Il materano Simeone Andrulli in una nota esprime alcune riflessioni sulle problematiche che riguardano il colle Timmari di Matera. Di seguito la nota integrale.
La Timmari che vorremmo
Da alcuni anni si è acceso un dibattito su una utilizzazione più consona ai tempi moderni della collina di Timmari. La linea di pensiero che si vorrebbe imporre all’opinione pubblica è stata riproposta in giunta comunale nella mozione presentata dal consigliere comunale Augusto Toto, la quale dopo essere apparsa nel suo testo integrale su questa rivista digitale, è stata oggetto di un ampio dibattito fra il sottoscritto e il gruppo a cui lo stesso consigliere si appoggia su Facebook.
Tale mozione, così come il progetto da cui prende spunto, presenta tutta una serie di inesattezze che fa sorgere il sospetto che ci sia come solo obiettivo quello di accedere a dei fondi da destinarsi a usi che poco hanno a vedere con lo sviluppo della collina di Timmari.
Leggendo attentamente la mozione (e il progetto n.d.r.) c’è da chiedersi quali basi scientifiche abbia il consigliere Toto e se mai abbia visitato Timmari in vita sua. In maggio 2016, il progetto (su cui si basa la mozione) fu presentato durante una riunione indetta dall’associazione Verde Colle Timmari nella chiesetta-ex scuola del villaggio di Timmari, a noi residenti e prevede di coprire la collina di Timmari di un reticolato di strade forestali, procedere all’estrazione del legname e convertirlo in un – non si capisce bene cosa (centrale di produzione elettrica?) – con trasformazione degli scarti del legno (biomassa) in energia. Si cercò invano l’appoggio di noi residenti della collina secondo la logica che chiunque avesse un podere in cui ci fosse una formazione boschiva avrebbe beneficiato del progetto ma soprattutto che ci fosse la possibilità di accedere dei fondi messi a disposizione della E.U. per progetti di filiera.
Orbene la collina di Timmari è rivestita soprattutto da due specie molto usate nei rimboschimenti di terreni degradati, il pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill. 1768) e il cipresso comune (Cupressus sempervirens L.) mentre i querceti naturali, residui della copertura originaria, si ritrovano soprattutto nella parte alta della collina. Erroneamente nella mozione si cita la presenza del larice, conifera comune sulle Alpi ad altitudini fino ai 2300 metri e quindi ben più alte dei 300-400 metri della collina. Altro approccio estremamente superficiale e senza alcun fondamento scientifico è il trattare il bosco come un giardinetto di casa con pulizie, disinfestazione da insetti, posti ristoro e picnic ecc. Il bosco quindi inteso come un luogo dove andare a leggere il giornale, potare le rose e i rami secchi degli alberi, piantare dei cavoletti di Bruxelles, patate e pomodori.
Questa visione come addetto ai lavori (sono agronomo specializzato in Scienza del Suolo e mi occupo di ambiente da più di 40 anni) mi fa inorridire e ridere allo stesso tempo. Il bosco è un ecosistema (anche la città a modo suo lo è) che è autosufficiente e non richiede la mano dell’uomo come si vorrebbe far credere. Al contrario spesso e volentieri la presenza dell’uomo si rivela devastatrice. Il colmo è che nel mondo del giardinaggio-paesaggismo si sta affermando il concetto di lasciare le piante crescere e “guidare” il loro dinamismo ma limitando il più possibile l’intervento dell’uomo.
Altra domanda posta: c’è la necessità di ampliare e “migliorare” la viabilità forestale di Timmari?
Per coloro che hanno praticano l’escursionismo a Timmari, non sarà sfuggita l’estesa rete di strade forestali già esistente che percorre l’intera collina. In alcuni casi, le strade sono in uno stato alquanto precario, soprattutto le strade che attraversano zone più soggette a frane, ma anche nel caso si voglia implementare un progetto di sfruttamento forestale, essendo l’estrazione del legname a cadenza trentennale o persino cinquantennale (30-50 anni) che senso ha dotare la collina di un costoso sistema viario che costerebbe una fortuna mantenerlo, quando si potrebbero ripristinare solo nel caso di estrazione?
Altro punto poco chiaro da delucidare è che le due specie maggiormente presenti (pini e cipressi) sono di scarso valore economico sia come legna da opera che da ardere e si vorrebbe giustificare il progetto facendo credere che il regime idraulico di Timmari sia gravemente alterato, pertanto necessita anch’esso dell’intervento umano. La foto riportata nell’articolo della mozione del consigliere comunale Toto è stata fatta nelle vicinanze della chiesa del villaggio e poco più a monte ci sono degli appezzamenti di terreno dove le pratiche agrarie applicate andrebbero proibite (aratura profonda in uliveti, terreno lasciato assolutamente nudo e facilmente erodibile e dilavabile ecc.) e purtroppo sono in tanti a farlo e non solo a Timmari. Questo stato dei terreni determina una mancata ritenzione delle acque di pioggia e innesca un processo erosivo impressionante. In alcuni punti della stessa strada di accesso al villaggio, si riversano ciottoli e fango con immelmamenti del manto stradale ma questa calamità non è determinata dallo stato del bosco, al contrario dalla cattiva conduzione agraria dei campi. Le pendenze della collina in molti casi richiedono pratiche tipiche della montagna e molti contadini della domenica, coltivano il proprio fondo come se si trovassero nella piana de La Martella.
Altra iniziativa che lascia il tempo che trova è la dotazione della collina di fasce antincendio. Le formazioni boschive della collina sono estremamente frammentate e a differenza del vicino Bosco di Gravina (in gran parte bruciato nell’estate 2017) che ha una copertura boschiva continua, ha già permesso in passato di limitare la portata distruttrice degli incendi estivi.
Perseguire la chimera e pia illusione di presentare Timmari come una Scandinavia nel cuore del Mediterraneo mostra una superficialità a dir poco aberrante. Ci sono risorse sulla collina stessa di Timmari e nelle immediate vicinanze che andrebbero valorizzate e non immolate sull’altare di un non ben definito progresso.
Il patrimonio immobiliare presente a Timmari, Rifeccia, Picciano, i boschi e macchie, i vulcanelli della Rifeccia, il lago artificiale di San Giuliano e dulcis in fundo le rovine delle antiche città scomparse di Timmari, Botromagno, Irsi, Jannace… i villaggi e case abbandonati della Riforma Fondiaria meriterebbero una migliore considerazione.
Il vero problema alla base è che la linea di pensiero dominante che traspare in questo progetto è che si da una lettura dell’ambiente cercando di trasformarlo secondo la propria visione spesso egotista e egocentrica e soprattutto come possibilità di facili guadagni anche se questo significa compromettere in maniera definitiva un ambiente bellissimo e incantevole come Timmari.
Le riflessioni di Andriulli mi sembrano sensate e puntuali.
Lasciare al bosco di fare le sue parti che sono quelle di assorbire anidride carbonica e liberare ossigeno, di contenere una alta concentrazione di bios dal micro al macro, di essere uno spazio libero, di rifugio e vitale per molte specie animali. Possiamo una volta restare in punta di piedi e discretamente godere di un piccolo bosco senza per forza guadagnarci sopra?