La studentessa materana Sonia Quaranta in una nota racconta la sua dolorosa esperienza che si è conclusa con la perdita della cara mamma per ringraziare tutti gli operatori sanitari dell’ADI e i dipendenti dell’ufficio servizi sociali del Comune di Matera, che hanno dimostrato grande professionalità e sensibilità in questa vicenda. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Come se la perdita improvvisa di uno dei due genitori non fosse abbastanza, dopo la morte di mio padre, è arrivata a distanza di pochi mesi la triste notizia di un nuovo calvario che sarei stata costretta a vivere e ad affrontare: la malattia di mia madre.
Nel novembre 2016 come un uragano che si stava scagliando su di me, ho appreso che mia madre, a causa di forti dolori addominali e a causa di un esito incontrovertibile della TAC, sarebbe stata ricoverata e operata d’urgenza.
È qui che diventa necessario aggiungere un altro tassello a questa forte storia di cui purtroppo sono stata protagonista, e cioè la mia condizione di studentessa fuori sede. È una realtà comune quella di trovare ragazzi che, in cerca di una condizione di vita, presente e futura, migliore vadano fuori dalla propria terra, lasciando i propri affetti e i propri cari.
È anche vero che apprendere la notizia della malattia di mia madre al telefono mi ha dato, da un lato, un attimo di tempo per rallentare e razionalizzare quello che stava accadendo, ma dall’altro, mi ha fatto sentire impotente e terribilmente arrabbiata.
L’operazione all’intestino e al fegato che faceva pensare ad una situazione ancora recuperabile, ci ha palesato uno scenario terribilmente più drammatico. Chi si è occupato di lei ha, infatti, definito gli organi di mia madre come un “campo minato”, con una prospettiva di due mesi di vita. Inutile dire lo sconforto che mi ha immediatamente assalito, ancora una volta accompagnato dal dubbio su cosa mi avrebbe aspettato e perché tutto questo stava succedendo a me. Si era comunque stabilito che mia madre avrebbe potuto sostenere dei cicli di chemio che, durati per due mesi, non hanno portato i loro effetti, anzi, hanno ulteriormente debilitato il suo corpo.
È stato da questo momento che i medici hanno ritenuto necessario conclamare lo stato terminale con la conseguente attivazione del piano terapeutico per le cure palliative.
È un dovere morale per me, a questo proposito, citare gli altri protagonisti principali di questa vicenda, che, come degli angeli custodi, hanno in primo luogo aiutato mia madre nel suo dolorosissimo percorso, ma, in più, non hanno sottovalutato la delicatezza del momento che, sia io che mia sorella, con una disabilità del 100%, stavamo attraversando.
Il 18/05/2017, mi sono recata all’ASM (Azienda Sanitaria Materana), presso l’ufficio preposto all’assistenza domiciliare integrata (ADI). Anche se non in orario di apertura al pubblico, la Dirigente dr.ssa Maria Maddalena Frangione, data l’urgenza della situazione, mi ha ugualmente ricevuta. La dottoressa successivamente alla lettura della cartella clinica di mia madre, ha preso atto del piano terapeutico scelto per la situazione, e da quel primo incontro ho capito che avrei potuto contare sul sostegno delle strutture preposte a questo tipo di attività e assistenza. Nel mio caso, l’ADI ha affidato, tramite gara d’appalto, questo compito ad Auxilium, una Società Cooperativa Sociale che,tra le altre cose, gestisce e sviluppa servizi sanitari, e socio assistenziali.Infatti a poche ore di distanza dall’incontro, ho ricevuto la telefonata della Dr.ssa Mariagrazia Pace, che in punta di piedi è entrata in casa nostra e ha subito conquistato il nostro affetto, la nostra totale fiducia e il nostro rispetto anche dal punto di vista professionale, oltre che umano.
Contro ogni previsione, in un primo momento, le cure somministrate a mia madre hanno risollevato lievemente la situazione. In più, le attenzioni che l’equipe, formata dall’infermiere Costantino Cimmarusti e dalla psicologa, Dr.ssa Anna Dezio, le riservava, hanno fatto sì che il peso di questo calvario fosse attenuato e che in un certo senso, non ero sola mentre vivevo quel dolore.
A questo punto del racconto, ritorna utile riparlare della mia situazione di studentessa fuori sede. Da beneficiaria di borsa di studio, il fatto di non poter essere in sede a sostenere gli esami ha reso concreto il pericolo di perdere questo grosso sostegno economico, per me necessario alla mia permanenza all’università. Pertanto, nella sede del Comune di Matera sono stata ricevuta dalla Dr.ssa Luigia Capocelli, la quale constatando la precarietà della situazione ha subito preso tempestivi provvedimenti, anche questa volta con un grande sostegno psicologico e concreto. Infatti anche qui tramite gara d’appalto, il Comune ha affidato l’assistenza alla Cooperativa Lillith, inviando un O.S.S. che durante tutta la settimana prestava servizio a casa mia, monitorando la situazione, mentre io ero via.
Quelle previsioni che in un primo momento non si erano avverate, hanno successivamente, ma anche lentamente, mostrato tutti i loro effetti e la loro crudeltà. Una settimana fa, mia madre, agonizzante in un letto, si è spenta circondata dall’affetto di tutte le persone che le sono state vicine, e dal sostegno dei suoi cari.
Magari qualcuno si chiederà il senso di questa lettera e del perché mettere “in mostra” quello che ho vissuto. In realtà il messaggio celato dietro questa “cronaca dei fatti” è un messaggio carico di positività e di speranza per la gente che si trova a vivere queste situazioni. Ci si trova spesso a dover parlare male delle Istituzioni che ci governano e che ci voltano le spalle nei momenti più difficili. In questi momenti affidarsi a qualcuno è un’arma a doppio taglio, può deludere ma anche stupire positivamente. È quello che è successo a me. Nel mio profondo dolore e vuoto incolmabile che soltanto la perdita di una madre o di un padre possono causare, trovo oggi la forza e le parole per dirvi di vivere la vita accanto alle persone che amate, non perdendovi dietro lotte e frivolezze terrene, ma affidandovi al Signore e alle persone che incontrate lungo la vostra strada. Gli angeli custodi esistono.
Nella foto Sonia Quaranta e sua mamma