una manifestazione congiunta tra le associazioni ambientaliste della Basilicata, della Puglia, della Calabria e della Campania merita grande attenzione e innanzitutto un atteggiamento di ascolto delle rivendicazioni dell’associazionismo militante impegnato da sempre perché la politica tutta adegui il proprio comportamento ed atteggiamento in tema di rapporto petrolio-territorio-salute. A sostenerlo è il segretario regionale di IdV Angelo Rosella per il quale è pregiudiziale, innanzitutto, colmare il gap di confronto con associazioni e movimenti popolari e civici che sinora è stato occasionale ed inefficace anche sul piano istituzionale con la composizione del Tavolo della Trasparenza. Oggi più che di Tavoli c’è bisogno – aggiunge – di garantire nei fatti la trasparenza sulle attività estrattive del progetto Tempa Rossa, e del Centro Olio della Total di Corleto Perticara sollecitata con la manifestazione di domenica.
La tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini della Val d’Agri e del Sauro come delle rilevanti risorse dei due comprensori da ogni tipo di rischio rappresentato dalle attività petrolifere è un obiettivo prioritario che non si può raggiungere solo con impegni formali o a colpi di diffide nei confronti dell’Eni dettate forse più dalla necessità di fare cassa. Le associazioni ambientaliste e i cittadini sollecitano e da tempo l’individuazione di un “soggetto di garanzia” che svolga un monitoraggio scientifico su tutti gli indicatori riferiti all’impatto petrolio perché non si ripeta quanto sta accadendo da settimane intorno ai trialometani nell’acqua dei comuni del Metapontino con divergenze, non certo di poco conto, tra enti responsabili di assicurare la salubrità dell’acqua che hanno l’effetto di sfiduciare i cittadini.
Rispetto ad una situazione sempre più convulsa con l’accavallarsi di servizi televisivi nazionali, inchieste giornalistiche, notizie spesso incontrollate che girano attraverso i social, a parere di IdV – continua la nota – diventa urgente tranquillizzare le comunità della Val d’Agri, del Sauro e in generale dell’intera regione. Si tratta di ridare piena credibilità agli strumenti di controllo sui fattori di potenziale contaminazione riferiti al Cova di Viggiano, a quello che entrerà in funzione a Corleto, allo smaltimento dei reflui della lavorazione, di trasporto del greggio, alle attività di ricerca ed estrazione, in modo da assicurare un “punto di riferimento” certo, trasparente e scientificamente autorevole che, purtroppo sinora è mancato anche a causa delle note vicende che hanno interessato l’Arpab.
Se l’acciaio tarantino come il petrolio lucano continuano a rimanere strategici per gli interessi economici del Paese – dice Rosella – deve essere il Governo nazionale che ci auguriamo si costituisca a breve a fare una operazione verità anche sulle cifre che realmente occorrono per il risanamento e la riconversione degli impianti tarantini e per i danni provocati alle aziende agricole e alle pmi della Val d’Agri. E’ intollerabile che Taranto e la Val d’Agri siano in cima alle preoccupazioni della politica quando si tratta di calcolare quanto strategica siano l’area industriale pugliese e il distretto petrolifero Eni rispetto al Pil nazionale, ma i suoi abitanti scompaiano quando invece si tratta di affrontare e sanare situazioni di disastro ambientale e sanitario. Ciò perché esistono materie strategiche, come salute, ambiente, acqua, petrolio che vanno affrontate anche al di fuori di ogni possibile mediazione, che la politica usa come normale e legittimo “strumento”.
Manifestazione ambientalisti, Lomuti (M5s): Tempa Rossa rischia di essere il nuovo sito lucano da bonificare
È mia intenzione partire da Tempa Rossa per ricostruire le fallacità della legislazione ambientale italiana.
Rifiuti pericolosi come le acque di strato non possono essere immesse nel torrente Sauro, né si può continuare ad accettare con indifferenza il problema della radioattività naturale che può essere presente nei rifiuti petroliferi ben oltre il fondo naturale.
Un centro oli come quello di Tempa Rossa, costruito in montagna, in aree ricche di acqua, in un territorio altamente sismico e ad elevato rischio idrogeologico impone un livello di trasparenza per il quale Total, Regione e Ministeri risultano non pervenuti.
Persone ed alimenti, sia vegetali che animali, devono entrare in un circuito di controlli ordinari e pubblici; occorre fare piena luce su una pratica che deve essere bandita, ossia il “logging” (studio) dei pozzi mediante l’utilizzo di sorgenti radioattive.
Occorre, in più, pubblicare la mappa delle analisi svolte per la baseline di Tempa Rossa, ove sappiamo comunque da fonti ufficiali, della diffusa contaminazione da sostanze tossiche e cancerogene nei pozzi privati ricadenti su Corleto Perticara, mentre i dati epidemiologici e sanitari stentano ancora ad arrivare.
Urge ripetere il tavolo pubblico con Total e porre fine alla strana circostanza per la quale il MATTM (Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e de Mare), dinanzi alle sue responsabilità –vista la tematica petrolifera- è ormai ad esclusivo appannaggio del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico); dicastero, quest’ultimo, che si spinge anche nel settore dei controlli ambientali, spesso in costante pericolo di conflitto di interesse.
Insopportabile, poi, la gestione quasi privatistica delle informazioni sui pozzi custodite presso l’UNMIG (Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse del MISE): l’autorità pubblica deve difatti chiedere alle compagnie petrolifere l’autorizzazione all’accesso agli atti, riconoscendo, quindi, come superiore, rispetto al diritto all’informazione, la proprietà industriale sui profili ingegneristici dei pozzi, o il resoconto degli incidenti, fughe di gas, cedimenti di pozzi, esiti delle ispezioni di polizia mineraria etc., lasciando di fatti la materia petrolifera a totale appannaggio delle compagnie, in barba a tutte le leggi sulla trasparenza e la terzietà dei controlli.
L’Italia e la Basilicata non possono continuare ad essere paradiso di trivellatori. In Basilicata si è perforato nei pressi di dighe, ospedali, centri abitati, aree agricole pregiate, alvei di fiumi e, soprattutto, all’interno dei bacini idrici di superficie e di profondità.
La Basilicata ha già fatto da cavia per il collaudo sperimentale di tecnologie e sostanze ancora in fase di sviluppo, come le perforazioni orizzontali, così come dimostrato dalla rivista di settore “One Petro”, dove si afferma che già nel 1999, in Val d’Agri, era noto che si sperimentavano perforazioni orizzontali non autorizzate, ricorrendo all’uso di acido cloridrico, fluoridrico e addensanti chimici vari. Una sperimentazione ampiamente visibile da anni in Basilicata, ma invisibile alle istituzioni ed ai controllori in balia dei controllati.