Il Parco Archeologico di Santa Maria di Merino a Vieste – l’area archeologica degli ipogei e della necropoli paleocristiana della “Salata“ –tornato alla pubblica fruizione solo di recente è il sito archeologico del Sud dell’estate 2018. L’ha deciso il Centro Studi Turistici Thalia (a cui aderiscono tra gli altri Confcommercio-Confturismo, Federalberghi, Ada, Distretto Turistico Terre di Aristeo) che promuove il Premio Thalia (dal nome della musa greca dell’ospitalità), con il patrocinio di Apt Basilicata e Camera di Commercio di Potenza, per quanti svolgono attività a favore del turismo lucano.
La riapertura del sito inserita nel progetto “Vieste, una miniera di Cultura“ che fa riferimento all’“Anno Europeo del Patrimonio Culturale“, nel quale il MIBAC ha inserito Vieste – si sottolinea nella nota – è stata possibile grazie al sapiente lavoro di recupero dell’ Area Patrimonio archeologico Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta – Andria – Trani e Foggia, in sinergia con l’Amministrazione Comunale di Vieste.
Costituito da oltre 300 tombe scavate interamente nella roccia, in grotte naturali, il complesso cimiteriale paleocristiano del III-IV sec. d.C., è costituito da tombe terragne, parietali, ad arcosolio e da un unico e raro esempio di tomba a baldacchino. Ma la sua bellezza non è solo di natura archeologica. La necropoli, che si estende su un’area di 6000 mq, è immersa in un suggestivo scenario naturale fatto di macchia mediterranea e due sorgenti carsiche, all’interno delle quali vivono indisturbate tartarughe, anguille e rane.
Un piccolo angolo di paradiso dal punto di vista naturalistico ed una vasta area di necropoli paleocristiane dall’immenso valore storico e archeologico; basti pensare che nell’ipogeo a si trova un tipo di tomba detta “a baldacchino” unica nella penisola( ce n’è solo un’altra a Malta).
Il complesso archeologico di Merino si trova a 7 chilometri dal centro abitato di Vieste e copre un’ampia zona conosciuta come villa romana di Merino. Il Santuario di Santa Maria di Merino domina l’area ed è un pregevole esempio di chiesa rupestre che ha molti aspetti in comune con le antiche masserie. La parte centrale del santuario si innesta sui residui muri di una antica villa romana ed è circondata dai resti archeologici mentre le altre cappelle sono state costruite successivamente . La villa era probabilmente un’azienda agricola finalizzata alla produzione di vino e olio e fu edificata nel I secolo d.C. restando in attività fino al secolo X quando la zona diventò molto pericolosa soprattutto per via delle incursioni saracene. In quell’epoca la popolazione del villaggio si spostò nell’area dell’attuale città di Vieste protetta dalle mura e quindi più sicura.
Il C.S. Thalia sottolinea la “best practice”di Vieste per l’intero patrimonio archeologico e culturale meridionale grazie all’impegno, alla passione, alla dedizione del team dell’’Area Patrimonio archeologico Soprintendenza (sede Foggia) coordinato dal funzionario archeologo dott. Italo M. Muntini e composto tra gli altri dal dott. Feliciano Stoico, guida eccezionale per la visita al Parco, e la dott. Donatella Pìan, in qualità di funzionario archeologo di zona.