riportiamo di seguito l’orazione funebre pronunciata dal parroco Don Peppino Arpaia nella Cattedrale di Irsina in occasione dei funerali del carabiniere Giusto Agnesod.
Irsina ha lavato col pianto l’onta di quest’esecrante delitto. Quest’immensa folla, che circonda il feretro e suffraga con la preghiera l’anima benedetta, è la manifestazione più viva della sua esecrazione ed indignazione.
Da ieri tutti i volti hanno lagrime, tutti i cuori hanno palpiti di commossa pietà verso questo milite, vittima immacolata del dovere. Si, il carabiniere Giusto Agnesod, è vittima senza macchia del dovere. Dovere compiuto con la più coscienziosa scrupolosità.
Armato, non ha fatto uso delle armi, non ha ucciso, non ha voluto uccidere, per rispetto sacro della vita, alla vita di giovani traviati, nella speranza di ricondurli alla via del bene.
Egli continua così la tradizione della sua Arma Benemerita, tradizione gloriosa dell’eroismo e di sacrificio.
Il carabiniere italiano non è un poliziotto, né un gendarme. Pura espressione dell’anima nazionale il carabiniere italiano, istituzione unica, vanto della nostra Patria, è plasmato d’umanità e di saggezza, di prudenza e di bontà, d’eroismo e di sacrificio. Fior fiore della gioventù italica, i carabinieri compiono nel decoro dell’onorata divisa, nella compostezza del loro tratto, un’opera d’educazione, costituiscono una scuola di gentilezza e di civiltà.
Una mano omicida e sacrilega ha stroncato questa giovinezza degna dell’arma Benemerita, ha reciso un fiore di questo giardino di virtù e d’elezione, ha spento la vita di quest’eroe, che per non uccidere è stato ucciso.
Fra i carabinieri della nostra stazione, tutti cari figlioli, il carabiniere Agnesod attraeva l’attenzione per una nota particolare di sensibilità del suo carattere.
Io lo ricordo, ricordo di averlo osservato un giorno mentre regolava la fila delle donne dinanzi ad una rivendita di sale. Mi colpì il riguardo che egli aveva verso le donne: un contegno formato di bontà condiscendente e rispettosa, e lo vidi guidare amorevolmente una bambina in mezzo alla folla con sentimento di paterna protezione.
E’ in quest’atto d’amore e di bontà gentile che il carabiniere Agnesod mi si presenterà sempre nel ricordo, unito a quella tenera nostra bambina innocente, protetta e guidata dalla sua mano forte.
Miei cari concittadini, da ieri, dalla prima notizia del nefando delitto, un’immagine mi perseguita e mi stringe il cuore: l’immagine della povera mamma di questo carabiniere ucciso.
Dove – domanderà questa madre desolata – dove hanno ucciso il mio Giusto?
A Irsina, le risponderanno, non combattendo di fronte al nemico, ma per mano fraterna.
Chi potrà cancellare nel cuore di questa povera donna l’immagine, l’impressione che Irsina sia un covo di belve? Che gli irsinesi siano un popolo senza fede e senza pietà?
Ahi questo e ciò che punge maggiormente il mio sentimento di cittadino d’Irsina.
Non desolata mamma lontana, no cari militi, che oggi piangete il vostro compagno. Il delitto di pochi facinorosi traviati non deve macchiare il nome di questa città, dove la bontà, la civiltà l’ordine ha un’antica tradizione. Vedete questo tempio magnifico, vedete il nostro campanile millenario, le nostre antiche mura, i nostri monumenti, le nostre istituzioni, essi vi dicono che i nostri padri seguirono le vie del bene, dell’ordine, della gentilezza e della bontà ispirata dalla Fede; e che noi seguiremo queste tracce, che c’indicano la via della civiltà.
A questa mamma infelice, cui bisogna pur far sapere l’infausta perdita del suo diletto figliolo, voi direte che tutta Irsina ha pianto sul suo caduto, che tutte le madri hanno occupato il posto della sua mamma in doloroso compianto, che tutte le fanciulle d’Irsina, hanno sfilato con gli occhi pieni di lagrime avanti alla sua bara baciandogli le mani.
Dite a questa povera mamma che il corteo funebre ha percorso le vie della città in mezzo ad un popolo che singhiozzava. Possa questa plebiscitaria manifestazione di cordoglio valere a confortare il suo immenso dolore.
Miei cari concittadini, nell’ora oscura che attraversa la nostra patria, direi tutta l’umanità, il sacrificioeroico del carabiniere Agnesod ha un valore di redenzione e non deve rimanere inutile e vano.
Il suo sangue, che ha tinte di rosso le nostre strade cittadine, è lo stesso sangue dei nostri fratelli caduti per terra, per mare, nei cieli in questa funesta guerra che preparava nuovi destini delle nazioni.
Gli stranieri che oggi occupano il suolo della Patria ci osservano, osservano se noi siamo degni d’ordinamenti liberi, e se immeritevoli di libertà, rimarremo aggiogati ad una dura servitù straniera.