Enzo Menzella, iscritto PD e componente dell’Associazione politico-culturale Iniziativa popolare, commenta l’esito delle elezioni regionali 2019 in Basilicata.
Il risultato delle elezioni in Basilicata meriterebbe qualche commento approfondito. Intendo un commento sottratto alle convenienze della propaganda. Anche perché i fuochi elettorali sono ormai spenti, salvo qualche falò fatuo. Viene quindi il tempo delle valutazioni ponderate.
Uno dei primi giudizi da smentire viene dai piani alti del Movimento Cinque Stelle.
Un soggetto che si proclama ,per consensi,il primo partito
in Basilicata. Tesi semplificatoria che viene smentita dalla lettura “aggregata” dei consensi, registrati nel campo del centro sinistra, dalle liste riconducibili al Pd, al netto dell’area scissionista. E senza contare le altre risorse collocate a sinistra, purtroppo decisive nella sconfitta di Trerotola.
Tuttavia non è su questi argomenti che consiglio di insistere. È polemica di facciata che non giova a chi voglia comprendere davvero ciò che accade nel corpo in evoluzione dell’elettorato lucano.
Lo scenario che si affaccia è ormai chiaro.
Il Pd paga per le tristi vicende giudiziarie ( tuttora in svolgimento)
che hanno penalizzato una candidatura che, come gli ampi consensi hanno dimostrato ,avrebbe potuto affermarsi. Quella di Pittella. Ma paga anche, al di là dei meriti del governo uscente, anche per le fragilità gestionali di un management non sempre all’altezza del progetto che aveva qualificato la sfida di esordio del Governatore lucano.
Vince un centrodestra progettualmente debole, che non dispone di autentiche valenze politiche e tecnico professionali, che raccoglie esperienze transitate in quella zona grigia che rende i confini non solo precari ma impercettibili e che registra anche il fallimento di ambizioni avventurose, francamente fuori della grazia di Dio .
Non scandalizziamoci perciò se il costume politico, da noi, rende possibili travestimenti buoni a giustificare tutte le indignazioni. È la vita, soprattutto in tempi nei quali la politica non avverte più né passioni né forti coerenze.
Sono queste le ragioni per le quali è lecito prevedere che il personale leghista eletto, non senza sorprese, in Consiglio regionale, vorrà imporre nel campo di una precaria e sofferente alleanza le sue ruspanti pretese anticipate con slogan sgangherati in campagna elettorale. Ciò che esigerà un forte esercizio dei poteri militari posti in capo questa volta ad un Generale vero,e non ad un Capitano di ventura promosso nelle piazze.
Il grillismo dal conto suo arretra ma non al punto da arrendersi. Se mai si concede una pausa, non sappiamo se per caricare le batterie del rancore e della contestazione a prescindere oppure per declinare una fase nuova, sperabilmente più costruttiva e più utile.
Tema dirimente rimane il Pd, con la a sua ambigua natura, con il suo vagare e divagare fra provvisori compromessi, astuzie manovriere che si sono rivelate perdenti,ambizioni spropositate pur a fronte di qualità e capacità che comunque l’elettorato ha inteso convalidare.
Ma così non può, non potrà andare. Fra un anno verranno al pettine i tanti nodi legati al collo di Matera Capitale, una sfida da affrontare solo pagando il pedaggio di un vero rinnovamento di generazioni di qualità di competenze. Sopratutto reimpostando un progetto che dia coerenza consistenza e durata, insomma basi meno fragili all’avventura della Città della Cultura.
Chi non vorrà intendere, se ne assumerà la responsabilità.