Georges Brassens, il ‘grande maestro della canzone d’autore’ è lucano. La madre era figlia di emigranti di Marsico Nuovo e nell’anno in cui Matera è Capitale Europea della Cultura è testimonial d’eccezione. Traduzioni e versioni dialettali delle sue canzoni sono testimonianza dell’«universalità» geografica, culturale e sentimentale.
Georges Brassens, il cantautore francese più tradotto al mondo, il più difficile da tradurre, è… lucano. E nell’anno in cui Matera viene ‘consacrata’ Capitale Europea della Cultura un testimonial come lui è davvero un (ulteriore) onore. Considerata la sua fama, riscrivere la ‘biografia ragionata’ di Georges Brassens sarebbe un esercizio di puro stile, mentre vale la pena soffermarsi sulla sua discendenza, da una cittadina della Basilicata: Marsico Nuovo. Distante 47,8 km da Potenza e 78 km da Matera, si arriva a Marsico Nuovo percorrendo la Strada Provinciale 32 della Camastra.
È da questa amena cittadina della Basilicata che sono partiti per Sète, piccola città portuale della Francia meridionale, i genitori di Elvira Dagrosa (Michele Dagrosa e Maria Augusta Dagrosa), moglie di Jean-Louis Brassens, a sua volta padre di Georges Brassens. Elvira aveva una sorella, Antoinette Dagrosa.
Nato a Sète, Georges Brassens era così figlio di un muratore francese, Jean-Louis Brassens, e di Elvira Dagrosa, casalinga. Proprio lei trasmise al futuro ‘grande maestro della canzone d’autore’ (assieme a Jacques Brel) la passione e l’amore per la musica, cantando canzoni della sua terra, canzoni popolari accompagnate con il mandolino.
Ed ecco che l’universalità della poesia e della musica di Georges si manifesta nelle atmosfere mediterranee, che fanno di lui un uomo del Nord, del Sud, del Centro… del Mondo.
Georges Brassens è considerato il cantautore francese più tradotto al mondo, il più difficile da tradurre (composizioni elevate nei testi e nella metrica). Fabrizio De Andrè ha tradotto tra le sue più belle canzoni in italiano, Nanni Svampa le ha tradotte in dialetto milanese, Giorgio Ferigo in friulano, Fausto Amodei in piemontese, Mimmo Mòllica in siciliano, Beppe Chierici in italiano, Vito Carofiglio in barese, Adriano Cozza in dialetto lucano (Il gorilla di Brassens diventa ‘U sciavuort (il montone). E così canzoni come Le gorille (ma non solo) vengono eseguite in occasione di feste di paese, come Brienza, in Basilicata.
Traduzioni e versioni dialettali sono l’analoga aspirazione di connettersi al mondo di Georges Brassens e tributargli il carattere dell’«universalità» geografica, culturale e sentimentale. Di recente Mimmo Mòllica ha pubblicato «Brassens poeta di campagna», canzoni del grande cantautore francese-lucano tradotte in lingua siciliana e italiana. C’è un filo ‘traduttore’ che lega le canzoni di Georges Brassens e le diverse versioni (e traduzioni) in più lingue e dialetti: è la poesia, che abbraccia intimamente la musica.
Non è più un mistero, l’intelligenza si eredita dalla madre. Lo afferma la scienza e il genio di Georges Brassens lo conferma. Si eredita anche dalla ‘madre terra’!