Segretario generale Uil Basilicata, Carmine Vaccaro e Presidente CSSEL, Giancarlo Vainieri: “Più che stare a tergiversare su numero e forme della dirigenza, è fondamentale una rilettura dei Dipartimenti di una regione che deve cambiare”. Di seguito la nota integrale.
“Quel che vale per il Paese vale ancor più per la Basilicata”. È il motto che abbiamo scelto per il recente Rapporto Cssel sul mercato del lavoro lucano 2019. Come per il Paese, gli indicatori del lavoro lucano nel 2018 propendono per una non ripresa dei fattori e dei fenomeni produttivi locali.
Un cammino virtuoso è possibile?
A condizione di riuscire a tenere insieme tre dimensioni, in apparenza divergenti: il riconoscimento del ritardo italiano e meridionale; l’assicurazione di fare insieme un nuovo percorso, in spirito di solidarietà (senza lasciare indietro nessuno) e di identità (il come siamo per storia ed invenzione); uno sguardo realistico ma pieno di ambizione verso il futuro, senza le “trappole” che “stampano” la macchina del potere locale, divenuta improduttiva ed inefficace.
Una trappola inedita è dentro il mercato del lavoro.
Lo scarto tra domanda più affinata delle imprese (circa 9mila entrate presunte nei primi mesi dell’anno) ed offerta: in 30 casi su 100 è prevista la difficoltà di reperimento dei profili desiderati, lavori e settori altamente specializzati o intermedi che siano (come rileva Excelsior-Unioncamere).
Cosa occorre? Riprogettare una nuova e maggiore saldatura degli elementi formativi pre e post-universitari verso le nuove esigenze professionali, superando la pratica dei progetti formativi “a catalogo”, rimodulandoli su di una chiara indagine sulle previsioni occupazionali delle imprese.
Un secondo fenomeno-trappola riguarda l’impiego dei Fondi Ue.
Come dimostra il Rapporto Cssel, il ciclo 2007-13 registra in provincia di Potenza una concentrazione massiccia degli impegni dei Fondi UE (circa 224mln su 326mln) nell’area del Potentino, in misura superiore alla somma di tutte le altre aree provinciali, per i temi Ambiente ed Energia, Sociale, Rafforzamento PA, Competitività ed Occupazione.
Come può funzionare un marchingegno simile? L’ufficio studi di Unioncamere nel 2015 rilevava che a fronte dei circa 600 milioni di euro impiegati dal Progetto Val d’Agri i nuovi posti di lavoro creati erano circa un centinaio!
Due fili da riprendere per il gioco dell’orientamento nella mappa del nuovo sviluppo: mercato del lavoro locale, formazione e reimpianto dei Fondi UE.
Decisivi i piani di settore, mettendo a posto le tante filiere produttive sconnesse, con una dimensione moderna di sviluppo, “realistico ed ambizioso”; oltre ad una priorità: l’obbligo di mettere mano alla formazione di nuove abilità dirigenziali nei campi del management e della programmazione.
Più che stare a tergiversare su numero e forme della dirigenza, è fondamentale una rilettura dei Dipartimenti regionali (richiesta antica e inattuata anche nella legislatura precedente) per progettualità e missioni, anziché per compiti statici e burocratici, secondo obiettivi omogenei quali:
– la Competitività del sistema regionale, lavoro e sviluppo delle competenze
– le Politiche per la persona, la cittadinanza e la coesione sociale
– le Politiche per la mobilita e per le infrastrutture
– il Governo del territorio, ambiente ed energia.
Insomma, la coscienza della modernità dei processi in atto e delle loro mappe.
Conta il tema della sostenibilità ambientale, delle risorse energetiche, di quelle sociali, demografiche, del welfare e dell’invecchiamento, della genetica e della medicina personalizzata. Un patto tra una forte comunità di cura, un sistema di protezione sociale, così felicemente intravisto nelle riforme degli anni ‘70, ed il mondo dell’impresa e del lavoro.
Alta è la posta in gioco, inclusa quella di nuove forme di rappresentanza ripensate in chiave umanistica: lo richiede il disagio che attraversa le manifestazioni sindacali dei metalmeccanici, dei lavoratori precari.
C’è una questione territoriale che emerge dal reticolo di uomini e luoghi definendo una tela fine di relazioni: la dinamica “città ricca-campagna florida”, la piattaforma Salerno-Foggia e, verso Sud, l’interno Melfi-Potenza e la Dorsale appenninica, vero comprensorio polifunzionale da sviluppare.
Ci vuole un “cervello sociale” per coniugare saperi e competenze (ad esempio tra le Università di Salerno, di Foggia e di Potenza) alla modernizzazione dell’agroalimentare e del manifatturiero. Qualcosa che richiede un nuovo respiro di “regione aperta”.
L’Emilia lo fa questo mestiere. Da terra di distretti e filiere ad Hub europeo della ricerca e dei big data. È il cambio che sta vivendo quella regione, sulla base di investimenti o anche con i fondi UE all’insegna del digitale e dell’intelligenza artificiale, permeando manifattura ed in primis biotech, abbattendo confini geografici, partendo da uno strumento compartecipato: un Patto per il lavoro sottoscritto con forze economiche e sociali per inserire vantaggi competitivi in catene del valore europee e mondiali. È questo un modello da seguire!
Per la Basilicata quali possono essere i ganci da applicare in questa scalata?
– un polo per l’industria culturale post Matera 2019 a cominciare dalla candidatura a capitale meridionale del design e dell’architettura del recupero dei centri storici e dell’arcaicità;
– un trust di alta specialità per lo studio e l’osservazione bio-ambientale in senso lato, dal campo agricolo a quello energetico al manifatturiero;
– un polo di ricerca e di prototipazione legato all’auto, ulteriore al Campus di Melfi, verso un modello di ingegneria dell’automotive stile Modena.
Il cantiere unitario delle forze sindacali su questi temi è aperto e di per se è un valore, con la consapevolezza però che tutto scorre mutando le consuetudini del potere locale, per evitare una “modernizzazione regressiva” come qualcuno l’ha definita.