Le imprese individuali lucane sono le più “resilienti d’Italia. A certificarlo è la fotografia messa a fuoco da Unioncamere e InfoCamere sull’universo di 235.985 imprese individuali italiane nate nel 2014, delle quali 88.184 sono cessate entro il 30 giugno 2018 e, di queste, 48.377 entro il 2015.
In regione la quota di imprese individuali resta sempre molto alta: al terzo trimestre 2018, su dati elaborati dal Centro Studi Unioncamere Basilicata, ne risultavano registrate 39.217, su uno stock di imprese di 60.337, praticamente il 65% del totale. Andando a “scavare” tra i dati dell’ultimo triennio, si evince che nel 2016 le aziende individuali cessate sono state 2466 (rispetto alle 2584 nuove iscritte, con un saldo attivo di 118 unità). La selezione darwiniana è risultata più cruenta nei settori del commercio (716 cessate rispetto alle 449 iscritte), servizi di alloggio e ristorazione (162 cessazioni e 147 iscrizioni), edilizia (271 cessazioni e 133 iscrizioni). Diverso il caso dell’agricoltura, in cui molte sono state le cessazioni, 780, a fronte di 1162 iscritte, con un saldo comunque ampiamente positivo .
Nel 2017 il saldo assoluto delle imprese individuali è tornato ad essere negativo: le nuove iscritte sono state 2251 e le cessate 2377. In questo caso i settori più penalizzati sono stati commercio (cessate 631 e iscritte 432), servizi per alloggi e ristorazione (148 cessazioni e 110 nuove iscritte). In agricoltura, a fronte delle cessate (878) le iscritte sono state 894, con un saldo lievemente positivo.
Nella classifica della resilienza, dopo le imprese individuali lucane (“solo” il 30,5% non supera il primo quinquennio) ci sono le sarde (30,7%) e le trentine (31,3%). L’emorragia è più forte, invece, tra i titolari dell’Emilia Romagna (40%), Toscana (39,9%) e Piemonte(39,5%).
«Il dato potrebbe apparire incoraggiante – commenta il presidente della Cciaa della Basilicata, Michele Somma – e invece non ci deve far stare tranquilli. Prima di tutto perché le imprese individuali sono sempre le più esposte a volatilità e rischio chiusura rispetto alle sfide sempre più globali; e poi perché al Sud e nelle Isole la via dell’impresa e del lavoro autonomo rappresenta spesso la sola prospettiva di sbocco occupazionale e di reddito a cui ci si aggrappa, nonostante le difficoltà, e questo potrebbe spiegare la maggiore resilienza rispetto ad altre aree del Paese. Dobbiamo continuare a sensibilizzare i nostri giovani ad aggregarsi, a mettersi insieme, a sperimentare forme di autoimpresa più strutturate: startup, spin off, cooperative, società di persone e di capitali, guardando magari a ciò che avviene in ambito tecnologico, digitale e industria 4.0, laddove si sviluppano i maggiori trend di crescita”.