Ci sono emozioni che non si possono raccontare, perchè si possono percepire solo dal vivo. Nell’ex ospedale San Rocco, già carcere di Matera è riuscito a trasmetterle n maniera viscerale lo spettacolo “multimediale” “Case senza luce, Matera” di Ulderico Pesce.
In scena Ulderico Pesce, Lara Chiellino e Eva Immediato sono stati magistralmente coadiuvati da Raffaele Epifania, Franco Matera, Giuseppe Calia, Saverio Pietracito, Franco Burgi, Patrizia Minardi, Maria Iacovuzzi, Diego Maragno, Giulia Cifarelli, Carmela Cifarelli, Nicola Cardinale, Anna Onorati, Roberto Pietracito. Particolarmente apprezzate anche le esecuzioni musicali di Daniela Ippolito, Pierangelo Camodeca, Amalia Palermo, Eleonora Ierone, Vincenzo d’Orai, Monica Petrara, Giuseppe D’Amico, Alberico Larato, Mirko Palmieri mentre hanno svolto con grande professionalità il ruolo di acrobati e fuochisti Pasquale Larocca, Antonella Petrazzuolo, Lorena Di Bello, Alessandra Spaltro, Gabriele Agamennone e Esther Santarsiero. Ha curato le coreografie Mary D’Alessio. Sono stati utilizzati anche i campanacci di San Mauro Forte, un’Ape Tour Matera 2 di Ines Schiavone mentre Vito Gallo ha offerto il service luci e Nicoletta Pangaro si è occupata dell’organizzazione dello spettacolo, affidato al regista Ulderico Pesce, supportato dall’assistente Nicola Ferrari.
Patrizia Minardi, dirigente ufficio sistemi culturali e turistici della Regione Basilicata, ha stupito in particolare il pubblico con una performance eccellente con cui ha descritto i Sassi di Matera in posizione sospesa, calandosi con una corda da uno dei balconi dell’ex carcere verso il basso. Impeccabile anche l’interpretazione di tutti gli attori coinvolti da Ulderico Pesce, assoluto “deus ex machina” di questa rappresentazione che racconta la genesi della città dei Sassi e storie di provincia che meritano di essere conosciute.
“Case senza luce Matera” è uno spettacolo che racconta varie fasi storiche della città di Matera, dagli abitanti dei Sassi, nelle case senza luce, allo sfollamento nei nuovi quartieri e di alcuni paesi dell’area che si sono distinti per essere stati leader della lotta di “occupazione delle terre” quali San Mauro Forte, Montescaglioso, Tricarico, Ferrandina e Irsina. L’evento si svolge nel luogo che prima fu monastero e poi divenne il carcere dove furono rinchiusi molti occupatori di terra tra i quali Rocco Scotellaro, Anna Avena e Antonia Miccio, che partorì in carcere Pasquale Cirillo l’8 novembre 1940. La scena del parto, che arriva nella parte finale dello spettacolo, è semplicemente straordinaria. Proprio Pasquale Cirillo a distanza di 78 anni è tornato per la prima volta nel luogo in cui ha vissuto per 13 mesi insieme alla mamma regalando una magnifica sorpresa al pubblico che ha gremito la corte dell’ex ospedale San Rocco grazie all’invito di Ulderico Pesce. In scena anche altri “lottatori” che faranno del Materano, a partire dal 1940, l’area più “rivoluzionaria” d’italia, prima contro il fascismo e il nazismo, poi contro i latifondisti. Le porte delle celle sono rimaste integre. Quelle di un tempo. Davanti a quelle porte prendono vita Luisa Levi, che nel 1935, per prima, parlò dei Sassi di Matera attraverso l’opera del fratello Carlo, il “Cristo si è fermato a Eboli”. Lo spettacolo rievoca anche Togliatti, che nel 1948 fece un comizio storico a Matera, Albino Sacco che con Olivetti, Levi, Mazzarone, Scotellaro ed altri, costruì il primo progetto per ridare dignità agli abitanti dei Sassi. Molto apprezzate anche le interpretazioni di due personaggi femminili: Anna Aveva, l’occupatrice di Montescaglioso che, su una terra, vide l’assassinio di Giuseppe Novello ad opera della polizia, venne arrestata e portata nel carcere di Matera e Antonia Miccio, che nel 1940, con altri 130 sanmauresi, si oppose al fascismo assalendo il Comune. In quel frangente ci fu una sparatoria dove persero la vita due manifestanti e lei venne ferita, incarcerata, costretta a partorire nel carcere di Matera. Uno spettacolo che fa riflettere ma che fa anche sorridere grazie alla presenza di due personaggi contemporanei, due signore materane. La prima ha avuto una svolta lavorativa dopo l’apertura di un B&B nei Sassi mentre un’altra non vede l’ora che muoia la suocera per entrare in possesso del Sasso dove aprire un B&B che permetterebbe ai figli emigrati a Cernusco sul Naviglio di ritornare a Matera. Sono narranti anche momenti importanti della vita della città tra cui l’arrivo dei monaci basiliani e la nascita dei monasteri, della trasformazione di un monastero in carcere, la chiusura dei Sassi, la costruzione dei primi borghi rurali, fino a raggiungere la Matera moderna.
Lo spettacolo è frutto di un laboratorio teatrale di 430 ore che l’equipe del Centro Mediterraneo delle Arti, diretto da Ulderico Pesce, ha tenuto a Matera. Un laboratorio in cui si è sperimentato il metodo teatrale “organico” concepito da Stanislavskji; in cui sono stati rintracciati e studiati documenti storici utilizzati poi a fini spettacolari.
Uno spettacolo con ingresso gratuito che Ulderico Pesce ha deciso di replicare immediatamente per non deludere un centinaio di persone che non sono riuscite ad entrare alla “prima” dello spettacolo. Un gesto di grande generosità particolarmente apprezzato da materani e visitatori della città dei Sassi.
Ulderico Pesce racconta così il suo spettacolo: “Sapere che nella mia terra, la Basilicata, c’è una città che vive da 8 mila anni, Matera, mi ha fatto nascere l’esigenza di provare a capirla e sentirla più vicina. Oggi, dopo averla vissuta e studiata per un po’, sento il dovere di provare a raccontarla. E’ la narrazione di storie particolari che sono diventate storie universali. Raccontare Matera significa raccontare l’evoluzione dell’uomo e del mondo. Finora Matera è stata utilizzata come contenitore per raccontare altre storie, noi abbiamo scelto Matera come fonte di racconto e i personaggi sono paradigmatici, possono ricordare quelli della mitologia greca”.
Patrizia Minardi, dirigente ufficio sistemi culturali e turistici Regione Basilicata: “Questo è un progetto di rete asse 3 del piano spettacolo, uno di quei progetti realizzati con i Comuni e altri operatori dello spettacolo che riescono a creare valore aggiunto rispetto ai progetti presentati nell’asse 1 e nel FUS. In questo caso il Centro Mediterraneo delle Arti ha coinvolto il Comune di San Mauro e il Comune di Matera oltre ad altri Comuni della nostra regione per poter raccontare storie di personalità non autorevoli ma testimoni di una storia importante della nostra città e della nostra regione vissuti negli anni Cinquanta, legati alle terre e allo sfollamento dei Sassi nel caso di Matera. In questo caso tutte le porte dei Sassi parleranno diversi diletti a seconda della provenienza. In particolare saranno protagoniste donne che sono state rinchiuse in celle di questo carcere e che sono testimoni di un elemento importante, cioè la mancanza di una terra promessa e mai concessa. Riflessioni sulla storia ma anche riflessioni sul presente e sul futuro di Matera”.
Michele Capolupo
Case senza luce, Matera. Recensione di Francesco Paolo Francione
“Case senza luce Matera”, buon risultato di un faticoso laboratorio teatrale, di Ulderico Pesce, Lara Chiellino, Eva Immediato e molti giovani attori intenzionati ad apprendere e coltivare l’arte della recitazione, in scena nella serata di lunedì 9 u.s., è un accorato invito alla riflessione sullo stato di salute della coscienza civica. Trae la sua forza evocatrice dal luogo stesso in cui viene rappresentato, il quadrato spoglio e disadorno dell’ex- carcere di Matera, che si affaccia sul vecchio portale murato della chiesa di S. Giovanni, con la balconata da cui vengono minacciati i comandi violenti del capoguardia e con le celle carcerarie da cui provengono le grida della donna antifascista di San Mauro Forte, imprigionata nel luglio del 1940, che nel carcere diventerà madre.
La sfilata dei campanacci, il proclama del podestà, il fez delle guardie fasciste, tutta la messinscena riscopre lo spirito ribelle di molte tradizioni popolari, sintetizza passato e presente, alterna e mescola realtà e finzione, fino allo scoop finale della comparsa dell’anziano sanmaurese, Pasquale, partorito 78 anni fa e rimasto nel carcere nei primi 13 mesi della sua vita. A lui, presente in carne e ossa, il pubblico tributa un caloroso riconoscimento come a tutto il gruppo degli attori.
Le pareti del carcere raccontano i fatti di ieri di cui sono impregnate, ma nel contempo dicono lo sdegno e la sofferenza dell’ oggi, esigono dalla comunità materana la formazione di un’anima identitaria che, senza nulla dimenticare, sappia affrontare le sfide del presente e del futuro.
Quello spazio dove stasera siedono più di duecento persone, molto più di quante ne aspettassero gli organizzatori, donne e bambini, residenti e turisti, più e meno edotti sulle vicende della Basilicata e di Matera, non sempre ineccepibili per l’uso dei cellulari, quello spazio – si diceva – è lo stesso dove passeggiava Rocco Scotellaro, con altri carcerati diventatigli amici e scolari attenti alla lettura del Cristo si è fermato a Eboli che stuzzicava anche la coscienza incallita dei delinquenti.
Lo spettacolo è un omaggio a Carlo Levi che viene recitato dal coraggioso personaggio che si fa calare con una fune dalla balconata del carcere, mentre sulle pareti scorrono le immagini della Gravina, rendendo oltremodo suggestiva la discesa verso l’inferno dei Sassi che tanto aveva impressionato la sorella del confinato ad Aliano. Scorrono anche i filmati Luce dei traslochi delle famiglie nel borgo La Martella, in omaggio a Adriano Olivetti che volle una riforma profonda della vita nelle fabbrica e nelle campagne, facendo costruire i borghi, invece di disseminare nei deserti delle campagne i lavoratori della terra e le loro famiglie.
Dal fascismo alla Repubblica, dal podestà al Sindaco democristiano, all’inquinamento della democrazia a causa della guerra fredda che chiude dietro le sbarre il poeta di Tricarico: un passaggio rapido che denuncia il tendenziale carattere opportunistico dell’animo umano, portato a dismettere e a rivestire la casacca di moda, giusto l’antico detto materano, “chiama tata a chi di dà il pane”.
Nel filo rosso di una lunga ma godibilissima ricostruzione storica, si coglie la preoccupazione che l’anima della città possa essere oscurata, ferita o, peggio ancora, seppellita dal frastuono dell’Ape che trasporta i turisti attraverso i Sassi e dal compiacimento delle mamme, entusiaste per le aziende turistiche dei loro figli che vanno a gonfie vele, ma dubbiose che possano covare il germe di un cinismo che travolga persino la tradizionale venerazione per gli anziani.
“Rocco, dove sei?”, il lamento della donna, venuta da Roma per incontrare il poeta amico, è il leit-motiv della narrazione, il cuore della drammatica rappresentazione, intensa per il sottofondo musicale, partecipata con le voci del coro, ravvivata dalla danza veloce dei tedofori, suggestiva per i primi piani di alcune sezioni dell’opera di Levi “ Italia 61”, intelligentemente installata a piano terra del Palazzo Lanfranchi , che danno allo spettatore la sensazione di avere per un momento a fianco i propri cari, resuscitati anche dalla passione della contadina di Montescaglioso che ricorda l’uccisione di Giuseppe Novello alla fine degli anni 40, oltre che dal racconto della sanmaurese carcerata cui prima si è accennato.
La scena del bambolotto tenuto poi agganciato e sospeso nell’aria è stata, a parere di qualcuno, una sbavatura che ha inquinato la scena straziante del parto, recitata peraltro in maniera eccellente; in compenso la guardia fascista che chiede di poter toccare il nascituro e abbraccia teneramente la sua mamma, significa una redenzione sempre possibile e la speranza di un futuro più lusinghiero.
I monologhi, pur nella loro diversa intensità, occupano uno spazio eccessivo e in qualche caso sono affetti da un certo intellettualismo cattedratico. Maggiore vivacità acquista il dramma nella dinamica dello scambio di battute che accompagnano la presenza di nonno Eustachio : è un uomo testardo, analfabeta e scettico, capace di resistere alle lusinghe e alle minacce degli imbonitori del tempo, perché vorrebbe la terra ed invece viene letteralmente deportato nella nuova casa di Picciano dai suoi due nipoti, il materano e la milanese di adozione, poiché – vorrebbe ricordare l’autore – si emigrava e si dovevano abbandonare le case nuove che erano state appena assegnate per andare a cercare lavoro al Nord.
Si assiste al miracolo della luce che penetra dalle persiane della nuova casa, non senza qualche prolissa e superflua concessione a vecchi luoghi comuni; ma, a dire il vero, lui, nonno Eustachio, è già pieno di tanta luce, vedeva l’alba e il tramonto , ritmava la giornata di lavoro con il cammino del sole, era abituato a mettersi in cammino con il cielo stellato e a ritornare dalla campagna con il buio della sera . Egli passa in rassegna gli uomini di governo venuti a Matera dall’inizio del secolo fino agli anni ’50 e con la voce energica del nipote, Eustachio anche lui, sbotta stracolmo di sdegno puntando il dito verso di loro: “ Siete voi la vergogna”!
E così, il vecchio, illuminato, corregge finalmente uno slogan troppo abusato e gonfiato dal rumore massmediatico della Matera capitale europea della cultura2019: altro che vergogna cancellata; quella, purtroppo, rimane ancora scritta sui sassi.
Bravi gli attori, coerente la colonna sonora, opportune le citazioni in dialetto locale, lodevoli le ricerche effettuate nelle teche dell’Istituto Luce, perché i video mandati in onda arricchiscono e sorreggono la recitazione.
Più equidistante poteva essere il riferimento al mondo politico degli anni ’50, più attento alla evoluzione della storia: dal ’68 ribelle sono passati 50 anni e ancor più dall’epoca della guerra fredda, le cui vicende possono essere raccontate con maggiore serenità, riconoscendo, tra i tanti errori, anche la saggezza politica di Colombo e di De Gasperi che iniziava il suo discorso d’inaugurazione a La Martella con quell’umile “ scusate il ritardo”, che lo rende gigante, a confronto con i governanti che si sono susseguiti dagli anni ’80 fino ai nostri giorni.
Il lavoro di Pesce e dei suoi collaboratori, in conclusione, ha fatto rivivere momenti eccezionali della storia della città di Matera e della Basilicata, ha inteso risvegliare la coscienza civica di molti cittadini, lucani e non, che vorrebbero continuare a cercare la poesia e l’anima della città, spinti dalla sete di libertà e di uguaglianza dei loro padri.
La fotogallery dello spettacolo (foto www.SassiLive.it)