“Esiste una correlazione tra la dimensione dell’impresa e il grado di difficoltà che l’azienda sta affrontando a causa della crisi”. Ad affermarlo è il presidente dell’Api Matera Nunzio Olivieri, che precisa: “In generale le imprese molto piccole possono ricorrere alla loro elevata flessibilità per attutire le difficoltà. Dall’altra parte invece ci sono le grandi imprese che riescono a esercitare con più risultati una certa pressione sull’operatore pubblico per orientare le sue attività in loro supporto. Le difficoltà, quindi, sono proporzionalmente più elevate per chi si trova in posizione intermedia, cioè le aziende tra i 21 e i 49 addetti”.
La conferma arriva dai dati dell’indagine Confapi-Unicredit, che attesta un dato inconfutabile: se si escludono le imprese di maggiori dimensioni, le difficoltà della congiuntura sono avvertite soprattutto dalle imprese nella fascia cmpresa tra i 21 e i 49 addetti che presentano i giudizi più negativi sulla situazione corrente di produzione, ordini e fatturato, specie per quanto riguarda il mercato interno. L’andamento dei saldi negativi cresce in maniera progressiva dalle imprese piccolissime, comprese tra 1 e 5 addetti, fino appunto alla classe 21-49 addetti e poi simmetricamente migliora, pur restando su livelli abbondantemente negativi, nelle due classi dimensionali successive (50-99 e 100-249 addetti). Sembra dunque che nella classe intermedia del campione si cumulino gli svantaggi derivanti da una dimensione né troppo piccola né sufficientemente medio-grande.
Al Governo chiediamo provvedimenti semplici, – prosegue Olivieri – che diano una boccata di ossigeno immediata alle imprese, prima che sia davvero troppo tardi per salvarle. Non si deve trattare di aiuti a pioggia, devono essere legati al merito e riservati a quelle aziende che si impegnano a mantenere la manodopera. Tra le misure auspicabili, l’esonero dell’acconto fiscale di giugno: pochi imprenditori realizzeranno degli utili quest’anno e i saldi, alla fine, andranno tutti a credito. Per le aziende in crisi si tratterebbe di finanziare lo Stato: un’assurdità. Bisogna intervenire anche sugli anticipi d’Iva, che chiediamo di versare per cassa fino a 50 milioni di ricavi e non più in acconto. Infine, urge un provvedimento che obblighi la Pubblica Amministrazione a saldare le fatture delle aziende in tempi ragionevoli”.
Mar 25