Giannino Romaniello, Consigliere regionale di Liberi e Uguali Basilicata: “Il futuro dell’auto in Italia passa attraverso un’altra stagione di politica industriale e di relazioni sindacali, con rispetto per le persone che hanno segnato una stagione non positiva per il lavoro”.
Leggo sulla stampa nazionale e locale diversi commenti riguardanti FCA ed il futuro dell’auto nel nostro paese, con la riproposizione del vecchio ritornello sul ruolo e la missione dei singoli stabilimenti.
Su Melfi tutti parlano della necessità di avere assegnato un modello sostitutivo della Punto che migra all’estero.
Al di la del fatto che è irriguardoso verso una persona che lotta per la vita, fare già ragionamenti al passato, bene avrebbero fatto i commentatori di oggi a sviluppare analisi su FCA ed auto in occasione della presentazione del Piano Industriale. Ma prima ancora a pretendere da FCA e dal Governo, politiche industriali adeguate ed in grado di far ripartire il Paese ed essere tra quelli, in Europa, capaci di guidare l’innovazione sui prodotti del futuro nel comparto della mobilità di merci e persone a partire dallo sviluppo dell’auto elettrica.
Lo sviluppo di prodotti a bassa emissioni deve andare di pari passo con quello delle infrastrutturazioni del Paese, delle reti di impianti a GPL, metano e colonnine pubbliche per la ricarica delle auto elettriche.
Detto ciò è opportuno ricordare che il nostro paese ha perso competitività ed FCA, proprietà e manager, hanno prima (giustamente) puntato a salvare il gruppo e poi a realizzare un’alleanza con gli americani per evitare di essere marginali nel mercato globale. Peccato però che ci si è fermati solo a questo tant’è che FCA è stato l’unico gruppo che dall’alleanza non ha tratto grande vantaggio in termini di aumento delle quote di mercato per un decennio ed è rimasta, tranne che per i marchi di lusso, molto marginale nella gamma medio alta del segmento, tanto per capirci, nei confronti di Mercedes, BMW, Audi e Volkswagen. Infatti, come si può evincere dai dati sulle quote di mercato, la produzione mondiale divisa per continenti, la capacità produttiva degli impianti esistenti nel mondo, unitamente alle politiche di alleanze fatte ed ipotizzabili per il futuro, FCA è il gruppo che rischia di più rispetto a tutti gli altri a trovare una sua missione futura con rischi enormi per i lavoratori. Pertanto, è auspicabile che il nuovo management acceleri l’ipotesi di alleanze, possibilmente con case che operano in aree a maggior sviluppo di mercato da una parte e dall’altro lavori in Europa a produrre vetture a maggior valore aggiunto.
Va definita una nuova strategia di politiche industriali da parte del Governo nazionale nel settore affiancata ad una idea nuova di integrazione di servizi e prodotti in tema di mobilità se si vogliono dare garanzie sul futuro di tutti gli stabilimenti FCA in Italia, a partire da Melfi che come tutti sanno è quello che produce la maggioranza delle vetture del gruppo in Italia.
Per fare tutto ciò c’è bisogno di una VERA politica industriale del Governo e non di semplice accompagnamento delle scelte unilaterali che fa il privato come avvenuto nel passato, fino ad arrivare all’esaltazione di quanto fin qui fatto da FCA come avvenuto con Renzi. Si rende indispensabile un cambio vero nelle relazioni industriali dove a prevalere non deve essere la sola logica del profitto ma prima di tutto la valorizzazione del lavoro ed il rispetto della dignità delle persone riconoscendo a chi il lavoro lo rappresenta il diritto a partecipare piuttosto che ad assecondare scelte unilaterali sul futuro dell’impresa essendo quest’ultima la somma di più componenti in cui le risorse umane sono la parte più importante.
A chi continua a fare distinzioni fra sindacati, territori e paesi non comprendendo che siamo in un’altra era ricordo che il ritorno al passato è senza futuro.