Nella suggestiva residenza artistica delle Monacelle di Matera martedì 23 aprile è stato proiettato “Nostos – Il ritorno”, una rivisitazione del mito di Ulisse, film del 1989 scritto e diretto da Franco Piavoli. Continua il progetto “MaTerre”, film di poesia in cinque episodi che verrà girato da altrettante coppie di artisti proveniente da città diverse dell’Europa mediterranea.
Alla proiezione è seguita la lectio magistralis dello stesso Piavoli, moderata da Adriano Aprà, critico cinematografico con gli interventi di Giacomo Martini, storico e critico cinematografico e teatrale e di Ivan Moliterni, responsabile dell’Ufficio Cinema del Comune di Matera. Nostos, il suo Ulisse, è il simbolo di un eroe senza tempo, reduce da un’atroce guerra e costretto a peregrinare in terre lontane, un eroe alla ricerca dell’identità fra memoria e nostalgia delle proprie origini. Ulisse è l’archetipo in cui l’uomo moderno meglio si identifica per l’inquietudine che lo caratterizza. La parola chiave è Nostos, che vuol dire nostalgia. Infatti nel film racconto il bisogno di Ulisse di ritornare alla sua patria, alla «ma terre», chiosa Piavoli. È un film video sinfonico, fatto soprattutto di immagini e di musica. «I dialoghi nel film – racconta Piavoli – sono limitati a poche parole ispirate a suoni di antiche lingue mediterranee e perciò può interessare anche agli stranieri. È un regista che ha inventato un genere dell’arte cinematografica, i suoi film sono film unici».
«Non ci sono dialoghi – racconta Giacomo Martini – la sua musica è il vento, i suoi colori sono il sole e la luna, è una specie di grande affresco impressionista sulla vita di un paese, è un piccolo gioiellino. Ma il suo non possiamo chiamarlo cinema ambientalista – continua – perché sarebbe riduttivo, è una pagina di poesia in cui racconta i suoni della vita di ogni giorno. Adriano Aprà ha parlato del cinema italiano contemporaneo, ma non di quello che si vede solitamente nelle sale, ma di quello alternativo che chiama “fuori norma”».
Nostos attraversa gli scenari più suggestivi del Mediterraneo, carichi di miti e di storia, per giungere infine alla Terra Madre, esprime le nostre paure, i rimorsi, le disperazioni ma anche le illusioni, gli incanti e soprattutto il bisogno di ripararsi nella casa della memoria e degli affetti elementari.
Ispirato ai miti degli antichi eroi, l’andare errando è simbolo del desiderio, dell’anelito insaziabile verso una meta che sembra irraggiungibile. L’andar vagando, il rimpianto, la nostalgia sono allo stesso tempo una spinta alla ricerca e all’esplorazione. Collocando la vicenda in una dimensione remota ed immaginaria possono meglio emergere le emozioni sommerse nella nostra memoria storica e genetica.
Alla fine della guerra, Nostos, inizia il suo viaggio di ritorno in patria nelle acque del Mediterraneo ma vari motivi ritardano la conclusione della sua avventura. Si troverà ad affrontare ostacoli naturali, ricordi evanescenti della sua infanzia, dei suoi genitori e il fascino di una bellissima ninfa. Vive la nostalgia per il passato, per la sua terra d’origine, per la moglie che lo attende. Il silenzio profondo e misterioso avvolge ogni cosa. Tutti i compagni periscono in seguito ad un naufragio e la solitudine incombe su di lui. E la natura si svela nei suoi meravigliosi aspetti: il mare, gli scogli, gli animali nella loro semplicità di vita, i fiori e le piante nella loro incomparabile bellezza. Tutto sembra accogliere l’errante come una madre premurosa. Alla fine Nostos riesce fortunosamente a giungere in prossimità della sua casa, dei suoi affetti e delle cose che gli sono familiari.
Foto di Federica Danzi e Michele Battilomo