Leonardo Rocco Tauro, componente Assemblea Nazionale Fratelli d’Italia in una nota contesta la legge regionale approvata per risolvere il grave problema dei cinghiali sul nostro territorio. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Legge regionale sui cinghiali, Tauro (Fratelli d’Italia): “Siamo ai pannicelli caldi”.
Ancora non ci siamo. La novella legge regionale, partorita proprio al gong finale per affrontare il grave problema della presenza dei cinghiali sul nostro territorio, non ci sembra risolutiva della questione.
Ancora distante dal mettere in campo una vera e propria strategia vincente contro il fastidioso ungulato.
La legge regionale 37/2018, approvata allo scadere di questa legislatura regionale, parte male sin dalle prime battute, ove tratta di “zone vocate” e “zone non vocate”, in base ai danni arrecati e storicizzati, e la presenza degli stessi sul territorio.
Non comprendiamo bene la motivazione e la necessità della suddivisione.
E tale ripartizione dovrà essere operativa sin dal mese di marzo del prossimo anno, stante al suo dispositivo, quando verrà concluso l’iter per la formulazione del piano faunistico-venatorio, attraverso un procedimento che, secondo noi, non solo non sarà pronto per la primavera del 2019, ma nemmeno per quello dell’anno successivo.
Troppo delusi da provvedimenti che risentano la presenza dell’assemblearismo di tanti organismi, e anche del gioco, ancora una volta, di non scontentare nessuno per non sembrare cattivo, per esserne convinti.
Quando, invece, non è più tempo di mediazione.
I danni e i pericoli sempre più aumentano.
Ed anche i costi cominciano a non essere più sopportabili per le casse pubbliche, che già ora registrano ritardi notevolissimi nei risarcimenti ai danneggiati.
Anche il sostenimento dei maggiori compiti e funzioni agli ATC sono da verificare sul campo, visto che gran parte della intera operatività sarà caricata sulle loro spalle.
Così come anche la sterilizzazione, che diventa uno dei metodi cui si potrà fare ricorso, appare del tutto marginale, costoso e non risolutivo alla causa.
Tutto il complesso articolato della legge rinvia a piani di vario genere, da prevedere e programmare entro determinati tempi, che conoscendo molto bene il nostro costume amministrativo, politico e gestionale, rischiamo che i tre anni passino senza aver inciso in maniera forte e radicale sul problema.
Insomma, una legge fatta per dire che c’è un impegno maggiore (per noi solamente teorico) rispetto al passato.
Con una somma messa in bilancio irrisoria rispetto a tutto quello che la legge stessa prevede di mettere in campo.
Musica senza quattrini.
In conclusione, ribadiamo ancora una volta tutto ciò che da anni andiamo narrando:
Un vero e proprio piano triennale, senza troppi fronzoli, o piani e sottopiani che a nulla approderanno.
Che preveda un contributo sostanzioso per tutti gli operatori, ad iniziare dai cacciatori, che vorranno svolgere tale attività. Ogni azione merita la giusta mercede.
Con esenzione, ancora, del pagamento delle tasse governative e nazionali per il porto d’armi.
Ancora, nessuna suddivisione tra le varie aree territoriali quanto ad interventi e controlli: questo ungulato lo si trova dappertutto, e dappertutto va contrastato quotidianamente.
Infine, la filiera del recupero delle carni deve essere semplice ed operativo da subito.
Con altrettanto efficace metodo per lo smaltimento delle carcasse inutilizzabili per motivi di malattia o altro.
Ad una situazione di emergenza si risponde con misure emergenziali.
I pannicelli caldi non servono mai a granché, e questa volta ancora di meno.