Vincenzo Viti, ex parlamentare e Consigliere Svimez, in una nota esprime alcune riflessioni sull’attenzione mediatica che nell’anno in corso coinvolgerà la città di Matera con il titolo di capitale europea della cultura “Matera 2019” con uno sguardo agli effetti che inevitabilmente produrrà sul nostro territorio nel futuro. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Sarà interessante scorrere, dopo il 19 di gennaio e poi al termine dell’annus mirabilis, il compendio che stampa e organi di informazione avranno riservato alla Festa, scandita da 48 settimane di eventi per Matera Capitale. Una miscellanea divertente di fuochi artificiali, alcuni di indubbio interesse, altri partoriti da mitomanie eccentriche, da popculture di periferia quando non da invenzioni esterofile come spesso è accaduto in questi anni di germinazione subalpina.
Spero di non pagare il prezzo del mio “provincialismo di contrada” ( così rischio di passare per le collaudate intelligenze parigine) se scrivo queste cose. Ponendomi inoltre al riparo dall’occhio indagatore del Ministro alla Cantieristica ( che pure qualche merito c’è l’ha e che vediamo tentato in queste ore da qualche prudente benevolenza verso lo stato dell’arte).
Il nostro è sempre stato un atteggiamento concretista, un po’ severo ma rispettoso. Un ragionamento attento alla distillazione di giudizi, comprensivo verso la enormità della sfida, non indifferente all’impegno che hanno speso e spendono qualità ed esperienze professionali. Verri non se ne dolga, da totalizzatore dell’universo operativo della Fondazione. Ne conosciamo il valore ma diffidiamo della sua enciclopedia comunicativa che lo induce a immaginare universi e parchi culturali che sorvolano le piccole miserie regionali nelle quali ci agitiamo e che paiono estrapolati da una ingegneria incerta ed erratica che ci spinge dalla Puglia (obbligata stazione di partenza suppongo) fino al Cilento.
Sono cose che apprendiamo dalle anticipazioni della stampa nazionale (da La Stampa,a Repubblica al Corriere) che tuttavia non nascondono diffidenza verso quel ch’è destinato a restare sulle terre dopo la Festa. In una città tuttora isolata dalla rete ferroviaria che conta,”interrotta” finora nell’unico percorso sotterraneo da nord a sud figlio di una antica “nostra” illuminazione,priva di sale cinematografiche salvo il minuscolo e meritorio pinocchietto e la multisala in periferia, popolata da innumerevoli locande al di fuori di una progettazione razionale e sostenibile della ricettività, senza teatro se non quello in allestimento a Venusio ( e i Sassi, non ne avevano uno da ripristinare?),senza librerie,salvo quelle eroiche che reggono,che sappiano non solo vendere ma accogliere e organizzare la diffusione della Lettura.
Matera è una città che si narra al mondo ma non dispone di “luoghi”
veri di densità e di “conversazione”,meno che mai sale da the (che non chiudano presto) ove si possa la sera socializzare .
La città appare davvero l’isola che non c’è, sicché il gran clamore che verrà sollecitato al suono della bande musicali che accorreranno da ogni dove apparirà la surreale chiamata ad una marcia verso il nulla.
Leggiamo di riflessioni sul turismo e sugli effetti che indurrà nel lungo periodo. Non le demonizzo, non ho riserve aristocratiche verso il turismo di massa, né ne sottovaluto i vantaggi. Né obietto al calpestio degli “abitatori” culturali temporanei ( specie antropologica da caratterizzare) . Temo piuttosto che,passata la festa e gabbato lo santo, la città si ritrovi nuda, incapace di sostenere il suo incantesimo perché priva di un “palinsesto” che duri, di offerte che reggano,di luoghi che parlino, di culture che sopravvivano al frou
frou delle fosforescenze.
È un delitto pensarla così? È quello che ho scritto nella mia pubblicazione su “Matera Capitale” (Rubbettino) che mi dicono sia oggetto di qualche curiosità.
Credo possa servire a correggere in corso d’opera la fuga verso la eventificazione, la bolla che ci avvolgerà nelle settimane a venire. Può spingere a sfruttare la imminente sindrome celebrativa per rimettere al centro la città vera, l’altra città, con le sue domande, le sue risorse, le sue competenze, le sue occasioni, a partire dalle promesse che verranno dalle nuove tecnologie trasmissive e dalla urgenza a rinnovarsi cui verranno chiamate la Intendenza e la Amministrazione, lontane assai dal mondo che corre.
Queste le domande, non innocenti ma cruciali. Perciò, buona Festa, con riserva!