La poetessa materana Antonella Pagano partecipa alla Settimana dell’Arte contemporanea a Roma con “Quod ad Artem Feminei Pertinet”. Di seguito l’intervista rilasciata per la nostra redazione.
Con la RAW – Rome Art Week – la capitale ha intrapreso il viaggio dentro l’Arte contemporanea in questo 2018, 3^ Edizione. Ce ne vuole parlare?
Mi accade che mi chiami Mario D’Imperio, grande pittore oltre che medico, di Matera come me. Vorrebbe che nella Mostra che intende metter su’ per RAW insieme ad un altro Artista di chiara fama, ci sia un momento di arte della parola, altra immagine o immaginazione. Due Uomini artisti e una donna artista in Fabrica, un eccentrico locale di via Girolamo Savonarola, 8. Si chiamerà BURNING, mi dice, e sarà curata da Maria Italia Zacheo, Architetto e Storico dell’Arte, Responsabile del Museo della Scuola Romana dei Musei di Villa Torlonia. Regione Lazio, Assessorato alla Crescita culturale del Comune di Roma Capitale, Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, storia e storia dell’arte, Università “Sapienza” e altre prestigiose istituzioni l’hanno coralmente patrocinata. La passione femminile, il fuoco che esalta e che può distruggere, anima e memoria, storie di donne…il D’Imperio mi propone di raccontare una fiaba in metrica poetica, nei canoni della mia moda, della mia forma narrativa, che sveli un po’ dell’infinito universo femminile e faccia luce sulle declinazioni dell’amore, infinite anch’esse. Mi dico: intrigante, stimolante, una bella sfida!
Beh, tema vasto, pericoloso, nel senso che potrebbe scivolare e finire malamente in retorica!
Invece accetto senza riserve! Il titolo che do alla mia performance e al mio testo perfeziona una mia antica architettura di pensiero, poi, osservando attentamente le tante meravigliose formelle di ceramica su cui Mario D’Imperio ha adagiato i volti delle Donne, e guardando le restituzioni visive della realtà di Fabrizio Borelli, leggere della sua costante ricerca, del suo linguaggio meta-fotografico – peso oltremodo significante; sapere dei suoi percorsi collaborativi nel cinema con maestri della levatura di Scola, Tarkovskij, Comencini, Corbucci, Olmi, Gagliardo, grandi perle della sua collana di ricerca e sperimentazione professionale…devo dire che la sfida è apparsa in tutta la sua magnificenza, e vastità. Allora vado a riguardare una per una le formelle del D’Imperio: la maternità, la sensibilità femminile, la civetteria, la sensualità e ancora e ancora… scomposizioni di figura femminile che non è mai sezionare quanto piuttosto rendere visibile la vis con cui ci restituisce virtuose proporzioni femminili, apparizioni, narrazioni, sillabe di kèramos, argilla, ceramica a terzo e a grande fuoco…mmmm, penso fra me e me…devo trovare lo stigma del mio essere ardente! I due Artisti son molto ben titolati; nel 2012 il D’Imperio è stato insignito del “Premio Personalità Europea” in Campidoglio e a Roma, durante la 42^ Giornata d’Europa; innumerevoli altri riconoscimenti compongono il ben lungo significativo medagliere. E la vera ispirazione del Borelli? La sua ascesi poetica? Quella meravigliosa carta tradizionale Magnani puro cotone, emulsionata artigianalmente, le immagini trattate con patine, colore e nerofumo per oscurare/negare progressivamente il volto femminile a creare l’ascesi poetica? Che meraviglia! E il sapere che il Borelli è fortemente impegnato sul fronte dello Stop all’abuso sulle donne, accipicchia baluardi su baluardi, altro baluardo da prendere in considerazione. Un turbinio di pensieri…ardente, ardente, burning!
E allora? Sta incuriosendo anche me. Come ha proceduto?
Beh, con i brividi! La sfida è ardita, ripeto fra me e me. Ma più ho i brividi più mi piace! Più mi turba! Più le mie sinapsi prendono velocità e pregnanza. Stavolta c’è qualcosa di più. Metter su’ una performance mentre a Roma una ragazza di soli 16 anni ha trovato un’atroce indicibile impensabile straziante stop alla vita, accidenti, fa fibrillare tutta me, fa tremare le vene ai polsi e il sangue si raggela mentre il cuore vorrebbe armarsi della più grande versione della parola “Amore” per inondare questo pianeta che va desertificandosi di questa pianta odorosa e bella. Allora sono altre le parole con cui mi chiedo: come essere Burning, ardente? Come essere ardente tra due mostri dell’arte? E come esserlo mentre accade tutto questo? Come comporre le mie parole con sillabe ardenti, oltre che innamorate, pur avendo tanta mestizia nel cuore? Come dire che l’Artista è madre prolifica, padre prolifico? Come dire che anche nei casi di più grande inquietudine e irrequietezza l’Artista è amante assoluto della vita? Energeticamente fosforescente e generosamente disposto nei confronti della conoscenza? Ancor più nel dono della conoscenza attraverso la materia che plasma? Come rendere al massimo il concetto d’Artista colmo di maternus animus in inarginata spes partus? Come parlare del maternus animus che ha i propri fiumi nelle mani, gli affluenti nelle dita, nelle matite, nei pennelli che si fanno foci attraverso i quali spandere visioni, pentagrammi di immagini femminili mai ingabbiate, piuttosto rispettosamente esaltate dalla tecnica che per l’appunto in latino è ars-artis? Come non nutrire un delirio d’onnipotenza e immaginare di poter ridare la vita a così tante donne barbaramente uccise, ma anche tanti uomini e tanti bambini in questa terra che brontola terremoti mentre sotterra vite e vite? E tanti uomini calpestano il cuore di così tanti uomini? Ecco, dirò che son rondinella settante; dirò che Antonia stasera non scrive, Antonia canta con il tamburello e con l’ocarina…dirò che canto con la calimba e col flauto burlone perché sciamino le farfalle sulle inutili parole del mondo imbroglione e sulle azioni di lotta che fan fracasso al vento e piegano squallidamente il volere alle misere piogge…lo dirò da clown tachicardicamente sorridente con quella margherita sfogliata tra due dita gentili e tre per aria…racconterò la storia di Martinedda che rammenda all’aurora la sua rete da pescatrice sulla riva del mare; lei, metà fanciulla e metà pescatrice, uno scienziato insomma; Martinedda, bella, brillante come la luna….e poeta….Fragole rosse come il tuono che scoppia, colmate il cielo, colmate il mare che…io donna voglio diventare! Questo l’anelito di Martinedda al cielo e al mare. E lo dirò con Sussurro d’estate, la donna di quel lontano villaggio, che nella notte della luna che canta genera Sorriso della notte della luna che canta, suo figlio, che se Fidia lo avesse pensato, più bello non lo avrebbe scolpito….che se Fidia stesso lo avesse generato, non più bello l’avrebbe immaginato. E lo dirò con Gioia, che ha tredici anni…fiori di seni appena, labbra di rosa, perla preziosa scivolata nel Mediterraneo…lo dirò con le strazianti parole di sua madre: figlia che hai perso la conchiglia, perla preziosa, vita della mia vita, mi sei scivolata dalle dita! Seta d’ebano prezioso, crudele è questo tuo sposo! E lo dirò con la brigantessa dalle lunghe trecce che diede una mano all’unità d’Italia, eppur dice di sé: aspide sono e notte senza mattina, io, brigantessa dalle lunghe trecce, cuore di iena, anima di caimano, ardo le stelle e rodo pur la luna – al pari d’un topo la pezza di formaggio….Infine lo dirò con le parole dell’amore, allorchè sulla bocca della donna innamorata fiorisce il pensiero: ogni alba mi vedrà tornare/fenice di mirra all’odoroso muschio/coi veli dei miei pensieri/a carezzarti amore mio del sorgere e del calar del sole….e continuerò a pensare che nessun sole mai tramonterà senza che un meraviglioso straordinario sorprendente giorno sorga in cui colme son le strade delle opere d’arte degli uomini e delle donne che proprio con l’Arte costruiscono il più bello degli arcobaleni, ponte fantastico su cui viaggiano toccando ora il cielo, ora la terra, in mille imperfetti viaggi eppure, a ben guardarli, così straordinariamente perfetti nella loro umana imperfezione.