Lo studio che il nostro Servizio Politiche Previdenziali ha realizzato sull’analisi delle conseguenze per alcune categorie di lavoratori dell’introduzione nel sistema pensionistico della cosiddetta “quota 100” è uno strumento di informazione importante per i tanti lavoratori lucani che, subito dopo la pausa feriale, hanno ripreso a rivolgersi agli uffici della Uil Pensionati, del Patronato Ital e alle sedi della Uil. E’ quanto sostengono in una nota congiunta Uil Pensionati e Uil Basilicata. Il susseguirsi di voci, ipotesi, interpretazioni e contrapposizioni – è scritto nella nota – sta producendo preoccupazioni ed allarmismi e rischia di generare incomprensioni le cui conseguenze sociali potrebbero essere davvero preoccupanti. Per questa ragione abbiamo sollecitato il Governo a convocare i sindacati e fare chiarezza sulle reali intenzioni.
“L’ipotesi annunciata di voler introdurre “quota 100” per essere davvero utile ed efficace, non deve essere sostitutiva della conferma dell’Ape sociale, misura che tutela i lavoratori in condizioni di grave difficoltà. Con quota 100, infatti, questi lavoratori vedrebbero peggiorata la propria situazione, con un ritardo di accesso alle pensioni che può arrivare fino a 4 anni, nel caso di disoccupati e di lavoratrici madri che dovranno attendere la pensione di vecchiaia a 67 anni. Ritardo, poi, che sarebbe ulteriormente aggravato dall’introduzione di requisiti elevati come l’età minima necessaria a 64 anni o un’anzianità contributiva che non tiene pienamente conto di tutti i contributi maturati dai lavoratori, con un’inaccettabile penalizzazione per le donne e per le aree più deboli del Paese. Con gli attuali criteri per accedere all’Ape sociale chi si trova in stato di disoccupazione, chi assiste un familiare disabile e i lavoratori con gravi disabilità possono, dallo scorso anno, accedere a questa misura con “quota 93”, quindi con un notevole anticipo rispetto a un’ipotetica “quota 100”, mentre chisvolge mansioni gravose può accedere all’Ape sociale con “quota 99”, già a partire dall’età di 63 anni. Alla luce di questi dati, “quota 100”, se non attentamente studiata e precisata, non solo “non smonta la Fornero”, ma peggiora quanto di buono fatto negli ultimi due anni per reintrodurre un principio di flessibilità nel nostro sistema pensionistico
Per la UIL la via maestra, se si vuole veramente continuare a cambiare la Fornero, è quella di estendere l’accesso alla pensione intorno ai 63 anni per tutti i lavoratori e per tutte le lavoratrici. Per affrontare questi temi ed evitare grossolani errori, a fine luglio, la UIL insieme alla Cisl e alla Cgil, ha chiesto formalmente un incontro al Ministro del Lavoro che speriamo trovi una risposta positiva al più presto”.
Confronto ape sociale quota 100
Abbiamo di seguito elencato alcuni esempi dell’effetto che l’introduzione di “quota 100” potrebbe avere su chi al momento ha diritto all’Ape sociale.
Nei seguenti esempi abbiamo ipotizzato “quota 100” raggiungibile con almeno 64 anni di età e 36 anni di anzianità contributiva.
Esempi:
LAVORATORE DISOCCUPATO. Un lavoratore disoccupato di 63 anni, oggi, potrebbe accedere all’Ape sociale con 30 anni di contribuzione maturata. Con “quota 100”, ipotizzando che non riesca a trovare un altro lavoro, questa persona rimarrebbe senza tutele fino al compimento dei 67 anni, l’età della pensione di vecchiaia.
LAVORATORE DISABILE O CHE ASSISTE FAMILIARI DISABILI Un lavoratore con una disabilità o che assiste un familiare disabile, oggi, potrebbe accedere all’Ape sociale con 30 anni di contribuzione maturata a 63 anni di età. Con l’introduzione di “quota 100” dovrebbe lavorare ancora per altri 3 anni e 6 mesi, fino al compimento di 66 anni e 6 mesi per arrivare a quota 100, con un anticipo sulla pensione di vecchiaia attuale di soli 6 mesi.
LAVORATORE CHE SVOLGE MANSIONI GRAVOSE Un lavoratore che svolge mansioni gravose, oggi, potrebbe accedere all’Ape sociale a 63 anni con 36 anni di contributi, “quota 99”.Con l’introduzione di “quota 100” dovrebbe attendere almeno un anno o per il compimento dei 64 anni di età o per la maturazione di un altro anno di anzianità contributiva.
LAVORATRICI MADRI Le lavoratrici madri, oggi, possono ridurre di 2 anni la quota di accesso per L’Ape sociale. la differenza con “quota 100” inciderebbe, quindi, in modo più grave su di loro rendendo più conveniente il pensionamento con l’età di vecchiaia a 67 anni.
Sarebbe auspicabile una proroga dell’Ape Sociale e l’istituzione della quota “100”, senza penalizzazioni e senza calcolo di pensione con il sistema interamente contributivo, per allargare la platea di coloro, sia nel privato che nel pubblico, che vorranno andare in pensione nel prossimo futuro.
A seguito di ciò sarebbe, altresì, auspicabile un impegno legislativo per un vero e serio ricambio generazionale.