Carnuuer e Curemma sono due maschere divenute tipiche di Tursi nel corso del secolo scorso, scomparse sul finire degli anni ’60. La recente riscoperta ha dato vita, con il l’impegno di una cinquantina di volontari, nel corso delle due edizioni (Carnevale 20°7 e 2018), a vari allestimenti (oltre 50 fantocci) posizionati nelle vicinanze di esercizi commerciali e nel centro storico. Una iniziativa fortemente volta dalla Rabite Bus che ha incontrato il favore della popolazione. Questa terza edizione (la prima con la sola Curemma) termina in questi giorni con un unico allestimento realizzato da Adelaide e Aldo Calcagno e posizionato innanzi la loro abitazione, situata nel centro storico, fotografata da centinaia di turisti che da oltre un mese a questa parte hanno visitato Tursi.
“Quando iniziava il periodo della Quaresima a Tursi -spiega Rocco Campese che da anni si occupa di ricerche sulle antiche usanze locali- il personaggio di Quaremma continuava a restare in scena e le famiglie tursitane creavano un nuovo allestimento. Infatti, da un balcone all’altro, oppure di traverso sulle strette vie sottostanti del centro storico, si disponevano lunghi e nodosi bastoni oppure delle canne per appenderci una “pupazza” vestita di nero, anziana, in pratica la rappresentazione della maschera carnevalesca locale di Curemma, una presenza sofferente ad indicare penitenza, meditazione e sacrifici nonché assenza di frivolezze”.
Curemma vestita di nero indossava anche un avanseno di pelle che serviva a far girare meglio il fuso lavorando il cotone o la lana. Con una mano stringeva la conocchia mentre l’altra era posizionata nel tipico atteggiamento delle nostre nonne o bisnonne filatrici. Accanto veniva disposto l’aspo che assumeva il significato di stare insieme e vivere così in un clima di raccoglimento e meditazione la Passione di Cristo.
La scena veniva arricchita da un’arancia (magari della varietà Staccia, tipica dell’agro tursitano) con infilate cinque piume tolte ad un pollo (o anche ad una gallina) ad indicare le cinque domeniche della Quaresima ed ogni settimana, ne veniva tolta una.
L’arancia stava a significare parsimonia e soprattutto sacrificio, sudore etc. Attorno alla figura di Curemma venivano disposte, inoltre una o un serto di peperoni secchi. uno di fichi essiccati ed uno di aglio.
“Tutti noi. All’epoca in cui questa rappresentazione era ancora in uso, e quindi fino alla metà degli anni ’60 -ricorda Campese- al rintocco delle campane che annunciavano l’Ave Maria, disponevano sul balcone una luce ad olio che veniva tenuta accesa per 1 o 2 minuti sino al cessare del suono delle campane “
“Un’usanza particolare con significati profondamenti religiosi giunta sino a noi attraverso le spiegazioni -conclude- di Don Antonio Conte che è stato arciprete della Cattedrale di Tursi sino alla fine degli anni ’90”.
“Dopo queste prime edizioni –sottolinea Carmela Rabite- che hanno visto un interesse crescente intorno a questa riscoperta e la partecipazione di giovani ed anziani, l’appuntamento è per il prossimo anno sia per Carnuuer e Curemma, che per la sola Curemma durante i quaranta giorni della Quaresima.
Maschere che rendono vivo il centro storico tursitano invitandoci, sorridendo, a qualche riflessione.