Dalle prime dichiarazioni del Presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo, Gianni Girotto, in visita con una delegazione parlamentare al centro Sogin della Trisaia di Rotondella,si capisce subito che siamo ancora alla pura propaganda. E’ il commento del consigliere regionale Paolo Castelluccio per il quale si continua a ricercare e scaricare responsabilità sui governi precedenti, certamente non indenni da colpevoli ritardi e sottovalutazioni, come gesto fine e se stesso. L’unica idea che sinora è stata espressa è quella del trasferimento degli ormai “storici” fusti all’estero, proposta circolata da decenni senza alcun passo in avanti. So bene che questa visita pre-elettorale – aggiunge Castelluccio – fa parte dell’agire politico del M5S che si limita ad agitare i problemi di ogni natura, ad individuare colpevoli senza però essere in grado di dare indicazioni concrete su cosa fare. Purtroppo siamo fermi alle numerose riunioni del Tavolo della Trasparenza, istituito dalla Presidenza della Giunta, di cui ho perso il conto, e a notizie giornalistiche, secondo le quali la data d’approntamento di questo Deposito di scorie a bassa e media radioattività dovrebbe essere il 2025 – se tutto va bene – e quindi i veleni del monolite resteranno all’Itrec almeno per altri sei-sette anni. E’ evidente – dice Castelluccio – che c’è la necessità di acquisire ufficialmente tutte le notizie necessarie e valutare ogni possibilità di coinvolgimento delle imprese locali negli appalti di lavori, servizi e forniture presso l’impianto Trisaia secondo un’antica e sempre attuale sollecitazione delle associazioni imprenditoriali. Il ripetersi di sopralluoghi a Rotondella se non trova riscontro in decisioni tempestive non porta nulla di nuovo: i lavori procedono con una lentezza esasperante e la partita dell’individuazione della sede del deposito nazionale è tutta aperta senza alcuna garanzia per Rotondella e la Basilicata. Il centro di Rotondella continua ad essere inserito nell’elenco dei siti nucleari italiani in fase di ‘decommissioning’ e francamente nel 15esimo anniversario delle proteste popolari di Scanzano Jonico è davvero troppo poco. Oggi in Italia è più tracciato un rifiuto domestico di un rifiuto nucleare. È un paradosso allarmante, ma è la verità.A rivelarlo davanti alla commissione Lavoro e Industria del Senato è stato il presidente del neonato Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), Maurizio Pernice.
Il problema è la mancanza di chiarezza su tutto ciò che attiene gli obblighi di registrazione, comunicazione e trasporto dei rifiuti prodotti dagli ospedali, dai laboratori di ricerca e dall’industria. Lì la tracciabilità è critica, a causa del sistema normativo.
Nov 23