I Comitati antinucleari pugliesi-lucani e i cobas organizzano una due giorni a Nova Siri il 22 e 23 settembre a 40 anni dal primo campeggio antinucleare dell’agosto del 1978. Di seguito il manifesto dell’iniziativa dei comitati antinucleari pugliesi-lucani e dei Cobas.
Le cronache quotidiane italiane sono piene di notizie che riguardano la devastazione del territorio. Che si tratti di grandi opere, di incuria o speculazione, non passa giorno in cui non si abbia notizia di un’alluvione, di un crollo o di una contaminazione dovuti ad attività antropico-industriali che mettono a rischio la salute collettiva ed ambientale.
La memoria storica è uno strumento indispensabile per le attuali e future generazioni, per la continuità politica delle lotte e delle conquiste.
Lungi dal voler significare un mero ricordo di quel periodo storico, la due giorni di Nova Siri intende invece, senza pretese, affermare l’attualità di quelle lotte.
Il movimento antinucleare ha radici profonde; esso fu il primo a spostare negli anni ‘70 l’attenzione a livello internazionale sul nesso esistente tra l’uso del territorio e lo sfruttamento dell’energia, tra le logiche del profitto e quelle dello sviluppo. La “due giorni di Nova Siri” vuole dare un contributo in questa direzione a 40 anni dal primo campeggio antinucleare in Basilicata che, insieme a Montalto di Castro, aprì di fatto la stagione delle lotte contro le centrali nucleari costruite o da costruire.
La questione nucleare riveste un ruolo molto particolare. Essa interessa a largo spettro il campo militare, civile ed ambientale in genere. Basti pensare come il pressante mercato dell’energia renda completamente asserviti interi territori. L’energia padrona, spesso inutile per intere popolazioni, serve essenzialmente per alimentare discutibili processi produttivi, a loro volta fonti di disastri di ogni tipo: le mega discariche ne rappresentano l’esempio più eclatante.
La vittoria del primo referendum nell’87 ha permesso la chiusura delle centrali elettronucleari esistenti, un “limite sostanziale” al nucleare militare e continui anche se contraddittori cambiamenti dei programmi e dei progetti energetici. Nel 2003, la mobilitazione di Scanzano Jonico, in Basilicata, blocca la proposta berlusconiana della costruzione di un deposito nazionale di scorie nucleari. Successivamente, nel 2011 è stato vinto il secondo referendum, rispedendo al mittente gli interessi strategico-nazionali dei mega progetti berlusconiani per riprendere lo sfruttamento dell’energia nucleare. Quasi sicuramente Chernobyl e Fukushima… potrebbero non bastare!
Nel 2014 il governo renziano, pressato dalle normative europee, insiste sul progetto di un mega deposito nazionale di scorie radioattive; a distanza di quattro anni, però, tutto sembra apparentemente fermo, infatti, ad oggi, la Sogin non ha ancora pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI).
Inoltre non è dato sapere come l’attuale governo lega-stellato affronterà queste tematiche.
Non ci vuole molto a capire che non è solo un problema di “capacità e competenze”. Quando ci sono enormi interessi da tutelare, anche sovranazionali, e i dividendi delle multinazionali non sono ancora definiti, i territori e le popolazioni si troveranno a subire le liti dei potenti.
A quaranta anni di distanza dai primi campeggi antinucleare, il problema delle scorie nucleari non è stato ancora risolto. In Italia, quasi in tutte le regioni, sono presenti pseudo depositi provvisori di rifiuti radioattivi, compresi quelli di origine sanitaria. Gli stoccaggi più gravosi si trovano in Piemonte, in particolare a Saluggia, e in Basilicata nella Trisaia di Rotondella, proprio a due passi da Nova Siri. Da menzionare anche quelli fuori territorio nazionale, in Francia ed Inghilterra, con relativi costi per il riprocessamento, … e tutti quelli che … non è dato sapere.
Ad oggi in Italia rimane la beffa che grava sulla “cara bolletta elettrica” che contempla, ancora a distanza di 30 anni dalla loro chiusura, il costo delle centrali nucleari, aggiunto a quello per la loro messa in sicurezza. Lo stesso decomissioning risulta a tutt’ora irrealizzato dal carrozzone mangiasoldi Sogin, a cui è stata affidata anche la gestione del sospirato “deposito nazionale di scorie nucleari”. Questi costi insieme a quelli del fermo delle numerose centrali a olio combustibile+gas e agli incentivi destinati alle inquinanti centrali geotermiche e a biomasse ricadono sempre in bolletta.
Dalle servitù petrolchimiche, comprese le trivellazioni selvagge per mare e per terra, ai gasdotti transnazionali (Tap e East Med), dalla enorme diffusione di impianti eolici e fotovoltaici alla moltiplicazione delle discariche, dai ricatti occupazionali e di salute dei mega mostri industriali e lo sconvolgimento delle economie agricole autoctone, questa due giorni vuole essere un passo in avanti contro l’odierna strategia energetica fatta ancora di fonti fossili.
Pertanto invitiamo le popolazioni e i comitati che si oppongono all’energia padrona e alle grandi opere, a prendere parte attiva all’iniziativa del 22-23 settembre a Nova Siri, per costruire un fronte comune ed unire quelle forze capaci di incidere nella presente realtà come lo fu il vincente Movimento Antinucleare degli anni ’80.
Programma:
sabato 22 settembre: mattino ripresa della memoria storica delle battaglie antinucleari; pomeriggio attualità dei programmi nucleari civili e militari, con interventi dei comitati, con successivi filmati e mostre fotografiche del tempo;
domenica 23 settembre: interventi dei comitati presenti sulle varie vertenze territoriali per sviluppare battaglie future contro i combustibili fossili e l’attuale modello di sviluppo legato all’energia padrona,
Sono passati esattamente 40 ani da quando sulla fascia jonica le comunità si opposero all’ampliamento del sito itrec e di una ipotetica centrale nucleare sul Sinni e un deposito di scorie nucleari a Craco, poi ci fu Scanzano nel 2003 coinvolgendo in questa battaglia per la difesa del territorio e della propria esistenza ben tre generazioni.
Noscorie Trisaia