Grande impresa di Emanuele Andrisani all’Ironman di Cervia che si è svolto domenica 22 settembre.
L’Ironman, spiega il materano Angelo Rubino delegatoFitri di Basilicata, è una delle distanze standard del triathlon, sport caratterizzato dall’insieme di tre discipline, nuoto, ciclismo e corsa. Definita anche come distanza “super lungo” è la più dura competizione di tale sport, caratterizzata da 3,86 km di nuoto, 180,260 km in bicicletta e 42,195 km di corsa (cioè la distanza della maratona).
Le tre frazioni sono così divise: 3,860 km di nuoto (2,08 miglia nautiche), 180,260 km in bicicletta (112 miglia) e 42,195 km di corsa (26 miglia e 385 iarde). Gli Ironman si svolgono in tutto il mondo negli scenari più belli e suggestivi.
Emanuele Andrisani decrive la sua impresa così: “Dopo una notte insonne la sveglia suona alle 4, faccio colazione e mi avvio in zona cambio. Durante il tragitto vedo altri che come zombi si dirigono verso la partenza come attirati dalla musica che pian pianino si fa sempre più insistente ed il ritmo va in sintonia con il battito del tuo cuore. Ultimo controllo al mezzo meccanico attacco alla bici, le solite barrette e subito mi infilo la muta anche se manca ancora un’ora alla partenza, e così fanno anche tutti gli altri ritrovandoci tutti vicini come fossimo una colonia di pinguini al circolo polare antartico a spalmarci vaselina ed unguenti vari, come se fosse un rito propiziatorio.
Ok quasi ci siamo, lo speaker annuncia la partenza dei Pro
In un momento cade il silenzio nessuno più parla o scherza, c’è solo il suono che imita il battito cardiaco che riecheggia nell’aria e lì te la fai proprio sotto, lo stomaco ti si chiude e la salivazione è pari a zero, ma di tempo di pensare non c’è né più, il suono della sirena dà il via anche per noi Age Group alla nostra personale avventura.
Come tutte le volte dopo la partenza non so perché mi tranquillizzo e vado come se fossi in trans, metro dopo metro raggiungo finalmente l’uscita dall’acqua e con lo sguardo cerco di vedere se al di là delle transenne c’è la mia famiglia , ma non la vedo sento solo urla di incoraggiamento in varie lingue e il mio nome urlato insieme a tanti altri da persone sconosciute che per quel giorno sono i FAN di tutti, arrivo alla bicicletta, è lì che trovo mia moglie ed i miei figli che mi salutano e mi incitano e vado verso la seconda frazione.
I 180km in bicicletta che sembrano non finire mai. Chilometri dopo chilometri raggiungo la dismont-line, ringrazio la mia bicicletta che non mi ha tradito e mi dirigo verso la sacca run. Ci siamo ora arriva il bello: esco dalla tenda e mi dirigo verso l’uscita per immettermi sul percorso dove trovo altri che sicuramente hanno già fatto un giro se non di più. Le gambe sembrano di legno ma cerco di tener duro e come previsto non mi fermo ai primi ristori. Nonostante non abbia spinto in bici per evitare il crollo durante la maratona finale, arrivano i maledetti crampi. Capisco che per correre come avrei voluto occorre fare ancora tanto!
Ho camminato e corso ma senza previsioni di come o quanto. Camminavo cento metri e correvo quattro cento. Alternativo cento e cento. Qualsiasi combinazione delle due per farmi andare avanti. Di tanto in tanto vedo mia moglie in vari punti del percorso che mi incita e mi chiede se va tutto bene e quando mi dice “ci vediamo al traguardo” so di essere a due km dal traguardo e pian piano che arrivo verso le ultime curve inizio a sentire lo speaker gridare “You are an ironman”.
Corro verso quei 100 metri di ali di folla che ti chiamano per nome che ti allungano la mano per darti il 5 e ti portano finalmente sotto l’arrivo. C’era proprio tutto: le tribune gremite di persone festanti, la musica rock sparata ad alto volume e l’arco del traguardo nero, lucido, sfavillante, con l’amata M in cima. Il tizio col microfono in mano mi attendeva lì, a pochi metri dal traguardo. Ha aguzzato lo sguardo per leggere il mio nome sul pettorale, mi ha presentato a tutti, mi ha dato un vigoroso “cinque” e, finalmente, ha urlato:
“Emanuele: you are an ironman!!!” La ragazza di turno mi mette al collo la medagli, mi dirigo verso l’uscita scortata dai volontari che mi chiedono se sto bene e se voglio dell’acqua: cerco tra la folla chi in questo percorso mi è stato vicino mi ha fatto da gregario e soprattutto mi ha sopportato nei momenti di crisi, mia moglie è lì davanti a me, dietro la transenna che con il pugno alzato mi dice “Evvaii, grande!!!” (per lei sarei stato grande anche se fossi arrivato strisciando) e gli occhi mi diventano lucidi.
Il vero Ironman non è il giorno della gara, ma ogni singolo giorno che trascorri nel prepararlo, per gli allenamenti, per far coincidere tutti i mille impegni cercando, nei limiti del possibile, di non trascurare gli affetti. Per me il 22 settembre 2018 è stata solo la conclusione di una gara durata 8 mesi”.