Venerdì 3 maggio alle 18.30 al Circolo “La Scaletta” via Sette Dolori 10 a Matera è in programma l’inaugurazione della mostra di pittura “Lucania. La mia terra, la mia gente” di Vito Cerabona. Il pittore, originario di Accettura, paese della provincia materana, rende omaggio alle proprie radici ispirandosi a paesaggi, tradizioni e volti familiari che hanno accompagnato la sua fanciullezza, prima di trasferirsi a Milano per studio e lavoro. Il progetto espositivo, nato dall’amore giovanile mai sopito per la pittura, è composto da circa trenta opere olio su tela, che attraversano i ricordi, rievocando luoghi dell’anima e mestieri di antica tradizione.
“Di fronte alla natura egli è come il viaggiatore di Friedrich – ha scritto nel testo che accompagna la mostra il critico Edoardo Delle Donne- ai suoi occhi, dietro i fenomeni, esiste qualcosa di invisibile che è, per così dire, l’essenziale. Con colori accesi, frontalità simboliche, forme basiche, accentuazione delle linee di contorno, una accennata modulazione chiaroscurale, il pittore lucano afferma le proprie velate malinconie, le pulsanti intermittenze del suo cuore.
La mostra, organizzata dal Circolo ‘La Scaletta’ con il patrocinio della Provincia e del Comune di Matera e del Comune di Accettura, potrà essere visitata tutti i giorni fino al 19 maggio 2019 nei seguenti orari: 10-13 e 17-20. Ingresso libero.
Edoardo Delle Donne, Critico d’arte: “Una pittura tra naturalismo e idealismo”
Non si fa pittura che con la pittura. Con le sue iconologie, le sue ritualità cromatiche, le avide ed ansiose ricerche dell’ingegneria del tratto. Non è il cielo a fare l’azzurro, ma l’azzurro a fare il cielo. Non è l’azzurro la metafora, ma il cielo. Nelle opere di Vito Cerabona, che fa della semplicità dell’aleatorio, di un certo candore primitivo la propria radice profonda, capace di attraversare persino il nostro tempo, l’elemento pittorico è imprecisato, mobile, sfuggevole e contingente. Se il suo stile tende a farsi naïf in senso proprio (e la sua forma incolta, una variazione artistica retrocessa a dettati preprospettici) la sua pittura spontanea solo in apparenza, è un gioco che l’artista regge con l’astuzia del semplice, dell’uomo figlio della sua terra, che sa ciò che più conta per l’uomo: la poesia, non l’artificio della perfezione tecnica che tende a superare la stessa verità del visibile. Con colori accesi, frontalità simboliche, forme basiche, accentuazione delle linee di contorno, una accennata modulazione chiaroscurale, il pittore lucano afferma le proprie velate malinconie, le pulsanti intermittenze del suo cuore. Di fronte alla natura egli è come il viaggiatore di Friedrich, ai suoi occhi, dietro i fenomeni, esiste qualcosa di invisibile che è, per così dire, l’essenziale. Nelle sue tele le rappresentazioni di paesaggi naturali e cittadini, illustrano semplici brani di vita ordinaria, inscenano il lavoro dei campi, raccontano la storia graffiata sulle mura di Accettura, il suo paese. Nei volti che sfilano come manifesti viventi e vividi di una vita, il candore inventivo è rivelato da una materia che non si dissolve in macchia, ma si delinea per tratti e nettamente. La donna e l’uomo di Cerabona non sono solo raffigurazioni del nostro esistere, ma danno al nostro esistere la forza stessa di raffigurarsi da sè.