“Nell’esprimere condivisione ed apprezzamento per l’iniziativa tenutasi ieri a Bari, finalizzata ad un confronto tra diverse regioni italiane per giungere alla ideazione di uno strumento legislativo che possa bloccare definitivamente la possibilità di concedere permessi per la ricerca di idrocarburi nei mari italiani, abbiamo inteso richiamare l’attenzione non solo sulle trivellazioni in mare ma anche in terra ferma”.
È quanto dichiara la vicepresidente della giunta regionale della Basilicata, Flavia Franconi.
“Per rimediare alle recenti autorizzazioni di ricerca ed estrazione di gas in Emilia Romagna e nel mar Ionio, il ministero dello Sviluppo economico ha dato notizia di voler introdurre un Piano che individui le aree idonee alle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi, che dovrebbe chiamarsi Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PTESAI).
Riservandoci ogni giudizio al momento della formalizzazione della proposta, si esprime un giudizio positivo, pur consapevoli che lo strumento non può considerarsi risolutivo.
La Regione Basilicata – prosegue Franconi – già da un anno e mezzo sta lavorando al Piano regionale della Sostenibilità delle Aree (PRSA), già approvato con delibera di giunta numero 498 dell’8 giugno 2018, che come i tecnici dei ministeri sanno, è esattamente il Piano delle aree idonee e non idonee. Il Piano Regionale di Sostenibilità delle Aree è stato oggetto di accordo e successiva ratifica da parte del Ministero dell’Ambiente, mentre è fermo da mesi al Ministero dello Sviluppo Economico.
Siamo al primo step, infatti al piano delle aree bisognerebbe affiancare altri interventi normativi, oltre che una disciplina definitiva dell’intesa in senso “forte”.
Su tale questione invece il Governo ha manifestato una volontà politica opposta attraverso la costituzione in giudizio nel ricorso in corte costituzionale promosso dalla Regione Basilicata avverso l’istanza di permesso di ricerca Montegrosso-Brindisi di Montagna.
Un ulteriore provvedimento normativo riguarda esplicitamente il territorio della Basilicata, un emendamento al D.lgs.625/96 che proprio nella giornata di ieri è stato condiviso al tavolo delle regioni del mezzogiorno tenutosi a Bari.
Ci sono tutti gli estremi – continua – per sottrarre il territorio lucano alla disponibilità di nuove attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Partendo dalla direttiva europea 94/22/CEE e come più volte formalizzato in atti di indirizzo politico attraverso mozioni in consiglio regionale e in parlamento, è possibile definire un limite e sottrarre aree alla disponibilità di istanze di ricerca e coltivazione.
Ad oggi in Basilicata la superficie complessiva delle concessioni attualmente vigenti, compresi i permessi di ricerca, supera il 30 per cento; e la superficie delle aree non idonee, grazie al lavoro straordinario di istituzione di 44 nuove zsc, alla costituzione di un nuovo parco naturale regionale e all’attività di ricognizione nell’ambito del Piano Paesaggistico, ammonta al 48 per cento.
Sommando tali superficie si arriva ad una copertura di circa l’80 per cento del territorio regionale e si comprende molto bene come il territorio residuale sia estremamente ridotto.
Si tratta soprattutto di un territorio residuale frastagliato, tra aree non idonee nelle quali bisogna garantire corridoi ecologici e attenta salvaguardia della ruralità, come definito nel documento programmatico del Piano Paesaggistico approvato in comitato paritetico e in giunta nel mese di dicembre 2018.
Per tali ragioni – conclude Franconi – riteniamo indispensabile un’accelerazione dell’iter procedurale per giungere all’approvazione di tali strumenti normativi in particolare dell’emendamento da noi proposto.
Ovviamente relativamente all’incontro di oggi sottolineiamo che l’armonizzazione fra le varie regione è un elemento che aumenta l’efficacia delle azione regionali e che la blu economy deve andare associarsi al green economy.
La Regione s’impegna a consegnare l’emendamento a tutti lucani per le azioni del caso”.