Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata in una nota interviene sulla vicenda della privatizzazione dell’EIPLI (Ente Irrigazione Puglia, Lucania ed Irpinia): “Che fine ha fatto la stella dell’acqua pubblica del Movimento 5 Stelle?” Di seguito la nota integrale.
Il 12 e 13 giugno del 2011 26 milioni di italiani, fra cui 270.000 lucani, si dichiararono a favore dell’acqua pubblica vincendo un referendum. Cosa significhi “acqua pubblica”, però, sembra essere ben poco chiaro all’attuale governo ed in particolare al M5S che, nonostante la sua prima stella sia dedicata proprio a questo, contribuisce oggi a portare a compimento il più grande processo di privatizzazione dell’acqua dell’intera Europa: la trasformazione dell’EIPLI – Ente Irrigazione Puglia, Lucania ed Irpinia – da Ente Pubblico in Società per Azioni, ossia in una società di capitali rientrante nel diritto privato.
Ai rappresentanti istituzionali che esprimono un’incongrua soddisfazione per l’operazione in corso sostenendo, per giunta, che l’acqua resta dei cittadini, vogliamo ricordare che non ha alcun senso parlare di “acqua pubblica” se il gestore diventa privato.
La gestione dell’acqua, infatti, si configura di per sé come “monopolio naturale” in quanto sia le riserve che forniscono il bene (sorgenti, falde, corsi d’acqua etc.) che le opere che ne consentono l’utilizzo (captazioni, dighe, acquedotti etc.) sono strettamente legati ad uno specifico territorio. A differenza di quanto accade per altri servizi (elettricità, telefonia etc.), quindi, nella fornitura di acqua gli abitanti di ogni area geografica sono indissolubilmente legati al gestore locale, il quale è inevitabilmente unico ed opera in regime monopolistico e non concorrenziale. Di conseguenza, privatizzare il gestore equivale di fatto a privatizzare anche l’acqua e se, come in questo caso, il gestore opera su un’area di grande estensione territoriale la situazione diventa ancora più grave.
L’EIPLI fu istituito nel 1947 per realizzare le infrastrutture idriche interregionali di ben tre regioni – Puglia, Lucania e Campania – e, nella prima fase, svolse bene il suo compito costruendo invasi, opere di captazione di sorgenti e centinaia di chilometri di reti di adduzione a valenza interregionale.
Fu il governo Prodi2 che nel 2007, dopo varie vicende gestionali, avviò il processo di privatizzazione decidendo che il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, d’intesa con le regioni interessate, iniziasse la procedura per trasformare l’EIPLI in s.p.a. partecipata dallo Stato e dalle tre regioni.
Tutti i Governi successivi hanno confermato tali scelte senza mai giungere, però, ad una loro esecuzione.
Nel 2011 il Governo Monti stabilì la definitiva soppressione dell’Ente e la sua messa in liquidazione, trasferendo funzioni e struttura alla s.p.a. indicata dal Governo Prodi2.
Con la legge di stabilità 2018 il Governo Gentiloni ribadì il trasferimento di funzioni e risorse dell’EIPLI ad una società costituita dallo Stato e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, a cui avrebbero potuto partecipare inizialmente soltanto le regioni Campania, Puglia e Basilicata e che successivamente avrebbe potuto accogliere anche altre società operanti nel mezzogiorno, inclusi colossi multinazionali come ACEA, SUEZ e VEOLIA, già presenti nel sud e da tempo interessati ad estendere la propria influenza all’intero distretto idrografico dell’Appennino Meridionale mediante la creazione di un gestore unico.
In perfetta continuità con il passato arriva ora il cosiddetto Decreto Crescita, provvedimento attualmente in discussione presso la Commissione Bilancio della Camera, tramite cui il Governo Conte a maggioranza giallo-verde accelera la costituzione della s.p.a.
Nell’articolo 24 si confermano tutte le previsioni precedenti, a dimostrazione della completa subalternità di questa maggioranza alle logiche di mercato che hanno contraddistinto gli ultimi 25 anni di politiche sui servizi pubblici locali e in particolare sulla gestione del bene acqua.
Si conferma, purtroppo, anche la centralizzazione e verticalizzazione delle decisioni, invece di costruire meccanismi che coinvolgano maggiormente le comunità attraverso la partecipazione degli Enti locali e garantiscano scelte effettivamente rispondenti agli interessi ed ai bisogni della collettività.
Neanche gli emendamenti presentati migliorano la situazione. Il n. 24.2 dell’On. Gallo (M5S), con cui si proponeva la soppressione della norma originaria da cui deriva la privatizzazione dell’EIPLI, è stato ritirato ed il n.24.3 dell’On. Daga (M5S), il cui esame è stato rinviato a data da destinarsi, conferma la trasformazione dell’EIPLI in s.p.a. pur provando a blindare la partecipazione pubblica con il divieto di cedere a privati le quote azionarie: inutile foglia di fico in quanto qualsiasi clausola posta a salvaguardia della totale pubblicità delle quote azionarie risulta insignificante soprattutto nel medio-lungo periodo. Il problema, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è l’entrata del sistema gestionale nel campo minato delle società per azioni, dove si opera in pieno regime di mercato a prescindere dalla proprietà delle quote.
In conclusione, appare evidente che c’erano tutte le condizioni per poter retrocedere da una scelta scellerata fatta dai governi passati e dare un reale segnale di cambiamento sia impedendo la privatizzazione dell’EIPLI che promuovendo l’approvazione della legge sull’acqua pubblica -redatta in collaborazione con il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e firmata dall’On Daga- che è ferma da mesi in Commissione Ambiente della Camera.
Invece, ancora una volta si è scelta la continuità e il perseverare nella logica della mercificazione dell’acqua.
Per questo il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata, unitamente al Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, denuncia con forza la pericolosità di questo provvedimento dichiarando che verranno messe in campo tutte le iniziative necessarie per contrastarlo.
Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata