Nella Cattedrale di Matera, durante la Solenne Veglia di Pentecoste, Monsignor Pino Caiazzo ha letto e divulgato in serata il Decreto di indizione del Primo Sinodo diocesano.
Alla cerimonia hanno partecipato tutti i presbiteri diocesani, i religiosi e le religiose, i 119 membri del percorso sinodale, le associazioni e i movimenti ecclesiali, i fedeli tutti e le autorità civili e militari.
Durante la Veglia sono state riprese le tappe del percorso sinodale con lettura di testi del Concilio Vaticano II
Monsignor Caiazzo ha ripercorso il cammino sinodale già realizzato e quello ancora da realizzare contenuto nel Decreto di indizione del Primo Sinodo diocesano.
“L’Arcidiocesi di Matera–Irsina – ha ricordato Monsignor Caiazzo – dopo un anno di Percorso Sinodale, vivrà nel 2019 il Primo Sinodo Diocesano da quando nel 1986 è stata costituita nell’attuale configurazione di Matera–Irsina. Il sinodo diocesano è l’assemblea di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana”.
Al termine della lettura del decreto Monsignor Caiazzo ha annunciato che il prossimo 6 settembre a Matera saranno ordinati sacerdoti quattro diaconi materani: don Leonardo Rocco Sisto, don Valerio Latela, don Giuseppe Calabrese e don Giuseppe Didio.
Riportiamo di seguito il testo del Decreto per il Primo Sinodo Diocesano della Chiesa di Matera-Irsina per il triennio 2017-2020.
“Il sinodo diocesano è l’assemblea di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana” (CJC 460ss).
La celebrazione del Sinodo nella vita della Chiesa costituisce un avvenimento straordinario di Grazia. E’ un dono del Signore per comprendere con discernimento comunitario la missione che Dio affida a noi suoi figli, chiamati ad annunziare la Resurrezione di Cristo in questo tempo bello e complesso.
Come ci ricorda la stessa parola “sinodo” – “syn-odos” (cammino insieme) – è il “camminare insieme” dietro Gesù, per costruire una Chiesa viva, capace di manifestare l’amore di Dio con la testimonianza dell’unità e della carità e di annunciare il Vangelo in modo credibile e convincente.
È l’occasione propizia per capire meglio come annunciare il Vangelo in un mondo che cambia, meditando la vicenda dei due discepoli di Emmaus: “Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro” (Lc 24,15). È il presupposto comunitario perchè i rappresentanti di tutto il popolo di Dio facciano un cammino ecclesiale ordinato e puntuale.
In questa veglia di Pentecoste, radunati in preghiera nella Basilica Cattedrale, anche noi, come gli Apostoli nel Cenacolo con Maria, invochiamo la potenza dello Spirito Santo affinché ci illumini, orientandoci perché il rinnovamento della nostra Chiesa diocesana sia più conforme a Cristo, suo Maestro e Signore.
La nostra Chiesa di Matera – Irsina, oggi riunita in assemblea, ricca di una lunga storia di fede e di santità (S. Eustachio, S. Eufemia, S. Giovanni da Matera, Sant’Ilario abate…), è posta di fronte a sfide urgenti ed esigenti, per le quali non mancheremo di chiedere la grazia e certamente essa non ci verrà negata. Sentiamo nostro quanto l’apostolo Paolo scriveva nella lettera ai Filippesi: “Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo” (Fil 1,9).
Dopo che la Sede Apostolica ha creato la nuova Diocesi di Matera-Irsina (Congregazione per i Vescovi del 30 settembre 1986), di cui siamo membra vive, non si è ancora celebrata alcuna assise sinodale, pur già auspicata dai miei predecessori confratelli vescovi, in particolare da S. E. Mons. Salvatore Ligorio, al termine della visita pastorale.
Papa Francesco in più occasioni ci sta richiamando alla necessità di un “percorso sinodale”: cosa che stiamo già facendo da circa un anno. Lo scenario planetario è completamente cambiato: le sfide sono tante. Ci troviamo a dover operare in un territorio, qual è il nostro, improvvisamente posto al centro dell’attenzione mondiale. Pertanto, c’è bisogno del discernimento di tutti per concretizzare la ricerca pastorale del bene comune, per dare nuova linfa vitale alle nostre comunità parrocchiali affinché la Chiesa in uscita sia capace di guardare il centro dalle periferie.
In continuità con l’opera pastorale del mio predecessore, fin dall’avvio del mio servizio episcopale in questa comunità ecclesiale, ho condiviso la necessità che si concorra a ravvivare l’unità della nostra Chiesa per una rinnovata coscienza della sua nuova identità.
La necessità di rendere organica l’azione delle varie Comunità ha portato alla redazione e attuazione di Piani Pastorali annuali perché il cammino di questa Chiesa sia sempre ricco di umanità e accoglienza.
Nell’ultima esortazione apostolica, Gaudete et Exsultate, Papa Francesco ci ricorda: “Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo”(19).
La società di oggi richiede risposte sempre più adeguate: è dovere dei cristiani, sotto la guida dello Spirito, ricercare in ogni epoca gli strumenti più consoni alla missione che la Chiesa ha ricevuto dal Signore Gesù Cristo.
“Tale missione trova pienezza di senso in Cristo e si può comprendere solo a partire da Lui. In fondo, la santità è vivere in unione con Lui i misteri della sua vita. Consiste nell’unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico e personale, nel morire e risorgere continuamente con Lui. Ma può anche implicare di riprodurre nella propria esistenza diversi aspetti della vita terrena di Gesù: la vita nascosta, la vita comunitaria, la vicinanza agli ultimi, la povertà e altre manifestazioni del suo donarsi per amore. La contemplazione di questi misteri, come proponeva sant’Ignazio di Loyola, ci orienta a renderli carne nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti. Perché «tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero», «tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre», «tutta la vita di Cristo è mistero di Redenzione», «tutta la vita di Cristo è mistero di ricapitolazione», e «tutto ciò che Cristo ha vissuto fa sì che noi possiamo viverlo in Lui e che Egli lo viva in noi» (Gaudete et Exsultate, 20)”.
Alla nostra Diocesi di Matera-Irsina si ripropone l’esigenza di prendere maggiore coscienza della propria identità, di formulare obiettivi comuni che esprimano la vita del popolo di Dio, la propria dimensione comunitaria, la volontà d’essere come “un corpo solo” (1Cor 12,12). Quindi, la nostra comunità cristiana è connotata, oltre che dalla sua storia molto variegata, soprattutto dalla necessità di scegliere metodi e progetti che rispondano alle urgenze del tempo presente.
Sentito, pertanto, il Consiglio Presbiterale ai sensi del Can. 461, §1, del C.J.C., il Collegio dei Vicari Foranei e l’intero Presbiterio, considerata la necessità di un’approfondita consultazione delle componenti della Chiesa e della società, avendo chiesto luce dal Signore insieme a tanti fedeli, particolarmente i malati e i membri delle comunità di vita contemplativa, indico il Santo Sinodo Diocesano e, pertanto, con il presente atto, in ottemperanza al Can.462,§1, del CJC., vista l’Istruzione sui Sinodi diocesani emanata congiuntamente il 19 marzo 1997 dalle Congregazioni per i Vescovi e per l’Evangelizzazione dei Popoli, con il presente atto
DECRETO
la indizione del PRIMO SINODO DIOCESANO
e che si attivino le procedure previste dal Diritto della Chiesa per la preparazione dell’assise sinodale, sulla scia del percorso sinodale già avviato.
Il Sinodo si articolerà nelle seguenti fasi:
? Il percorso sinodale, già avviato nel 2017, che ci ha visti impegnati nello studiare le quattro Costituzioni conciliari e le cinque vie di Firenze partendo dall’Evangelii Gaudium di Papa Francesco: la Sacrosanctum Concilium abbinata a Trasfigurare; la Dei Verbum ad Annunciare; la Lumen Gentium ad Educare; la Gaudium et Spes ad Uscire e Abitare.
? Raccolta e sintesi dei dati del lavoro presinodale, presentati durante l’ultima assemblea;
? Presentazione dell’instrumentum laboris nella seconda metà del 2018;
? Apertura ufficiale del Sinodo. Il 13 gennaio 2019, festa del Battesimo di Gesù, avrà inizio ufficialmente il I Sinodo Diocesano di Matera – Irsina. Le sessioni di lavoro si svolgeranno durante tutto l’anno. Prenderanno parte sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi, seminaristi, laici che hanno già lavorato durante il percorso sinodale.
? Conclusione del Sinodo: il 25 gennaio 2020, festa della conversione di S. Paolo, si chiuderà ufficialmente il Sinodo.
? Pubblicazione e presentazione di tutto il lavoro svolto con indicazioni e norme per tutta l’Arcidiocesi.
In ogni parrocchia, domenica 27 maggio c.a., il presente Decreto venga letto in tutte le chiese della Diocesi e in tutte le Messe.
Fiduciosi ricorriamo al conforto della nostra Madre Celeste, venerata sotto il dolce titolo di Madonna della Bruna, nostra patrona, invocando l’intercessione dei Santi Eustachio, Eufemia e Giovanni da Matera.
Invito tutti alla preghiera. Da questa Basilica Cattedrale ripartiamo con rinnovato zelo per l’evangelizzazione sull’esempio dei primi discepoli della Chiesa antica.
Dato a Matera, il 19 maggio 2018, Veglia di Pentecoste.
† Antonio Giuseppe Caiazzo
Di seguito il testo integrale dell’omelia che l’arcivescovo di Matera-Irsina mons. Antonio Giuseppe Caiazzo ha pronunciato durante la Veglia di indizione del Sinodo Diocesano del 19 maggio 2018.
Carissimi, gli Apostoli, “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”. Stasera, anche noi siamo riuniti in questo Cenacolo della Basilica Cattedrale di Matera, come gli Apostoli con Maria, la mamma di Gesù e mamma nostra. Ci siamo tutti: voi laici, presenti su tutto il territorio della nostra Diocesi, che, a fianco dei presbiteri e in alcuni casi con l’aiuto dei diaconi e la presenza preziosa dei religiosi e della religiose, operate per il bene della Chiesa. Voi, autorità civili e militari che ci onorate con la vostra presenza e la vostra preghiera.
Questo momento è solenne e nello stesso tempo storico. “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatté impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano”.
Il momento è solenne perché, come gli Apostoli, dopo la discesa dello Spirito Santo, siamo invitati ad uscire e camminare insieme, appropriandoci del dire dello Spirito Santo che dialoga con ogni uomo credente e non. “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”.
Il momento è solenne perchè c’è una Chiesa desiderosa di vincere la paura che ci impedisce di uscire dal Cenacolo e di accogliere le novità che lo Spirito Santo suggerisce.
Il momento è solenne perché il fuoco dell’amore di Dio continua a scendere e posarsi su ogni battezzato, riaccendendo il desiderio e la passione, propria dell’innamorato, per annunciare e mostrare con la propria vita la novità indissolubile del Vangelo, della buona notizia di Gesù Cristo. “Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua”.
Il momento è solenne, sotto lo sguardo attento e premuroso di Maria, venerata nella nostra Chiesa di Matera – Irsina come Madonna della Bruna, che ci incoraggia a metterci in cammino con lei, scalando la montagna della storia, senza lasciarci scoraggiare dalla fatica o dalle sconfitte. Tante case abitate, come quella della cugina Elisabetta, aspettano di essere visitate e servite.
Il momento è solenne perché non siamo soli: lo Spirito Santo ci sprona a camminare insieme. Nessuno, né laici né consacrati, può agire nella Chiesa e in nome del bene della Chiesa, pensando che il proprio progetto sia più importante di quello della Chiesa. Il nostro operato deve avere un solo fine, la gloria di Dio, nel servizio all’uomo e nella condivisione delle sue sofferenze. “Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”.
Proprio ieri, a Santa Marta, Papa Francesco diceva: “‘Amami, pascola e preparati’. Amami più degli altri, amami come puoi ma amami. E’ quello che il Signore chiede ai pastori e anche a tutti noi. ‘Amami’. Il primo passo nel dialogo col Signore è l’amore”. A noi vescovi, presbiteri, diaconi, consacrati, aggiungeva: “Preparati alle prove, preparati a lasciare tutto perché venga un altro e faccia cose diverse. Preparati a questo annientamento nella vita. E ti porteranno sulla strada delle umiliazioni, forse sulla strada del martirio. E quelli che quando tu eri pastore ti lodavano e parlavano bene di te adesso sparleranno perché l’altro che viene sembra più buono. Preparati. Preparati alla croce quando ti portano dove tu non voi. Amami, pascola, preparati. Questo è il foglio di rotta di un pastore, la bussola”. Seguiva con un forte invito a evitare la tentazione del pettegolezzo, sia a noi pastori che a tutti i cristiani: “Mettiti nei tuoi panni, non andare a mettere il naso nella vita degli altri. Il pastore ama, pascola, si prepara alla croce, allo spoglio e non mette il naso nella vita degli altri, non perde il tempo nelle cordate, nelle cordate ecclesiastiche. Ama, pascola e si prepara e non cade nella tentazione”.
Il momento è solenne perché siamo invitati a scrivere, insieme, un’altra pagina di storia per la nostra Chiesa locale. Insieme, perché celebrare un Sinodo significa che noi tutti, componenti della Chiesa, siamo coinvolti in questa preghiera comunitaria, non solo in questa sede, ma anche nelle nostre comunità di appartenenza. Nostra continua e particolare cura sarà quella di ascoltare, confrontarci e scrivere pagine che esprimano il desiderio di rinnovamento attraverso una nuova evangelizzazione.
Il momento è solenne e impegnativo per me. Mi ritornano in mente le parole di S. Paolo, meditate l’altro ieri: “vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posto come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata col suo sangue” (At 20,28). Oggi sento più di ieri la responsabilità del ministero che il Signore mi ha affidato. Oggi più di ieri chiedo a voi tutti di sostenermi nella preghiera. Senza di voi sarei sempre vostro vescovo ma perderei l’efficacia di essere pastore. Senza di voi, senza il vostro amore, senza il vostro ardore e la vostra passione per Cristo e la Chiesa sono nulla. Con voi sono Chiesa, per voi sono servo, in voi sperimento la fecondità del Vangelo di Cristo.
Il momento è storico. Dopo l’unificazione delle due Diocesi di Matera e di Irsina, avvenuta il 30 settembre del 1986, questo è il primo Sinodo. La storia che ha portato all’unificazione ha procurato lacerazioni, dissapori e disagi. Mi permetto di ricordare alcune notizie, riportate sul sito diocesano a nome della Prof.ssa Annunziata Bozza, per capire il percorso fatto soprattutto dopo la soppressione della Diocesi di Matera da Acerenza, ridotta a collegiata.
“Tuttavia l’attrito tra le due Chiese (Acerenza e Matera) cessò solo nel 1945. L’arcivescovo di quel tempo, Mons. Anselmo Pecci, benedettino, rassegnò le dimissioni pressato dai molti problemi interni alla Chiesa, dalle conseguenze del secondo conflitto mondiale e dall’impossibilità materiale di esercitare il ministero episcopale nelle due sedi arcivescovili distanti fra loro e carenti di mezzi di comunicazione. Nel 1945, con Decreto Concistoriale dell’11 agosto, si assegnarono alla giurisdizione ecclesiastica materana i dieci paesi detti di Basso (Bernalda, Ferrandina, Grottole, Ginosa, Laterza, Metaponto, Miglionico, Montescaglioso, Pisticci e Pomarico). In data 2 luglio 1954, la Bolla di Papa Pio XII sancì la definitiva separazione delle due Chiese di Acerenza e Matera e la costituzione di due province ecclesiastiche: la Chiesa Metropolitana di Acerenza con le sedi suffraganee di Potenza, Venosa, Marsico e Muro Lucano e la Chiesa Metropolitana di Matera con le sedi suffraganee di Tursi e Tricarico. Il 21 agosto 1976 con la bolla Quo aptius di papa Paolo VI, eseguita il 12 novembre dello stesso anno, vennero soppresse le due province ecclesiastiche di Matera e di Acerenza, che diventarono sedi vescovili suffraganee dell’arcidiocesi di Potenza – Muro Lucano – Marsico Nuovo, elevata a sede metropolitana; si separarono dal governo ecclesiastico di Matera i comuni di Ginosa e Laterza per essere ascritti alla diocesi di Castellaneta. Alla Chiesa di Matera, sempre in tale occasione, si aggregarono le parrocchie di Montalbano Jonico, Scanzano e Craco, distaccate da Anglona – Tursi e Salandra da Tricarico. L’11 ottobre 1976 a seguito della bolla Apostolicis Litteris dello stesso papa Paolo VI vennero unite le diocesi di Matera e di Irsina (un tempo denominata Montepeloso). Il 3 dicembre 1977 si restituì alle diocesi di Matera e Irsina e di Acerenza il titolo di arcidiocesi.
Con decreto della Congregazione per i Vescovi del 30 settembre 1986 si determina la nuova e definitiva denominazione dell’arcidiocesi materana in Matera – Irsina con sede vescovile a Matera”.
Siamo certi che chi guida la Chiesa è lo Spirito Santo. Noi, membra del corpo di Cristo, non siamo capaci di prendere nessun tipo di decisione senza la luce e la guida dello Spirito Santo: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi” (At 15,28), dice Pietro, a nome degli altri apostoli, al primo Concilio di Gerusalemme.
Benedetto XVI ci ricorda: “Chi attualizzerà la presenza salvifica del Signore Gesù mediante il ministero degli Apostoli – capi dell’Israele escatologico (cf Mt 19,28) – e attraverso l’intera vita del popolo della nuova alleanza? La risposta è chiara: lo Spirito Santo. Gli Atti degli Apostoli – in continuità col disegno del Vangelo di Luca – presentano dal vivo la compenetrazione fra lo Spirito, gli inviati di Cristo e la comunità da essi radunata”(27.04.2006).
E subito dopo continua: “Grazie all’azione del Paraclito gli Apostoli e i loro successori possono realizzare nel tempo la missione ricevuta dal Risorto: “Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso…” (Lc 24,48s.). “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). E questa promessa, all’inizio incredibile, si è realizzata già nel tempo degli Apostoli: “Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui” (At 5,32).
Il nostro Sinodo non è una mia idea. E’ frutto dell’ascolto, del discernimento, della lettura dei verbali della visita pastorale del mio predecessore, Mons. Salvatore Ligorio, al quale va la mia stima, il mio affetto, la mia riconoscenza: un forte legame, oltre che sacramentale, di profonda amicizia.
Un pastore non può non tener conto del cammino che una Chiesa ha già fatto e non impone un nuovo tragitto. S’inserisce nel solco già tracciato da chi l’ha preceduto e continua l’opera già iniziata. E’ il segno della comunione che si esprime nella continuità del ministero apostolico.
Carissimi, dobbiamo essere convinti di quanto Gesù ci dice nel Vangelo che ascolteremo domani: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Affidiamoci alla potenza dello Spirito Santo Amore. Invochiamo la Piena di Grazia, in questo Cenacolo, dove la veneriamo come Madonna della Bruna. Chiediamo la preghiera dei nostri santi protettori Eufemia, Eustachio, Giovanni da Matera.
Oggi, come ieri, lo Spirito Santo continua a generare. Scendono le lingue di fuoco su di noi, dividendosi, quasi a significare che, attraverso ognuno di noi, lo Spirito Santo si diffonde su tutto il territorio della nostra Diocesi, per parlare al cuore di tutti i fedeli. In questa logica hanno senso le parole di Gesù: “Andate e predicate il Vangelo a tutte le creature”
Buona continuazione del percorso sinodale. Così sia.
La fotogallery della cerimonia per la lettura del Decreto di indizione del Primo Sinodo diocesano (foto www.SassiLive.it)