Sud tradito o traditore? Intere biblioteche non svelerebbero l’arcano ma forse in questo caso la via di mezzo è quella giusta. Da una parte vi sono sprechi, ruberie, incapacità cronica a sfruttare quello che abbiamo (turismo, cultura, ambiente), dall’altra investimenti pubblici promessi e che non arrivano o che arrivano per finanziare opere inutili o l’ennesima revisione prezzi. O forse –viene il sospetto- è più giusto dire che l’assenza o la pochezza (a libera scelta del lettore) di una classe dirigente capace di comprendere prima e sostenere poi le vere emergenze del Mezzogiorno, ha stravolto la geografia delle aree dove si investe per promuovere lo sviluppo.
Un eccellente libro dell’economista Gianfranco Viesti, “Mezzogiorno a tradimento” (Laterza, 2009), spiega benissimo quello che sta avvenendo da una decina d’anni a questa parte: con la fine della Cassa per il Mezzogiorno si era deciso di passare dalla logica degli incentivi a pioggia alle imprese a quella della promozione del territorio. Il ragionamento era semplice: è quasi inutile dare contributi a fondo perduto alle imprese, sperando che poi queste possano creare effetti positivi sul contesto in termini di occupazione e crescita economica e sociale. E’ meglio (questa la ratio della “Nuova Programmazione” di cui è stato fautore Carlo Azeglio Ciampi) puntare sulla crescita del “contesto”, cioè incrementare le infrastrutture, migliorare le condizioni di legalità, favorire la formazione professionale e la ricerca nelle aree arretrate del Sud. Per cambiare registro bisognava, perciò, puntare a fortissimi investimenti in infrastrutture materiali (strade, ferrovie, porti etc.) ed immateriali (scuole, università etc.).
Tutti d’accordo, dunque.
Solo che quello che doveva accadere non è accaduto: alle imprese si è continuato a dare incentivi, (un modus operandi -spiega Viesti- ad alta “redditività politica”), al territorio poche risorse, dirottate per la maggior parte nelle regioni del Centro-Nord.
Certo, ci sarebbe l’Europa a presidiare il campo.
Ma così non è stato e il perché lo svela l’economista: l’Italia con uno stratagemma dal 2003 è riuscita a ridurre anziché aumentare la spesa per investimenti, specie nel Mezzogiorno. Come? Il giochetto è semplice: l’Unione Europea dà fondi strutturali ai paesi ma pretende –giustamente- che alle risorse europee si aggiungano quelle ordinarie. Bene, lo stato italiano è riuscito ad abbassare la quota addizionale a proprio carico, ma non sempre ha impiegato quel risparmio per effettuare investimenti aggiuntivi nel Mezzogiorno, dove ce n’è un bisogno assoluto.
Dunque i soldi europei sono stati spesi in “sostituzione” e non “in aggiunta” a quelli che doveva spendere l’Italia.
Le attese sono state in gran parte tradite, altro che stereotipi sul Sud parassita e improduttivo che succhia risorse al Nord e le sperpera tra mille rivoli inconcludenti, quando non li dà alla criminalità organizzata.
Poi ci sono le misure concrete già attuate, qualche non insignificante passo avanti compiuto negli ultimi anni. Ma vi sono anche le Regioni a ruota libera, cioè ognuno per sé a programmarsi il suo sviluppo e le sue infrastrutture senza guardare a cosa faceva il vicino e magari pensare a qualche progetto di ampio respiro.
C’è poi –dice Viesti- il ritardo di una pubblica amministrazione da ringiovanire e potenziare con le migliori intelligenze oggi disponibili.
E poi, in cima, c’è, anzi non c’è, la politica, quella che non si sa bene in tutti i partiti se si rende conto di una situazione sempre più drammatica e ad alto potenziale di disfacimento sociale, tutta presa com’è dal federalismo fiscale prossimo venturo.
“La questione meridionale –conclude il suo libro Viesti- è oggi tutta politica. Perché si intreccia inestricabilmente…con il riemergere di forze politiche, su entrambi gli schieramenti, capaci di perseguire un interesse nazionale, di guardare lontano, di progettare e costruire un paese diverso e migliore, per tutti. L’alternativa, se la politica continuerà a non esserci, è quella di restare un paese a metà: non solo diviso al suo interno ma anche dimezzato nella sua capacità di sviluppo”.
Se il Sud cresce, cresce l’Italia, se si guarda (e si investe prevalentemente) dall’altra parte, noi rimaniamo indietro e così tutto il carrozzone.
Meridionalisti cercansi.
(Mezzogiorno a tradimento: il Nord, il Sud e la politica che non c’è” di Gianfranco Viesti –Laterza 2009).
Servizio di Eustachio Marcosano