Deputati e Senatori del MoVimento 5 Stelle Gianluca Rospi, Luciano Cillis, Arnaldo Lomuti e Agnese Gallicchio: “I fatturati ENI in Val d’Agri non valgono il rischio per acqua e popolazione”. Di seguito la nota integrale.
Il Centro Oli di Viggiano, con gli annessi pozzi estrattivi, di reiniezione e i 550 km di oleodotti, dovrebbe andar via dall’area della Val d’Agri. Perché insistono su un reticolo idrico altamente delicato, che produce 3000 litri di acqua dolce al secondo, ha centinaia di km di acquedotti naturali collegati a più di 600 sorgenti. Tutto in altura e, dunque, nelle condizioni peggiori da controllare, come impatto ambientale sulle falde idriche.
Il rischio per l’elemento base della natura e dell’alimentazione umana è altissimo e va oltre la scelta NoTriv o SiTriv: l’acqua del fiume Agri raggiunge direttamente, con il rubinetto, e indirettamente, col cibo, circa 2 milioni di persone. Non è possibile sottovalutare tutto ciò.
Le recenti notizie provenienti dal processo in atto per lo sversamento Eni di 400 tonnellate di greggio, con truffa dei codici Cer, che riferiscono di perdite che duravano da circa 7 anni, non aiutano a smorzare le paure per una delle più belle valli della Basilicata. Molti dei pozzi estrattivi sono stati realizzati nelle aree di ricarica dei bacini idrici, quelli permeabili all’acqua piovana, per cui il rischio che si inquinino, irreversibilmente, le sorgenti del fiume Agri, è altissimo.
Ci vuole be altro che la recente proposta della “Valle dell’Energia”, con 80 milioni di investimenti nei prossimi 4 anni, addirittura per produrre, secondo l’Eni, “sostenibilità, diversificazione ed economia circolare”.
Termini che abbinati all’economia fossile sono un ossimoro blasfemo.
La sostenibilità, la diversificazione e l’economia circolare sono un preciso sistema di riutilizzo e riciclo della materia prima, che non si abbina agli scarti della lavorazione degli idrocarburi, esclude la produzione di rifiuti di ogni genere, elimina l’utilizzo delle discariche, propone il Km0 come filosofia di vita e predilige l’energia rinnovabile.
A ricordarci ogni giorno della pericolosità della presenza tra i monti lucani di questa attività altamente impattante, nonostante il progetto Eni di economia “verde”, rimarrebbero le fiammate del Cova, le piogge acide, i microsisma quotidiani e gli allarmi all’ecosistema del Pertusillo. Più le paure per la salute umana.
Meglio farebbe l’Eni a proporre un serio progetto di riconversione sostenibile dell’area, abbinato magari a uno studio per l’accumulo dell’energia rinnovabile e a un serio crono-programma di dismissione del Cova e dei pozzi estrattivi, non più lungo dei 4 anni per la fine della legislatura attuale. Visto che è anche in scadenza, nel 2020, il titolo per la Concessione Val d’Agri.
Bisogna ridare serenità alla valle, alla Basilicata e al buon senso, garantendo una riconversione che non sia strumento di propaganda commerciale, ma certezza per abitanti e lavoratori, le cui condizioni di vita non possono essere disattesi per più o meno l’1% del fatturato Shell ed Eni.