Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, costituito dal Dott. Cesare Mastrocola Presidente; dall’Avv. Valentino Fedeli, dal Dott. Pierpaolo Grasso Componenti; con l’assistenza alla segreteria dei Signori Salvatore Floriddia e Paola Anzellotti, si è riunito il giorno 2.8.2018 e ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla società Aprilia Racing Club srl (già Racing Club Fondi srl) dal legale rappresentante Marco Capparella nei confronti del Matera Calcio. Di seguito il dispositivo diffuso dal Tribunale Federale Nazionale.
Con ricorso depositato in data 18 luglio 2018, proposto nei confronti della Società Matera
Calcio Srl, nonché nei confronti della Lega Italiana Calcio Professionistico, Federazione
Italiana Giuoco Calcio, Procura Federale FIGC e Paganese Calcio 1926 Srl, FC Aprilia Racing
Club Srl (già SS Racing Club Fondi Srl), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Cesare di Cintio e
Federica Ferrari, ha chiesto a questo Tribunale, previa acquisizione presso la Lega Pro o altro
organo competente, di tutti gli incentivi all’esodo relativi ai calciatori Bifulco e Iannini e di
quelli ulteriori non conosciuti dalla ricorrente, nonché le decisioni arbitrali assunte nei
confronti del Matera Calcio per i calciatori Urso, Stendardo, Giovinco, Mariano De Almeida e di
quelli ulteriori non conosciuti dalla ricorrente e previa richiesta alla Lega Pro di comunicare la
classifica finale del Campionato di Serie C – girone C s.s. 2017-2018, di disporre il
posizionamento del Matera Calcio all’ultimo posto della classifica finale del Campionato di
Serie C – girone C s.s. 2017-2018 ovvero applicare un trattamento sanzionatorio adeguato alle
gravi inadempienze commesse al fine di rendere afflittiva la sanzione con riferimento alla
stagione sportiva 2017-2018.
Parte ricorrente premetteva che la Società SS Racing Club Fondi, attualmente fusasi con la
Società FC Aprilia SSD ARL, dando vita alla nuova Società FC Aprilia Racing Club, durante la
stagione sportiva appena conclusa partecipava al Campionato di Serie C – girone C,
classificandosi al penultimo posto della classifica, retrocedendo, a seguito della disputa dei
play out con la Paganese nel Campionato Nazionale di Serie D; continuava affermando che,
nel corso della stagione sportiva 2017/2018 era emerso che le Società Matera Calcio veniva
sanzionata dagli Organi di Giustizia Federale con diversi punti di penalizzazione in classifica
per non aver proceduto al pagamento di diverse mensilità relativa agli emolumenti dovuti ad
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alcuni tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo, oltre che delle
ritenute Irpef e contributi Inps.
Secondo il ricorrente, tuttavia, risultava, da alcune indiscrezioni che circolano nell’ambiente
calcistico (cfr. pag. 5 del ricorso), che il Matera Calcio si fosse reso responsabile di ulteriori
gravi irregolarità economico-finanziarie nel corso della stagione sportiva 2017/2018 non
sanzionate dalla Procura Federale per le quali, pertanto, la stessa non aveva subito alcuna
penalizzazione in classifica.
In particolare sosteneva che sarebbe emerso che il Matera Calcio non avrebbe corrisposto né
gli incentivi all’esodo, derivanti da accordi transattivi definiti già all’inizio della precedente
stagione sportiva dei calciatori Marino Bifulco e Gaetano Iannini (e di altri eventuali tesserati),
né i contributi liquidati con lodi arbitrali immediatamente esecutivi a favore dei calciatori
Francesco Urso, Giuseppe Giovinco, Mariano Stendardo e Angelo Mariano De Almeida (e di
eventuali altri tesserati), con ciò compromettendo il regolare svolgimento del Campionato di
Serie C – girone C.
Affermava, inoltre, che il mancato pagamento degli incentivi all’esodo e delle somme
accertate dai Collegi arbitrali costituisce una violazione in maniera gestionale ed economica
che comporta l’applicazione delle sanzioni più gravi ed, in particolare, la detrazione di punti in
classifica; per effetto di tali mancati deferimenti, la classifica del girone C del Campionato di
Serie C sarebbe risultata falsata.
Con riferimento al mancato pagamento delle somme poste a carico delle Società dai Collegi
arbitrali la ricorrente ha espressamente richiamato l’art. 8 comma 15 del CGS FIGC che
espressamente prevede l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 18 e 19 CGS a carico delle
Società che entro 30 giorni non provvedono al pagamento degli stessi.
In data 27 luglio 2018 la Società ricorrente depositava copia di 5 ricorsi ex art. 30 CGS CONI
proposti dai tesserati Bifulco Marino, Giovinco Giuseppe, Urso Francesco, De Almeida Angelo
Mariano e da Strambelli Nicola avverso la deliberazione del Commissario straordinario della
FIGC del 20 luglio 2018, pubblicata giusta C.U. n. 29 con la quale il predetto ha ammesso la
Società Matera Calcio al Campionato di Serie C per la stagione 2018/2019, ad integrazione del
materiale probatorio già depositato in atti.
Si sono costituiti in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio con il patrocinio degli Avv.ti
Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, la Lega Italiana Calcio Professionistico con il patrocinio
dell’Avv. Lorenzo Lentini e la Società Matera Calcio Srl con il patrocinio dell’Avv. Domenico
Zinnari.
La FIGC ha eccepito in primo luogo l’inammissibilità del ricorso in quanto il petitum si
sostanzierebbe in un richiesta di sanzioni disciplinari per la Società Matera Calcio non
sanzionate dalla Procura Federale, in palese violazione del principio secondo il quale l’azione
disciplinare, nell’ordinamento Federale, è prerogativa dell’organo requirente (il Procuratore
Federale), ampiamente argomentando in ordine al motivo di inammissibilità sopra esposto. Ha
sostenuto, inoltre, l’inammissibilità della domanda per l’estrema genericità della stessa e
l’infondatezza nel merito in quanto non risulterebbero pendenti posizioni passibili di sanzioni
relative alla Società Matera Calcio Srl.
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La Lega Italiana Calcio Professionistico ha evidenziato che, contrariamente a quanto
sostenuto da parte ricorrente, la classifica finale del girone C della Serie C è stata
regolarmente pubblicata in data 27 giugno 2018. Nel merito ha escluso ogni possibile
responsabilità della Lega Pro in ordine alla mancata verifica di eventuali obblighi in capo alla
Società Matera Calcio, nonché l’inammissibilità del ricorso in quanto finalizzato ad ottenere la
reintegra nel Campionato di Serie C e, inoltre, in quanto l’azione disciplinare è riservata al
Procuratore Federale; ha eccepito, inoltre la genericità dei motivi di ricorso, nonchè
l’infondatezza del ricorso stesso in quanto, pur a voler ritenere sanzionabili le condotte
contestate dalla ricorrente, i punti di penalizzazione da infliggere sarebbero comunque
irrilevanti sull’esito finale del campionato.
Il Matera Calcio ha eccepito in primo luogo la tardività del ricorso atteso che nello stesso non
è stata indicata la data di conoscenza dell’atto ritenuto lesivo della situazione giuridica che la
ricorrente intende tutelare.
Nel merito ha eccepito l’infondatezza del ricorso, essendo la Società già stata sanzionata per
il mancato pagamento degli emolumenti; ha, inoltre, evidenziato che eventuali omessi
pagamenti relativi al quinto bimestre ed al sesto bimestre comporterebbero l’applicazione
della sanzione di almeno due punti di squalifica nella stagione sportiva successiva al quinto
bimestre o sesto bimestre stessi. Ha, inoltre, sostenuto l’assenza di alcun interesse
giuridicamente protetto in capo all’odierno ricorrente e l’impossibilità di applicare la sanzione
della retrocessione, non prevista per i casi in questione.
Con riferimento agli incentivi all’esodo, inoltre, la difesa della Società ha chiarito che alcuna
contestazione è stata mossa in tal senso dagli organi di controllo al momento della verifica
del corretto adempimento degli obblighi afferenti i criteri legali ed economico-finanziari per
l’ottenimento della licenza nazionale valida per la corrente stagione sportiva.
Con riferimento, poi, al presunto mancato inadempimento dei pagamenti previsti nei lodi
arbitrali, la resistente ha evidenziato che, per i tesserati Iannini e Bifulco il lodo è stato
emesso in data 20 luglio 2018, mentre, per i lodi relativi ai calciatori Urso, Stendardo, Giovinco
e De Almeida, depositati nel giugno 2018, ha fatto presente che gli stessi sono stati
impugnati al Tribunale di Firenze e, pertanto, non trattandosi di lite temeraria, al momento il
mancato adempimento non può essere oggetto di sanzioni di carattere disciplinare.
Alle ore 18.40 dell’1 agosto u.s. la Società ricorrente ha presentato istanza di riunione fra
l’odierna causa e quelle promosse dai Sigg.ri Bifulco, Giovinco, Urso, Mariano de Almeida e
Strambelli sopra indicate, in ragione della sostenuta sussistenza di connessione oggettiva
fra i ricorsi.
Il dibattimento
All’odierna udienza, presenti i difensori delle parti, a seguito dell’opposizione alla riunione dei
procedimenti da parte dei legali delle parti resistenti, il Tribunale ha rigettato l’istanza di
riunione.
L’Avv. Di Cintio ha chiarito che la data di conoscenza dei fatti è da ricondursi all’11 luglio 2018,
giorno in cui il Presidente p.t. della Società assistita ha avuto conoscenza del fatto che i
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tesserati sopra indicati hanno comunicato al Commissario della FIGC le inadempienze della
Società Matera Calcio Srl.
Nel merito ha insistito sulla piena applicabilità dell’art. 30 CGS CONI anche ai procedimenti di
natura disciplinare e pertanto, a seguito di richiesta del Presidente, ha formulato la richiesta
sanzionatoria nei confronti della Società Matera calcio Srl di 4 punti di penalizzazione oltre
all’applicazione della recidiva, da scontarsi nella stagione sportiva 2017/2018, precisando,
inoltre, in risposta alle argomentazioni difensive del Materia Calcio Srl che solo alcuni dei lodi
arbitrali oggetto di contestazione risultano impugnati.
L’Avv. Sticchi Damiani in rappresentanza della Società Matera Calcio Srl, ha ribadito quanto
sostenuto nella memoria difensiva.
Anche il legale della Lega Nazionale Professionisti si è riportato alla memoria difensiva.
L’Avv. Mazzarelli, in rappresentanza della FIGC, ha contestato la legittimazione ad agire della
Società ricorrente in quanto, da un esame approfondito della situazione giuridica della stessa,
è emerso che la Società odierna ricorrente è nata dalla fusione fra la FC Aprilia SSD ARL e la
SS Racing Club Fondi. In ossequio all’art. 20, comma 5 della NOIF FIGC la nuova Società
dovrebbe acquisire l’anzianità di affiliazione della Società affiliatasi per prima che, in tal caso è
la Società Aprilia SSD ARL e non già la SS Racing Club Fondi. Pertanto, la Società ricorrente,
avendo acquisito l’anzianità di affiliazione della Società militante nella Serie D, non avrebbe
alcuna legittimazione attiva a ricorrere. L’Avv. Medugno, ha, invece, ribadito i motivi di
inammissibilità già proposti nelle memorie difensive.
La difesa della FIGC ha, inoltre, chiesto di poter depositare, a comprova di quanto sostenuto, i
report dell’anagrafe federale S400 delle Società FC Aprilia SSD ARL e della SS Racing Club
Fondi.
L’Avv. Di Cintio si è opposto alla richiesta formulata dalla FIGC e ha precisato che i punti di
penalizzazione da irrogare, in applicazione concreta della richiesta precedentemente
formulata, sono complessivamente tredici.
Il Collegio, pertanto, a seguito dell’opposizione formulata dal legale della FC Aprilia Racing Club
Srl non ha ammesso il deposito della documentazione.
I motivi della decisione
Esaminati gli atti di causa, il Collegio ritiene che il ricorso sia inammissibile per i motivi che si
espongono.
Con il presente ricorso la FC Aprilia Racing Club Srl chiede a questo Tribunale l’applicazione di
sanzioni disciplinari adeguate, meglio poi specificate in sede dibattimentale, per presunte
violazioni della Società Matera Calcio Srl in materia di mancati pagamenti di incentivi all’esodo
e di mancati pagamenti di somme in esecuzione di lodi arbitrali nei confronti di propri
tesserati, ricorrendo allo strumento giuridico del ricorso ex art. 30 del CGS CONI.
Orbene, il Collegio, pur riconoscendo che l’art. 30 del CGS CONI sia norma residuale e di
chiusura che, pertanto, in assenza di ulteriore strumento giuridico idoneo ed efficace
attribuisce la facoltà di ricorrere al Tribunale Federale per tutti i portatori di situazioni
giuridicamente protette nell’ordinamento sportivo, de iure condendo, ritiene che il ricorso non
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possa essere utilizzato per l’esercizio di un potere che l’ordinamento giuridico sportivo non
attribuisce ai singoli soggetti ed ai singoli tesserati.
Val la pena di ricordare che, proprio in tema di azione disciplinare il Collegio di Garanzia del
CONI, in sede consultiva, ha chiarito che “….La potestà disciplinare nei confronti di “tesserati,
affiliati e degli altri soggetti secondo le norme di ciascuna Federazione” (art. 44, comma 1, CGS
del CONI), rappresenta un mezzo importante ed imparziale di autoregolamentazione interna
delle condotte patologiche che si realizzano nel “micro-ordinamento” di appartenenza, in
presenza di condotte senz’altro ostative al corretto raggiungimento dei fini istituzionali
dell’Ente. La condotta non conforme a siffatte regole, fermo restando le eventuali concorrenti
responsabilità “generali” (penale, civile, amministrativa, artt. 49 e 56 CGS), origina reazioni
interne, espressive della potestà disciplinare di cui al micro-ordinamento di appartenenza. La
funzione che persegue la sanzione disciplinare è, in quest’ottica, quella di prevenire,
dissuadere e, nel contempo, sanzionare, dall’interno, violazioni di regole che rappresentano i
pilastri su cui si fonda l’ordinamento sportivo. Né la violazione di siffatte regole di condotta
interessa esclusivamente l’ordinamento di appartenenza. Nella loro più intima radice esse
non sono un mero strumento di garanzia del mantenimento dell’ordine interno, ma assumono
un respiro più generale in considerazione della rilevanza “esterna” dell’azione svolta dall’Ente
di riferimento. A conferma della proiezione che assumono le regole di condotta valga addurre
l’esempio della P.A. ove tale potere riposa sul principio di buon andamento della
amministrazione (art. 97 Cost.) e sul conseguenziale rapporto di supremazia speciale del
datore pubblico presentando qui, attesa la specialità del rapporto, una connotazione
fortemente autoritaria, inevitabilmente influenzata da un diritto penale la cui pervasività si è
tuttavia – di recente e con la privatizzazione del pubblico impiego – ampiamente attenuata……
A dispetto del suo presentarsi come generica manifestazione del potere punitivo di chi ha il
compito di organizzare il lavoro altrui per il perseguimento di un interesse pubblico o privato,
l’esercizio del potere disciplinare finisce, dunque, con il riflettere le peculiarità
dell’ordinamento di riferimento, senza che possa immaginarsi un unico “modello” disciplinare
cui attingere. Pur nell’unicità dell’obiettivo da perseguire, e in presenza di un nucleo di principi
comuni che caratterizzano tutte le tipologie di procedimento disciplinare, i sistemi disciplinari
interni, quindi, inevitabilmente mutano (in considerazione degli scopi che l’ordinamento di
riferimento si prefigge), rendendone difficile una reductio ad unitatem. Ciononostante, e sia
pur con talune eccezioni rinvenibili nella peculiarità dei singoli ordinamenti, taluni principi
generali esistono e connotano il procedimento disciplinare. Questi possono individuarsi in
quelli a) dell’obbligatorietà dell’azione disciplinare e della segnalazione disciplinare; b) del
principio della proporzionalità e gradualità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti
commessi nonché del divieto di automatismo sanzionatorio che, altrimenti, finirebbe con il
negare in nuce la funzione stessa della norma disciplinare; c) del principio di parità di
trattamento; d) della tempestività dell’azione disciplinare, al fine di garantire sia l’effettività
del diritto di difesa dell’incolpato (dal momento che, minore è il lasso di tempo tra la
commissione della presunta infrazione ed il procedimento disciplinare, maggiore è la
possibilità per l’incolpato di reperire valide argomentazioni difensive e prove di supporto), sia
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la funzione deterrente del procedimento; e) della natura tassativa delle sanzioni; f) del
contraddittorio procedimentale; g) della trasparenza del procedimento; h) della corrispondenza
tra contestazione degli addebiti e fatti sanzionati nel provvedimento punitivo finale. In tale
ambito, secondo i principi che ispirano la disciplina del “patrimonio costituzionale comune”
vanno garantiti all’interessato alcuni essenziali strumenti di difesa, quali la conoscenza degli
atti che lo riguardano, la partecipazione alla formazione dei medesimi e la facoltà di
contestarne il fondamento e di difendersi dagli addebiti (cfr. C. Cost. 4607 2000 e nn. 505 e
126/1995). Nello stesso senso, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia delle
Comunità Europee, il diritto di difesa impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in
maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il loro
punto di vista (Corte di Giustizia, sentenza 24 ottobre 1996, C-32/95 P., Commissione
Comunità europea c. Lisrestal). A questi principi non fa eccezione, ovviamente, il
procedimento disciplinare sportivo seppure con gli adattamenti necessari a dare conto della
specificità dell’ordinamento. L’analisi della regola di dettaglio consente, dunque, di cogliere lo
spirito con cui il legislatore sportivo si è mosso nel disegnare il procedimento disciplinare. È,
in altri termini, il modo in cui si sviluppa il procedimento che concorre a definirne la natura
amministrativa oppure giurisdizionale, incidendo altresì sulla natura dell’atto da assumere
(provvedimento con carattere sanzionatorio, sentenza/decisione etc.), con tutte le relative
conseguenze che ne discendono. Orbene, ciò che appare evidente da una lettura sistematica
delle norme contenute nel Codice è lo sforzo di circondare il procedimento disciplinare di una
serie di garanzie processuali nel tentativo di conciliare tutela della persona e quell’esigenza di
corretto raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente, cui si è fatto riferimento. Così, per un
verso, tutto l’impianto del procedimento disciplinare si gioca sulla obbligatorietà e non mera
discrezionalità dell’azione disciplinare. Emblematica, in tal senso, la previsione di cui all’art. 44,
comma 1 e 3, CGS in cui la necessità di non mettere in discussione esigenze di certezza del
diritto e di parità di trattamento traspare da un ordito normativo inequivocabile nel senso della
obbligatorietà dell’azione penale. Per l’altro, quelle esigenze di tutela della persona cui si
faceva riferimento si trovano riflesse nella tempestività dell’azione, nonché nella definizione di
termini molto brevi per la conclusione dell’iter punitivo, come si desume dalle regole che
disciplinano l’attivazione della procedura di deferimento, così come lo svolgersi delle fasi
processuali (artt. 32 ss. e art. 44, comma 4, CGS). Laddove il rimedio all’inerzia o al protrarsi
delle indagini, sempre nella consapevolezza che il provvedimento disciplinare sportivo rischia
di incidere pesantemente sulla posizione giuridica della persona (specie se atleta), trova
riscontro in un regime della prescrizione che ancora il dies a quo al “giorno in cui occorre il
fatto disciplinarmente rilevante” (art. 45, comma 2). Ma v’è più. La peculiarità del
procedimento disciplinare sportivo che, qui si lascia ispirare dalla corrispondente e
complessa struttura statale, è suffragata da una serie di “paradigmi” il cui carattere
fortemente giurisdizionale non può essere negato: dalla iscrizione delle notizie nell’apposito
registro di cui all’art. 53 (art. 47) alla terzietà decisoria dell’organo giudicante, dalla difesa
tramite avvocati (art. 27, comma 2), alla previsione di cui agli artt. 28 e 48 (patteggiamento a
seguito di deferimento oppure senza incolpazione) alla possibile previsione di misure
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cautelari (art. 33 CGS), dall’intervento del terzo (art. 34) ai meccanismi di assunzione delle
prove (art. 36). Vero è che, per la fase a monte del procedimento disciplinare in senso stretto
– ovvero per quelle indagini preliminari tese ad apprezzare la reale esistenza di fatti aventi gli
estremi per essere qualificati illeciti disciplinari (es. attività di accertamento del Procuratore
Federale) ma in cui non si hanno prove di rango giurisdizionale proprio poiché tali elementi
sono frutto di una iniziativa di parte spesso priva del contributo (spontaneo e consapevole)
dell’indagato – la connotazione amministrativa è più pertinente. Del pari indubbio che, sul
piano applicativo, siffatti aspetti inducono semmai a ritenere che il procedimento disciplinare
sportivo presenti una natura atipica che, nondimeno, in pratica, (non diversamente da quanto
accade per il procedimento disciplinare dei magistrati di cui al d.lgs. n. 109 del 2006), finisce
con l’assumere, per le ragioni dette, connotati più simili a quelli giurisdizionali che non
amministrativi. Né ciò deve sorprendere ove si consideri che, principio ispiratore della riforma
del Codice – anche al netto delle modifiche apportate nel dicembre 2015 – risulta essere
quello della giurisdizionalizzazione del procedimento. Del resto, e questa volta da un punto di
vista meramente testuale, già dall’art. 2, comma 6, CGS è possibile cogliere la linea lungo la
quale si è indirizzato il legislatore sportivo. Il rinvio “per quanto non disciplinato, gli organi di
giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile”
conferma della natura giurisdizionale del processo sportivo e cioè della volontà di attrarre il
procedimento alle garanzie sostanziali dell’attività giurisdizionale. Lo stesso ricorso al termine
“reclamo” quale mezzo per impugnare le decisioni del Tribunale Federale è manifestazione, in
quest’ottica, di una logica più vicino alla giurisdizione che al procedimento amministrativo. Né
la contaminazione di altri linguaggi e di altre epifanie, senza dubbio presenti nel Codice, il
fatto – vale a dire – che si parli di indagini, deferimento etc. è da esasperare, attribuendovi
una valenza che ecceda quella della semplice attenzione ad una terminologia eccentrica
rispetto agli obiettivi che si prefigge il Codice, trattandosi di una inevitabile circolazione di
singoli istituti più che di una “attrazione” ad altri ambiti ordinamentali. Sgomberato il campo
dagli equivoci che può generare la qualificazione della natura giuridica del procedimento
disciplinare sportivo, e precisato che esso ha profili strutturali e funzionali del tutto atipici e
peculiari, è anche vero che la questione della definizione della natura del procedimento de quo
risulta attenuato dalla compiuta regolamentazione normativa del procedimento che si rinviene
negli artt. 27-48, come completata dai poteri di attivazione ex officio del giudice sportivo (ex
art. 14 CGS)”. (Collegio di Garanzia CONI, Sez. Cons. par. 16 marzo 2016, n. 1).
Orbene, proprio le contrapposte esigenze sottese a siffatto complesso meccanismo
sanzionatorio, a cui si può giungere solo a seguito dell’espletamento di un procedimento
estremamente tipizzato, volto a contemperare le esigenze di tutela dell’ordinamento da
comportamenti devianti e quelle di difesa, hanno condotto il legislatore sportivo ad affidare
l’esclusività dell’azione disciplinare ad un organo terzo ed imparziale, portatore di interessi
generali, vale a dire la Procura Federale.
Tale principio è chiaramente sancito sia dall’art. 44 del CGS CONI, che dall’art. 32 ter del CGS
FIGC nella parte in cui dispongono che il Procuratore Federale esercita in via esclusiva l’azione
disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati quando non
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sussistono i presupposti per l’archiviazione. Lo stesso ordinamento riconosce, inoltre ai
tesserati la possibilità di segnalare l’apertura di un fascicolo di indagine, nonché specifiche
disposizioni a chiusura del sistema così delineato, quali quella, appunto, prevista dall’art. 51
comma 4 del CGS CONI, nonché il potere di avocazione della Procura Generale dello Sport
previsto dall’art. 12 ter, comma 4 dello Statuto del CONI.
L’esclusività dell’azione disciplinare è stata anche ribadita dal Collegio di Garanzia in una
recentissima pronuncia liddove ha statuito che “….In proposito l’art. 44 del Codice della
Giustizia Sportiva del CONI assegna alla Procura Federale presso ciascuna Federazione il
potere di “esercitare in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti dei tesserati, affiliati e
degli altri soggetti legittimati secondo le norme di ciascuna Federazione”. Quindi, il Codice
della Giustizia Sportiva ha riconosciuto il potere di esercitare l’azione disciplinare in via
esclusiva al Procuratore Federale con chiaro riferimento al momento di avvio del procedimento
disciplinare, allorché, ricorrendo i presupposti stabiliti dallo stesso art. 44 CGS, si perviene al
deferimento e, quindi, all’instaurazione del giudizio di primo grado….” (Collegio di Garanzia
CONI, Sez. IV del 23 aprile 2018, n. 21).
Riconoscere ai singoli tesserati la possibilità di aggirare tale complesso iter procedimentale
che, solo a seguito di specifica contestazione degli addebiti, sfocia in un atto di deferimento
che deve contenere nello specifico le violazioni censurate, le condotte ritenute lesive e le
norme violate, significherebbe creare un irrimediabile vulnus delle ordinarie regole difensive e
delle garanzie che lo stesso ordinamento sportivo pone a tutela dei propri tesserati; non
senza considerare che, in tal modo, come anche osservato dalla difesa della FIGC, ai tesserati
sanzionati verrebbe preclusa la possibilità di applicare istituti giuridici quali il cd
patteggiamento ante causam ovvero in corso di giudizio.
Non v’è chi non veda, inoltre, la palese antinomia che si verrebbe a creare nel caso di specie –
qualora si ritenesse ammissibile l’attivazione della sanzione disciplinare su ricorso di parte –
liddove si chiede di sanzionare a titolo di responsabilità diretta la sola Società Matera Calcio
Srl per effetto di comportamenti dei propri dirigenti, neanche convenuti nel presente giudizio
e, quindi, impossibilitati a difendersi.
Sotto altro profilo, in aggiunta alle considerazioni sopra formulate, va evidenziato che il
proposto ricorso:
– si appalesa comunque estremamente generico in quanto fondato su generiche
“indiscrezioni”, per effetto delle quali si chiede, poi, al Tribunale, di procedere, a seguito di
eventuale attività istruttoria, alla valutazione dei fatti alla luce degli atti acquisendi, pur nella
oggettiva consapevolezza che il Tribunale Federale non può in alcun modo sostituirsi
all’attività inquirente nella ricerca della prova e requirente nell’individuazione delle fattispecie
illecite;
– non specifica i criteri in base ai quali applicare la sanzione richiesta in quanto la
retrocessione richiesta in ricorso non è prevista fra le sanzioni applicabili ai casi di specie ed
anche la richiesta formulata in dibattimento, vale a dire tredici punti di penalizzazione, non
individua alcun parametro, se non estremamente generico, in base al quale applicare la
predetta sanzione;
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– non contiene alcun elemento utile a valutare la legittimazione attiva del soggetto ricorrente
(a fronte dell’eccezione formulata in udienza dai legali della FIGC la difesa della FC Aprilia
Racing Club non ha nulla controdedotto limitandosi ad opporsi al deposito della
documentazione, sebbene sia onere di parte ricorrente dimostrare il proprio interesse
concreto ed attuale a ricorrere);
– richiede l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 18, comma 1 lett. g), vale a dire la
penalizzazione di punti in classifica da scontare nella stagione precedente a quella
attualmente in corso, in palese violazione della stessa disposizione codicistica (vedasi al
riguardo le decisioni di questo Tribunale, Com. Uff. nn. 9/TFN-SD e 10/TFN-SD s.s. 2018-19).
P.Q.M.
Il Tribunale Nazionale Federale – Sezione Disciplinare dichiara inammissibile il ricorso.
Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
Praticamente gli avv. del Fondi(Aprilia) sono stati ridicolizzati! Se fossi il proprietario di questo club chiederei i danni agli avvocati! Hanno voluto arrampicarsi sugli specchi e ne sono usciti malissimo! Proprio una pessima figura! E ora tutti allo stadio! Forza Matera!
Sui ricorsi presentati da Bifulco, Iannini e Strambelli stenderei un velo pietoso….A questi giocatori chiederei se hanno la coscienza a posto in merito ad alcune loro prestazioni….Caro Bifulco te li ricordi i 5 gol presi in casa con il Foggia? Sei proprio sicuro che…è stata solo una giornata storta?
Se ricordo quel periodo mi vengono cattivi pensieri…….e’ vero che la palla é rotonda però certe amnesie di qualcuno ( ai nomi già fatti aggiungerei anche Carretta) non riesco a spiegarmeli ancora oggi!!! O forse il ns.Columella non voleva andare in B per mancanza di soldi?? Anche se in questi anni abbiamo visto finalmente un ottimo calcio, penso che alla lunga sia meglio che a guidare il Matera ci sia gente seria!!!!