Lo storico materano Giovanni Caserta esprime alcune riflessioni dopo l’intitolazione del belvedere di via Duomo a Raffaele Giura Longo. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Giovanni Caserta: “Dopo Belvedere Giura Longo. Quindi trarrem gli auspici”.
La dedica di un Belvedere a Raffaele Giura Longo è nulla più e nulla meno di quanto dovuto, anche se avrei più volentieri scelto altro angolo, più raccolto, più intimo, più adatto alle riflessioni di uno storico. L’episodio, in ogni caso, non può passare inosservato. E’ importante. In questi giorni è uscito un volume-omaggio a Ginetto Guerricchio, a cura di Nicola Pavese. Il titolo è Guerricchio, un pittore dimenticato. Vi si può leggere un nostro contributo con una chiusa in cui, in perfetta coerenza con quanto siamo andati dicendo in questi anni, abbiamo lamentato l’oblio fatto calare, scientemente o inscientemente, su tante personalità, fatti ed eventi che hanno segnato la vita culturalee storica della nostra città, soprattutto a partire dagli anni immediatamente successivi alla guerra, cioè dai tempi della ricostruzione. Vi faceva cenno il Sindaco De Ruggieri nel suo intervento. Vi abbiamo letto un tono di nostalgia e di rimpianto rispetto ai tempi presenti. Ci furono Olivetti, La Scaletta, Comunità, Basilicata prima edizione, la Casa Editrice Montemurro e, fenomeno di grande interesse, il cosiddetto “partito dei professori”, tutti che consumavano scarpe per ore sul marciapiede davanti al cinema comunale, allora cinema Impero. Era il marciapiede che gli avversari galantuomini,seduti ai tavolini davanti al circolo Unione, con gran sussiego, chiamavano “marciapiede dei passi perduti”.Si legga in proposito Vito Maurogiovanni, Gli anni della speranza, Levante editori, Bari, 2007.
C’era Peppino Santospirito, laureato in lingua spagnola, ma insegnante di francese. Per noi era “ésprit”.Ci avviò alla lettura di Mounier, Bernanos e Maritain. C’era Nicola Strammiello, restio ad accogliere le opinioni altrui, ma con esperienze americane, poi fondatore e storico presidente del centro Carlo Levi. C’era il prof. Giuseppe Bruno, traduttore e commentatore di classici greci e latini, ma soprattutto ferma mano nel mantenere la barra del Liceo “Duni” sulla scia storica dei grandi prèsidi e professori che vi avevano insegnato. Per anni avrebbe retto la presidenza dell’AICC, Associazione Italiana di Cultura Classica, che, tra i suoi fondatori, aveva avuto il materano Nicola Festa. C’era Ciccio Nitti, che, dopo Gattini e Volpe, prendeva le distanze dalla storiografia dei canonici e dei nobili, per guardare le cose dal basso, dal punto di vista dei contadini. E’ soprattutto merito suo se la rappresaglia tedesca del 21 settembre 1943 è salita alla ribalta nazionale, procurando alla città la medaglia d’oro. Dove e come oggi è ricordato?
C’era il prof. Pasquale Franco, proveniente da Altamura, più direttamente impegnato attraverso il partito socialista, onorevole;e c’era Eustachio Tortorelli, presidente della Alliance Francaise, votato alla pittura e al disegno, gran conoscitore dell’architettura greca. Alcuni venivano dal Partito d’Azione. C’era Giovanni Montesano, scettico e ironico, ma sottile; e c’era Rocco Zagaria., che organizzava conferenze di filosofia e pedagogia, negli ultimi tempi voce critica sui giornali locali. Tra gli artisti c’era Ugo Annona, con Aldo Gravina, mentre il prof. Autera, maestro di violino, si esibiva con la orchestra Vitali al Piccinni di Bari.
Ma di tutto questo e questi uomini Matera 2019 non ha avuto alcun ricordo. A volte, auctore Raffaello, si è ricordata solo della Scaletta. Il tutto è accaduto in perfetta coerenza con la convinzione che Matera non era una città culturale, perché quegli uomini, compresi Levi e De Martino – e qualcuno l’ha detto -, andavano dimenticatio perché non avevano fatto cultura, o perché la loro non era vera cultura, o perché non avevano avuto la possibilità e la capacità “di scrivere e leggere con tutti i mezzi”di cui la modernità offre l’uso e il possesso”.Insomma non sapevano di Open Design School, di utopie e distopie, non praticavano un monastery e non erano pratici di I-DEA con trattino, e del gioco di parole che vi si nasconde… Per lo più non conoscevano l’inglese, ma il francese.
Matera, di conseguenza, non era città culturale e non aveva abitanti culturali. Essa,con quegli abitanti “non culturali”, non si divertiva. E poiché la cultura, grazie al movimento 2019 la si è fatta coincidere con spettacoli o eventi pieni di chiasso e di frastuoni, e sceneggiatee feste d’ogni genere e d’ogni gusto, non centri culturali, non biblioteche, non musei,non teatri, non beni stabili di particolare valoreo luoghi di nuova particolare attrazione ci ritroviamo, ma, come era naturale, rosticcerie, pizzerie, bed and breakfast, enoteche, e, massimo della cultura, i cuccù.Roba, insomma, da “friggi e mangia” con conseguente “mordi e fuggi”. In definitiva roba da consumare e – Dio non voglia – destinata a consumarsi.
Noi – come si evince – siamo uomini all’antica che citano Foscolo. Per noi la vera Matera, e la sua vera cultura, è stata ed è altrove, vogliamo dire negli uomini e nei movimenti che la fecero uscire dall’analfabetismo, dal feudalesimo e dal dominio baronale che l’aveva soffocata fino al 1950 e al 1952, anni delle riforma agraria e della legge di risanamento dei Sassi. Fu la svolta storica.Furono gli anni in cui anche Lello Giura Longo, leggermente più giovane,si unì spesso ai professori del “marciapiede dei passi perduti”. Per noi, più giovani di lui, poco più che ragazzi, fu il fratello maggiore all’interno della Associazione Cattolica Contardo Ferrini e poi nella FUCI. A tutto questo Matera 2019 ha voltato le spalle. Lo stesso Giura Longo era già bello e dimenticato, se non si fossero mossi suoi fedelissimi, amici, purtroppo dando l’impressione che tutto si stava riducendo a qualcosa di privato e parentale.
Quante persone, invece, erano e sono da ricordare!Furono menti pensanti, interessati ad una città nuova. Oggi, se si vuole che Matera esca dallo stato di confusione e stordimento festaiolo in cui sta affondando, “quindi si devono trarre gli auspici”. E’ come dire che, prima dell’open future, urge recuperare il passato per farne tesoro e trarre esempi di humanitas. Si ricominci di lì, anche con la intitolazione di una strada, di una viuzza, di un cantuccio, di un’aula scolastica, di un cinema. E la si smetta di pensare sempre e solo a Pasolini e a Giovanni Paolo II!
Caro Professore, appartengo ad una generazione diversa dalla sua ma, mi creda, anche io non mi riconosco in questa idea di cultura che vogliono propinarci. Forse perché anche io provengo, come Lei, da quel grande luogo di cultura, il liceo classico di Matera, dove ho trascorso 5 meravigliosi anni. Speriamo di poter trovare in futuro un nuovo “ marciapiede “ dove ritrovarsi per un semplice ma ricco scambio culturale di idee!
Concordo pienamente con il commento di Giovanni Caserta. La mercificazione dei nostri avi contadini, creatori del bello dei Sassi, è purtroppo in stato avanzato. Credo che ciò sia un processo irreversibile. La fame di guadagno è tanta e per questo siamo disposti a chiudere un occhio sulla colata di cemento che sta pervadendo la città. L’invasione di insegne pubblicitarie, le guide abusive, l’aumento dei prezzi, i parcheggi per far arrivare più auto in città, la movida, rappresentano uno scenario quotidiano. Eppure, con Matera 2019, non si perde occasione per festeggiare. Ma cosa c’è da festeggiare ?? Tra le tante iniziative propinateci se ne salvano solo poche; tutto il resto è luna park !!!
Si canta, si balla, si tagliano nastri e ci si autocompiace. Duole ripetere che Matera mancano strutture stabili come p.e. un vero teatro.
Intanto in città si dice che Matera 2019 porta lavoro.
Peccato che una grossa quota di lavoro riguardi: camerieri, lavapiatti, commessi, venditori di cianfrusaglie molti dei quali sono assunti in nero. Non ho nulla in contrario per queste categorie ma purtroppo la Basilicata continua a spopolarsi e ad alimentare l’emigrazione dei giovani laureati. Fin’ora chi ci ha guadagnato sono i percettori di rendita fondiaria ed i proprietari di strutture legate al turismo. Un vero impulso all’occupazione stabile non credo che ci sia stato. A proposito sarebbe bello avere delle statistiche che indichino il movimento dei flussi di lavoro.
Una seria gestione di un turismo culturale che cura il bello, che valorizza il ricco passato di questa città, che pone le basi per attirare il visitatore attento e rispettoso, implica una cabina di regia che lavori con serietà e soprattutto ascolti anche il parere dei cittadini.
Poveri materani……. costretti a subire per chissà quanti decenni ancora una ferrovia a scartamento ridotto con un treno diesel. Ma per migliorare il deficit di trasporti in questa landa desolata, sta per arrivare l’aeroporto e la ferrovia “ramo secco” da Ferrandina. Bella consolazione.
Cosa propongo:
– una cabina di regia permanente dotata di significativi poteri decisionali e composta da assessori, architetti, storici dell’arte, urbanisti, imprenditori, rappresentanze delle categorie commerciali e della città. Questo comitato avrà lo scopo di pianificare gli investimenti in virtù dei flussi turistici attesi e soprattutto gestire managerialmente il processo di accoglienza a 360° dei visitatori della città;
– linea ferroviaria elettrificata Matera Bari;
– piano di parcheggi esterni alla città e collegati con la ferrovia e/o corse urbane;
– abbattimento di tutti gli immobili abbandonati e in disuso che deturpano l’immagine della città. Per fare ciò occorre che si instauri un vincolo paesaggistico per chi è responsabile di questi obbrobri. Penso alla stazione di servizio di Via Annunziatella, all’ex Barilla (abbandonata da decenni), agli immobili di Serra Rifusa, gli scheletri del Villaggio del Fanciullo (Lanera), tanti altri scheletri in giro per a città….;
– l’attuazione di un piano del verde (mai stato attuato sebbene vi siano decisioni in tal proposito);
– rifare la segnaletica stradale con indicazioni chiare;
– incentivare il lavoro di restauro di tanti quartieri abbandonati dei Sassi (ci sono molte aree a rischio crolli);
– stretto controllo all’apertura di esercizi commerciali nei Sassi (vanno aperti solo quelli necessari e soprattutto occorre instaurare e far rispettare una logica estetica comune per quanto riguarda le insegne);
– evitare il più possibile la presenza di auto nei Sassi. L’auto parcheggiata nei Sassi è un vero “pugno negli occhi” …. è come parcheggiare nel Colosseo…;
– nel centro storico molti edifici hanno le facciate ammalorate ed in stato di abbandono (il Comune potrebbe collaborare con i proprietari per ridare decoro a ciò che deturpa).
L’elenco continua ancora ma rischio di annoiare.
Concludo con l’auspicio che il processo decisionale, che sta modificando il futuro della città, tenga degnamente conto del parere e delle idee di tutti coloro che hanno a cuore le sorti di Matera.
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Grazie Prof. Caserta,
alla sua attenta e libera analisi io aggiungerei l’altissimo rischio che corriamo di non avere più i “marciapiedi dei passi perduti”, perché operando oltraggiando storia e cultura, e calpestando le più banali tecniche di marketing turistico, non governando ma favorendo il “turismo di massa” , viene profondamente ferito il “diritto alla città”, che ha esiti fulminanti e porta al naturale collasso della città e dei suoi abitanti stanziali. Sulla decisione se è preferibile conservare l’identità di una realtà sociale autoctona, incrementandola certamente con il contributo di culture esterne, o abbandonarla al consumo vorace dei turisti temporanei, l’amministrazione ha scelto l’abbandono vorace, accompagnato da una totale mancanza di misure ad evitare, per esempio, l’innalzamento di prezzi e fitti, il proliferare di attività ricettive e di ristorazione speculative, lo spopolamento dei residenti stabili, la trasformazione progressiva del centro storico in una residenza transitoria, il trasferimento dei suoi tradizionali abitanti altrove, l’implosione delle aree centrali lasciate sole a governare una fortissima pressione esterna, l’esplosione di frammenti urbani in periferie e città satellite o centri vicini, con la città che è noto ai più, non è capace di autogovernarsi, come ha ben spiegato ad esempio Henri Lefebvre. In un altro mio commento, con riferimento ai nostri luoghi prestati alla vita di Cristo, io scrissi che se Cristo fosse qui adesso farebbe come al Tempio: “Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi, gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi”. La fobia del turismo è un argomento importante anche per l’Organizzazione Mondiale del Turismo “che invita le autorità locali a gestire la crescita del turismo in modo sostenibile. Il sistema attuale del turismo di massa è insostenibile e sempre più cittadini in tutta Europa protestano contro i turisti nelle loro città”. E questo è solo l’inizio”.