Sostenere la necessità di una fiscalità graduale a seconda delle caratteristiche dimensionali delle imprese, adoperarsi per scongiurare l’aumento dell’Iva e delle accise che rischia di bloccare la competitività, risolvere l’annosa questione dei ritardi dei pagamenti tra privati e Pa e semplificazione degli adempimenti burocratici. Sono queste le richieste principali per il prossimo Governo esposte mercoledì 16 maggio da Confapi, la Confederazione delle Piccole e Medie Imprese Italiane che raccoglie oltre 83.000 imprese con più di 800mila addetti, nel corso dell’audizione sulla manovra presso le Commissioni speciali riunite per l’esame del Documento di economia e finanza 2018.
Confapi ha ricordato che “in Italia il cuneo fiscale è 10 punti oltre la media europea e il tax burden totale di quasi 25 punti superiore. È evidente che questo divario, oltre a ingessare la nostra economia, ci penalizza in termini di competitività. In Italia soffriamo di un’imposizione fiscale pari al 65%, mentre in Germania è al 48,8% e in Gran Bretagna al 33,7%”.
Confapi si è detta “favorevole ad azioni anche drastiche che interrompano la proliferazione dei contratti, quelli sottoscritti tra organizzazioni, sia datoriali sia sindacali, che ben poco o nulla rappresentano. La semplificazione del numero dei Ccnl non deve però portare all’omologazione della rappresentanza. Le esigenze della grande industria non sono quelle della piccola e media, che ha una sua specificità che deve essere mantenuta e che rappresenta un virtuoso e produttivo patrimonio nazionale da tutelare”.
Capitolo a parte va fatto per il Sud dove il credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno è soggetto a tassazione. “Poiché la Legge di bilancio 2018 prevede la non tassabilità degli incentivi da ultimo introdotti, sarebbe opportuno intervenire per rendere altrettanto non tassabile tale incentivo. Ciò avrebbe l’effetto di conferirgli una maggiore fruibilità considerato anche il delicato e peculiare contesto in cui le imprese del Sud Italia operano”.
“Ci auguriamo che le proposte formulate possano contribuire a una discussione che, anche a livello politico e normativo, tenga conto che le piccole e medie industrie, che rappresentano il 95% delle imprese attive in Italia, sono l’asse portante dell’economia e del sistema produttivo e industriale di questo nostro Paese. È indispensabile per le aziende, per gli imprenditori, per i lavoratori e per gli investitori contare su poche regole certe e chiare che non vengano stravolte di volta in volta su misure che ne favoriscano sviluppo, crescita e internazionalizzazione”.