“La definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) é la precondizione ineludibile all’autonomia differenziata, prevista dalla Costituzione Italiana, così come il fondo perequativo deve essere al 100% e non abbassato al 50%. Il trasferimento ad alcune Regioni di attività e servizi a forte impatto redistributivo, come l’istruzione e la sanità, può minare fortemente i diritti di cittadinanza e creare grave incertezza nei criteri di assegnazione delle risorse, a discapito delle Regioni del Sud. Si programmi al più presto, con le regioni confinanti Campania, Puglia, Calabria, un incontro congiunto per condividere tutte le criticità del regionalismo differenziato e definire una comune proposta.”
Lo dichiara il Consigliere Regionale Luca Braia di Avanti Basilicata, primo firmatario della mozione sull’Autonomia differenziata.
“L’autonomia differenziata, tema delicatissimo che abbiamo voluto fortemente e urgentemente introdurre nella discussione consiliare – prosegue Luca Braia – riteniamo non debba mai mettere in discussione l’Articolo 3 della Costituzione italiana, né materialmente o platealmente calpestare la Costituzione stessa.
Tutti i cittadini, infatti, hanno e devono continuare ad avere pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. Non possono venire meno i principi di perequazione e solidarietà che dovrebbero garantire livelli essenziali delle prestazioni sociali e civili a tutti i cittadini e le cittadine italiane, ovunque residenti.
Quattro sono i capisaldi su cui si basa l’autonomia differenziata: la capacità fiscale, i fabbisogni standard e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e il fondo di solidarietà ai comuni.
E’ inaccettabile, per non volontà o incapacità di fare calcoli e valutazioni, il principio che i fabbisogni standard siano legati all’assenza di un servizio che diventa fabbisogno zero (soprattutto nel mezzogiorno, ad esempio citiamo il dato eclatante di fabbisogno zero in ben 4367 comuni per gli asili nido.)
L’esaltazione del ciascuno per se, il trionfo dell’individualismo, del localismo come paradigma, la convinzione che sia assai più importante promuovere la competitività delle aree già più forti del paese, piuttosto che puntare ad un rilancio dell’intera economia nazionale ci preoccupano. I Diritti Universali non possono variare sulla base del Certificato di residenza.
Sia chiaro che, nonostante tutto, non siamo contrari a prescindere ad una autonomia che sappia tenere insieme le esigenze di maggiore efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione e allo stesso tempo garantire che tutti i cittadini siano uguali non solo di fronte alla legge e, soprattutto al fisco, ma anche sul lato dei diritti.
Riteniamo, se così non fosse, che ciò possa determinare l’inizio della fine di un modello sociale, politico, culturale, l’inizio di un percorso inesorabile che potrebbe portarci diritti verso una secessione dei ricchi, come definita dall’economista Gianfranco Viesti. Ciò è da evitare con tutte le nostre forze, perché il modello che si vuole realizzare è quello per cui le regioni a più alto reddito trattengono una parte maggiore delle tasse raccolte nel proprio territorio, sottraendola alla fiscalità nazionale. Percorso che è stato avviato per le tre regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna nell’indifferenza del popolo, e in particolare di quello del Mezzogiorno del paese.
Basare i meccanismi di finanziamento delle regioni e dei comuni sui cosiddetti “fabbisogni standard”, assumendo come termine di riferimento il “Costo Storico” e la “Capacità Fiscale” ovvero “il gettito dei tributi maturato nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali”, è una assurda e inaccettabile condizione che vedrà le regioni con il PIL più alto ricevere più risorse per ospedali, scuole e servizi.
Per quanto riguarda la Basilicata – conclude il Consigliere Braia – riteniamo che si debba scongiurare un modello di autonomia differenziata che esplicita l’esistenza di cittadini di serie A e cittadini di serie B solo perché residenti nelle regioni del sud, dove con arbitrarietà di indicatori si attribuiscono meno o zero fabbisogni standard.
Dal prima gli italiani, passeremmo a “prima alcuni italiani”: i più ricchi, i presunti produttivi, coloro che ritengono di avere il diritto di scrollarsi dalle spalle il pesante fardello del Sud perché costituenti la locomotiva del Nord che trascina il Paese. Invece, siamo e dobbiamo continuare ad essere tutti italiani e con eguali diritti.”