Progetto dell’Eni di trattamento delle acque di produzione a Viggiano: le associazioni ambientaliste esprimono perplessità e preoccupazione. Di seguito la nota inviata da Mediterraneo no triv, No scorie Trisaia, Osservatorio Popolare della Val d’Agri.
In data 14 maggio 2019 sul sito della Regione Basilicata è stato pubblicato un documento di Eni riferito al progetto di costruzione ed esercizio di un impianto per il trattamento delle acque di produzione provenienti dal Centro Olio Val d’Agri da realizzarsi in Località Le Vigne nel Comune di Viggiano.
Il documento è stato redatto in risposta alla richiesta di documentazione integrativa formulata dalla Regione Basilicata – Dipartimento Ambiente e Energia – Ufficio Compatibilità Ambientale (nota prot.0066042/23AB del 15 aprile 2019) nell’ambito del procedimento di cui all’art. 27-bis del D.Lgs.152/2006, attivato dalla Syndial S.p.A. con istanza del 27.11.2018, e si da risposta anche alle osservazioni critiche sollevate dalle associazioni ambientaliste e tra queste, a Mediterraneo no triv ed Osservatorio Popolare della Val d’Agri..
In effetti, Mediterraneo no triv ha avversato tale progetto già in passato, tanto che l’originaria soluzione prevista è stata abbandonata dalla compagnia petrolifera.
Rimangono, però, e per questa nuova ubicazione, le medesime perplessità già espresse in passato.
Nello specifico e tra le vari questioni, Mediterraneo no triv aveva anche osservato aspetti critici in merito all’effetto cumulo della radioattività.
Syndial afferma che tutta l’acqua depurata uscente dall’impianto sarà utilizzata nel Cova di Viggiano. Inoltre, afferma che in tal modo non vi sarà scarico di acqua trattata in alcun corpo d’acqua della Val D’agri. Tuttavia, premesso che il Cova di Viggiano, detratta la quantità di acqua che evapora sotto forma di vapore, deve pure scaricare la restante acqua industriale e che tale quantità di acqua, anche se depurata, conterrà una percentuale di isotopi radioattivi residui e idrocarburi residui, La quantità residua di isotopi nell’acqua trattata, potrebbe essere addirittura non apprezzabile e non riscontrabile a seguito di misura diretta. Inoltre, le quantità enormi di acque che saranno sversate nel tempo e la capacità di accumulo di metalli pesanti, tra cui i radiosotopi e gli idrocarburi, sono fenomeni frequenti e già verificatisi nel mare.
Poiché le quantità giornaliere che il COVA scaricherà nel depuratore ASI, tramite la rete di acque nere, di circa 1000 mc/giorno, pari ad almeno 350.000 mc/anno, tali quantità di acque tramite il depuratore ASI confluiranno nel fiume Agri e successivamente nel lago del Pertusillo, dove sussiste il pericolo che si verifichi “l’effetto accumulo” e quindi, un inquinamento da isotopi attivi per radiazioni ionizzanti, alcuni con emivita dell’ordine di 70.000 anni e da idrocarburi pesanti.
La più grande risorsa idrica della Basilicata e che fornisce acqua anche alla Puglia, può correre un simile pericolo?
Secondo Mediterraneo no triv la Valutazione di impatto ambientale redatto dalla Syndial, non considera adeguatamente il fatto che l’acqua trattata arriverà, comunque, dopo l’ultimo utilizzo nel COVA, al fiume Agri e al Lago del Pertusillo e non considera minimamente le conseguenze che potrà potenzialmente creare.
Inoltre, la società conferma che l’impianto sarà realizzato in zona in un’area caratterizzata da una notevole sismicità, conseguenza dell’assetto tettonico regionale: presenza di un allineamento tettonico che con direzione NO‐SE divide a ovest la catena appenninica e a est la cosiddetta Fossa Bradanica.
In particolare, l’assetto strutturale dell’Area dell’Alta Val d’Agri è caratterizzato da una serie di dislocazioni tettoniche meno profonde, principalmente faglie dirette, che hanno dato origine a zone ribassate (Val d’Agri) e zone sollevate (M. Volturino – Madonna di Viggiano e M. della Maddalena) e che sono le responsabili dell’attività sismica che ha frequentemente interessato la zona.
In effetti, in base all’Ordinanza del Presidente dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, e alla D.G.R della Basilicata n. 2000 del 4 novembre 2003, che ha aggiornato la classificazione sismica del territorio regionale, il territorio del Comune di Viggiano (PZ) risulta classificato in Zona 1.
Incredibilmente, sulla base delle caratteristiche stratigrafiche dei terreni presenti nell’area e in osservanza delle disposizioni di cui al punto 7.11.3.4.2 delle NTC‐2018, la società ammette che “non si può escludere il pericolo d’insorgenza di fenomeni di liquefazione dei terreni in condizioni sismiche.”
La verifica della suscettibilità alla liquefazione dei terreni di fondazione sarà oggetto di successivi approfondimenti di studio nell’area in esame.
Si osserva infine che, poiché sembra che ENI abbia richiesto la proroga della concessione Val d’Agri in scadenza il 26 ottobre 2019 per soli altri 10 anni, (perché il petrolio ha una fine a breve termine!!!! ), l’impianto Syndial invece, molto probabilmente sopravviverà al COVA facendo diventare ancor più concreto il pericolo che la Val d’Agri diventi pattumiera per i rifiuti speciali d’Italia!
Sussistono, quindi, a parere di Mediterraneo no triv e di Osservatorio popolare della Val d’Agri, una serie di criticità e tali da comportare il rigetto del progetto.
Intanto, le associazioni ambientaliste hanno inviato alla Regione Basilicata formale richiesta di partecipare alla Conferenza di Servizi del 9 luglio 2019.
Ci auguriamo che la Regione esprima consenso alla partecipazione delle associazioni ambientaliste.
Sarebbe dimostrazione di trasparenza, condivisione e partecipazione dei lucani all’iter autorizzativo di un impianto potenzialmente pericoloso.
Mediterraneo no triv, No scorie Trisaia, Osservatorio Popolare della Val d’Agri