La Regione Basilicata impugnerà il decreto sicurezza davanti alla Corte costituzionale. Lo ha deciso nell’ultima seduta la giunta regionale.
Il governo lucano considera alcuni articoli del decreto, in particolare gli articoli 1 e 13, lesivi dell’autonomia regionale e degli enti locali in quanto impattanti su competenze concorrenti e residuali garantite dall’articolo 117 della Costituzione in materia di assistenza sociale, sanità, istruzione, formazione e politiche attive del lavoro.
La delibera della giunta regionale lucana, arrivata dopo l’annuncio di voler aprire una discussione approfondita sul tema fatto dalla vicepresidente Flavia Franconi nell’ambito della Conferenza delle Regioni, richiama gli articoli 2, 3 e 10 della Carta costituzionale, ravvedendo con l’applicazione del decreto sicurezza disparità di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e gli stranieri regolarmente soggiornanti, in violazione peraltro delle convenzioni internazionali che tutelano i diritti fondamentali dell’uomo.
La deliberazione chiama in causa le pronunce della giurisprudenza costituzionale che hanno riconosciuto il potere delle Regioni di far valere di fronte alla Corte costituzionale anche competenze di spettanza degli enti locali: difatti alla Regione è consentito di far valere con ricorso in via principale “competenze non solo proprie, ma anche degli enti locali” con la motivazione della “stretta connessione” con proprie materie, la quale “consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali”.
Pietro Simonetti, presidente Coordinamento Politiche Migranti e Rifugiati della Regione Basilicata
” La decisione della Giunta Regionale di Basilicata di procedere, come hanno annunciato la maggioranza delle Regioni Italiane, ad incardinare il ricorso alla Corte Costituzionale sulle nuove norme su immigrazione e sicurezza rappresenta il naturale sbocco per l’attuazione di alcune norme della Costituzione del nostro Paese.
Si tratta di difendere gli elementi essenziali dei diritti di uomini e donne che non possono essere esclusi dal lavoro, dai servizi, dai doveri e dalle funzioni di partecipazioni alla vita democratica fortemente limitate o escluse da molte norme introdotte nella nuova legge.
La necessita’di regolare i flussi della mobilita’ di persone che scappano dalle querre, dalla violenza e dalla miseria deve essere compatibile con l’esercizio dei diritti costituzionali e della pratica della inclusione e della integrazione.
In questo quadro diventa necessario anche ripristinare i decreti flussi per motivi di lavoro da tempo non utilizzati per un giusto programma di ingresso per ragioni di l avoro tenendo conto anche delle esigenze dei territorio e della domanda del sistema delle imprese.
La decisione odierna, attentamente meditata e ragionata risponde anche alle richieste dei Comuni, delle parti sociali, delle forze culturali e del volontariato e’accompagna alle attivita’in atto per consoldare l’accoglienza diffusa e la lotta al caporalato e per l’inclusione.
Pratica apprezzata a livello Nazionale e nella UE. ”