“Il pericolo si è oggi materializzato. La Basilicata non deve diventare la sede di riversamento dei fanghi inquinati altrui. La Regione Basilicata deve continuare a fare la sua parte obbligando il Governo giallo-verde a modificare la norma (Decreto Genova). Immediatamente, data l’urgenza della questione, presenteremo lunedì una mozione con i colleghi Polese e Cifarelli, che impegni il Governo Regionale a non perdere tempo, chiedendo al Presidente Bardi e agli Assessori, competenti a titolo complementare sul tema (Agricoltura e Sanità), un atto ufficiale che ribadisca il totale divieto di uso dei fanghi di depurazione.”
Lo dichiara il consigliere regionale Luca Braia, Avanti Basilicata.
“Con l’intensificarsi dei controlli dei Carabinieri del N.O.E. di Potenza, che ringraziamo per la costante azione di tutela del territorio, – prosegue il consigliere Braia – sugli impianti di depurazione civile ed industriali e sul rispetto dei limiti per le acque di scarico, una operazione importantissima ha portato, nella zona del Metapontino e costa Jonica Materana, al sequestro penale di circa 96 tonnellate di fanghi di depurazione.
Sono comportamenti incivili e illegali da scongiurare, arginare e prevenire in ogni modo. Doveroso ricordare che è tuttora fatto divieto, per legge, sul territorio della regione Basilicata dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi che non rispettano i limiti, è ciò grazie a una norma storica e importantissima per il presente e il futuro della nostra terra, dell’ambiente, della salute, dell’agricoltura tutta.
Una battaglia che abbiamo sostenuto fino ad arrivare all’emanazione della legge regionale n. 4, il 13 marzo 2019, con cui abbiamo pronunciato un fermo e definitivo no ai fanghi di depurazione in agricoltura, in opposizione a quanto introdotto dal Governo nazionale, con il cosiddetto Decreto Genova, proprio sulla questione.
E’ politicamente gravissimo, infatti, che una Legge regionale tuttora ovviamente in vigore e che andrebbe rispettata almeno fino a quando non si pronuncerà la Corte costituzionale su una sua eventuale incostituzionalità, sia stata impugnata dal Consiglio dei Ministri. La Regione, ricordiamolo anche in vista di una discussione e risoluzione sulla autonomia differenziata, nell’esercizio delle proprie competenze, nel rispetto della normativa statale di tutela dell’ambiente, può stabilire in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.) livelli di tutela più elevati. E’ esattamente quanto è stato fatto dal precedente Consiglio Regionale, col solo voto contrario dei pentastellati.
L’attuale Governo nazionale potrebbe, da noi lucani, essere tristemente ricordato per aver deciso, con Delibera del Consiglio dei ministri dell’8 maggio 2019, di impugnare proprio questa norma regionale che la Regione Basilicata ha previsto per assicurare una maggiore tutela per l’intera filiera agro-alimentare e, di conseguenza, per la salute di cittadini e le condizioni ambientali di allevamenti, colture, produzioni ecc.
Non intendiamo permettere a nessuno di vanificare gli sforzi e il lavoro fatti sino ad oggi. Sappiamo che la Regione Basilicata si sta costituendo in giudizio contro il ricorso: al Governo Regionale attuale chiediamo un impegno forte nel notificare al nazionale, con l’opposizione allo stesso, le motivazioni inappellabili della norma regionale, oltre che di mettere in campo ogni azione utile a vietare di trasformare la Basilicata nella discarica fanghi di mezza Italia.
Chiediamo, inoltre, che si mobilitino tutte le associazioni di categoria.
Siamo arrivati ad avere, dopo la Lombardia – conclude Luca Braia – una legge regionale di cui essere orgogliosi che ha ripristinato il principio per cui i fanghi ad uso agricolo devono rispettare i limiti previsti per le matrici ambientali a cui dovranno essere assimilati, fino a quando il legislatore nazionale non provvederà ad una riforma organica della materia.
La Basilicata, con i suoi 600 mila ettari di superficie agraria utile, destina circa 100 mila ettari al biologico e non può tollerare l’utilizzo di fanghi di depurazione – secondo i limiti previsti dall’articolo 41 del Decreto Genova – in contrasto con l’incentivazione e il sostegno, negli ultimi 4 anni – di un’agricoltura indirizzata verso pratiche agronomiche caratterizzate da una drastica riduzione dell’utilizzo di sostanze chimiche fino a prevederne l’azzeramento per le colture bio.”