Vincenzo Viti, ex parlamentare oggi consigliere Svimez, in una nota esprime alcune riflessioni per la giornata inaugurale di Matera capitale europea della cultura 2019. Di seguito la nota integrale.
Nella giornata che vedrà il Presidente della Repubblica dare il via all’ “anno mirabilis” converrebbe dar voce agli auspici piuttosto che ai timori per il vero finora non dissimulati, che la Festa temperi i dubbi e incoraggi oltre ogni limite gli entusiasmi .
La verità è che la città vive e vivrà euforie che per qualche tempo narcotizzeranno i problemi che attendono, prolungando lo stato di grazia e rinviando il conto che continueranno a riservarci le emergenze.
In ogni caso, che la Festa cominci!
Sicché, l’unico auspicio che vale la pena di formulare è che i tepori che Matera avvertirà non le facciano perdere di vista la scommessa vera che ha di fronte. Intendo l’ingresso in una matura modernità che sappia capitalizzare i mille filamenti di una mondialità che le appartiene e che le viene riconosciuta e che esigera’ che sappia raccontarsi nel fondo di verità storica, nel verso autentico di quella “utopia sociale” che Repubblica richiamava fra le ragioni di quell’incantesimo che è la chiave di un successo ormai universalmente celebrato.
Infine non solo raccontarsi, ma definirsi in ordine al principio di realtà. Quale città vorrà essere, quale modello vorrà incarnare se appena volgiamo lo sguardo alla sua condizione di incompiuta, separata dalle convenienze del mondo reale, arretrata nei costumi della politica e aggredita dai venti di un qualunquismo claustrofobico che soffia sulle sue debolezze.
Non si era mai data una differenza così drammatica fra il linguaggio della surrealtà che avvolge la fiaba della città millenaria e quello domestico e un po’ vile nutrito di trasformismo e di insipienza.
Immagino possa essere questa la sfida cui Mattarella vorrà richiamarci oggi. Superare lo stato di trance, l’incantamento (tu Lapo ed io…) coltivato finora nella piccola riservata serra degli artifici, per attingere un livello alto di coscienza collettiva. Cioè di intelligenza civile partecipata e ispirata da etiche forti e condivise. Insomma tutto ciò che nel recente passato ha fatto difetto. E che invece è appartenuto a stagioni che hanno portato allo stato delle cose presenti Tant’è che siamo qui a celebrare non le invenzioni di artificieri lunari ma il lavoro di intere generazioni che la incultura del presente tende a ignorare. Anzi ad avvilire.
Non sapendo che la memoria si vendica. Spesso con ferocia più forte di ogni impudenza.
Vincenzo Viti
Le foto da Cava del Sole per la prima parte della cerimonia inaugurale