La mancata bonifica del sito inquinato ha provocato “la diffusione di inquinanti all’esterno” con la “compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica”: per questo motivo, su richiesta della Procura della Repubblica di Potenza, che ha coordinato le indagini dei Carabinieri del Noe sul termodistruttore per rifiuti speciali, il gip di Potenza ha disposto il sequestro degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento “Rendina Ambiente” (ex Fenice) nell’area industriale di Melfi.
Di seguito il comunicato ufficiale della Procura della Repubblica.
ln data odierna, all’esito di indagini coordinate da questa Procura della Repubblica e delegate al NOE di Potenza è stata data esecuzione all’ordinanza emessa dai G.I.P. di Potenza che ha disposto nei confronti di Alfano Luca, nato ad Avellino il 13 giugno 1067, amministratore delegato di Rendina Ambiente Srl, la misura del divieto di dimora nella Regione Basilicata, ronché il sequestro preventivo degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento industriale “Rendina Ambiente” di San Nicola di Melfi, per il delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis c.p..
Le indagini riguardano il pericolosi e non, ex “Fenice” attualmente gestito dalla società “Rendina Ambiente”, ubicato nel più importante polo industriale della regione Basilicata, l’impianto di smaltimenlo tramite incenerimento “ex Fenice”• interessato da una diffusa e storica contaminazione delle falde acquifere sotterranee da inquinanti quali: nichel, mercurio, fluoruri, nitriti, tricloroetano, tricloroetilene, tetracloroetilene, bromodiclorometano e di bromoclorometano, pericolosi e cancerogeni.
Nell’attuale procedimento penale risulta indagato: Alfano Luca quale amministratore delegato della Rendina Ambiente Srl per il delitto previsto e punito dagli artt. 40, comma 2, c.p., art. 452-bis c.p.; nonché, ai sensi del D.Lgs. n. 23 1/2001, Rendina Ambiente Srl con sede legale in Rivoli (TO) in Via Acqui n. 86, in persona del medesimo Alifano Luca quale amministratore delegato e legale rappresentante.
All’indagato viene contestato, sulla base delle indagini svolte dal NOE e di una consulenza tecnica collegiale, il delitto di inquinamento ambientale per non aver provveduto alla bonifica del sito inquinato, in particolare per aver omesso di predisporre un modello concettuale di bonifica adeguato – che tenesse conto che le misure di messa in sicurezza adottate si erano rivelate inefficaci, in quanto vi è stata la diffusione di inquinanti all’esterno del sito di Fenice Ambiente nelle aree circostanti; nonché la contaminazione dell’acqua industriale e dell’acqua destinata al consumo umano concorrendo in tal modo a determinare la grave compromissione della matrice ambientale “acque sotterranee” nelle aree circostanti il sito di Rendina Ambiente nonché la compromissione delle acque potabili, con grave pericolo per la salute pubblica. Tale condotta omissiva ha determinato il protrarsi della compromissione del bene ambientale già accertata nel 2009 e un ulteriore aggravamento della stessa, comc risultato dalle analisi acquisite.
Rendina Ambiente, Consigliere regionale Gianni Leggieri (M5S): “Continuano i disastri ambientali nella nostra Regione ad opera di imprese spregiudicate e soprattutto con la complicità della politica”. Di seguito la nota integrale.
Sono anni che denunciamo la situazione paradossale che vive il Vulture-Melfese per la presenza di industrie che inquinano il territorio senza alcun rispetto e soprattutto con la complicità della politica locale e regionale.
Sono anni che denuncio la situazione gravissima determinata dall’inceneritore “Fenice” di San Nicola di Melfi e per queste mie denunce sono stato anche querelato proprio da chi oggi è chiamato a rispondere per ipotesi di reato gravissime. La Procura della Repubblica di Potenza ha aperto un procedimento penale nei confronti dell’attuale amministratore delegato di Rendina Ambiente srl, procedendo con la misura del divieto di dimora nella Regione Basilicata, e ha disposto il sequestro preventivo degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento industriale di San Nicola di Melfi. L’ipotesi di reato contestata nello specifico è quella di delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452 bis c.p., una’ipotesi molto grave che però non sorprende vista la situazione in cui versa lo stabilimento e tutta l’area circostante ormai da anni.
Anni in cui le denunce, le segnalazioni, le battaglie del Movimento 5 Stelle e di pochi lavoratori coraggiosi (che hanno pagato in prima persona) sono state ignorate dalle istituzioni politiche preposte ai controlli e a intervenire.
In particolare, la Procura contesta alla Rendina Ambiente srl di non aver provveduto alla bonifica del sito inquinato, di aver omesso di predisporre un modello di bonifica adeguato, nonostante siano trascorsi molti anni dagli eventi che hanno determinato la contaminazione delle falde acquifere introno al sito.
Si tratta di ipotesi delittuose gravi perché vanno a toccare direttamente la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini. Si parla infatti di diffusione di inquinanti cancerogeni e pericolosi all’esterno del sito dell’ex inceneritore “Fenice”. Contaminazione delle aree circostanti, dell’acqua industriale e dell’acqua destinata al consumo umano. È evidente la preoccupazione per la salute pubblica, soprattutto perché si parla specificamente nel comunicato stampa diffuso dalla Procura, di inquinamento delle acque potabili destinate quindi ad uso umano.
Ancora una volta viene da chiedersi la politica che ruolo ha giocato in tutta questa vicenda. Ancora una volta dobbiamo prendere atto della inefficienza ed incapacità della Giunta Pittella e del suo Assessore all’Ambiente che non è riuscito a intervenire efficacemente per tutela la salute pubblica nella zona del Vulture – Melfese.
A questo punto occorre aprire immediatamente un tavolo di discussione su quanto accaduto nel Vulture – Melfese e disporre controlli adeguati come chiediamo da tempo. Abbiamo persino fatto approvare una mozione in Consiglio Regionale ma senza che vi sia stato seguito agli impegni presi da parte della Giunta Pittella. Basta giocare con la salute dei cittadini lucani, basta mettere in pericolo la nostra gente per favorire e tutelare imprese scellerate che pensano solo al profitto. Occorre cambiare approccio rispetto a queste problematiche perché non è possibile continuare a rimanere a guardare mentre la nostra terra viene depredata e avvelenata.
Sequestro Fenice, Donato Ramunno, Dirigente nazionale Fratelli d’Italia: “Bisogna scrivere la parole fine ad un Governo regionale che non ha saputo mai tutelare i suoi cittadini”.
A seguito del sequestro dell’inceneritore ex Fenice di Melfi, per inquinamento ambientale, noi crediamo che sia arrivato sul serio il momento di dire basta, basta davvero. La nostra terra non può essere trasformata nella terra dei fuochi.
Bisogna scrivere la parola FINE ad un governo delle istituzioni pubbliche che non riesce a controllare, a vigilare, a tutelare né l’ambiente, né la salute dei cittadini, ma neppure a sorvegliare che le misure di mitigazione del rischio e di diminuzione del pericolo vengano attuate.
Infatti è dal 2009 che il grave inquinamento prodotto dall’ex Fenice sulle falde acquifere e sul terreno è stato appurato ed è da allora che si sarebbe dovuta attuare la bonifica del sito. Cosa che non è stata fatta.
Tale comportamento ha determinato non solo il prolungarsi dell’inquinamento ambientale, ma anche il suo peggioramento, con gravi ricadute, sulla salute delle persone!
Non è più ammissibile né tollerabile che le questioni nella nostra regione debbano essere risolte puntualmente dalla magistratura. Occorre che la politica faccia funzionare le istituzioni e queste i suoi organismi di controllo. Occorre che la politica faccia scelte forti e chiare, per il bene delle nostre comunità, non per tutelare gli interessi di qualcuno!
Se la politica non è in grado di far funzionare la cosa pubblica e di produrre benessere diffuso, che inizia con la sicurezza dei cittadini e con la tutela dell’ambiente, diventa Malapolitica.
Di conseguenza non ha nessuna ragione di esistere.
Sequestro inceneritore Melfi, Angelo Summa, Segretario Cgil Basilicata: Ennesima riprova dell’incapacità degli organi deputati al monitoraggio e al controllo
Il sequestro dell’inceneritore ex Fenice di Melfi causata, da quanto si apprende, dalla mancata bonifica che avrebbe determinato la presenza di sostanze inquinanti e cancerogene nelle falde acquifere dimostra, ancora una volta, tutta l’inadeguatezza del nostro sistema di controllo e monitoraggio ambientale.
Siamo di fronte all’ennesimo episodio in cui si evidenzia il rischioso connubio tra un sistema di responsabilità sociale d’impresa molto labile e una architrave istituzionale in materia di controlli ambientali del tutto carente.
Non è certo un caso che, come attestato nel rapporto della Dia dello scorso anno e dai dati del rapporto semestrale della stessa divulgati oggi, la Basilicata sia un territorio particolarmente permeabile ed esposto ai reati ambientali.
I precedenti relativi alle estrazioni in Val D’Agri e quanto accaduto per l’Itrec di Rotondella dimostrano tutti i limiti e tutta la fragilità di un sistema istituzionale che, in tutte le sue articolazioni, dai Comuni alle Province, alla Regione, all’Asl e all’Arpab, non esprime quella terzietà nei sistemi di controllo che sola può garantire una giusta ed equilibrata coniugazione tra salute, ambiente e sviluppo.
In assenza di queste garanzie, il nostro territorio e le sue risorse rischiano di diventare non una leva di sviluppo per la nostra regione ma solo un appetibile attrattore per la criminalità.
Sequestro inceneritore Melfi, Gianluca Rospi (deputato M5s): La salute dei cittadini al primo posto
La qualità dell’aria che respiriamo e la salute dei cittadini, questi gli obiettivi prioritari da perseguire in una regione, quale la Basilicata, colpita dall’ennesimo disastro ambientale. E’ da anni che il Movimento 5 Stelle denuncia la situazione che vive il Vulture-Melfese a causa di industrie che inquinano il territorio, senza rispettare alcuna norma e, spesso e volentieri, con la complicità della politica locale. Ed è notizia di oggi quella della diffusione di inquinanti all’esterno, con compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica, che ha portato, su richiesta della Procura della Repubblica di Potenza, che ha coordinato le indagini dei Carabinieri del Noe sul termodistruttore per rifiuti speciali, al sequestro degli impianti di messa in sicurezza e bonifica dello stabilimento “Rendina Ambiente” (ex Fenice) nell’area industriale di Melfi (Potenza). La causa, stando alle indagini, sarebbe riconducibile alla mancata bonifica del sito inquinato. La situazione non è più tollerabile, andandosi a toccare la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini, con la diffusione di inquinanti cancerogeni e pericolosi all’esterno dell’ex inceneritore “Fenice”. Mi attiverò da subito sulla vicenda, insieme al gruppo M5S della Commissione Ambiente alla Camera: la salute dei cittadini al primo posto.