Nello scenario suggestivo del giardino delle mura medievali nel borgo antico di Montalbano Jonico è stata firmata la convenzione per l’istituzione del Parco letterario “Francesco Lomonaco” tra il Presidente dei Parchi Letterari Italiani Stanislao De Marsanich, il sindaco Piero Marrese in qualità di Presidente della provincia di Matera e l’assessore alla cultura Ines Nesi in rappresentanza del comune.
E’ il quarto Parco Letterario della provincia di Matera dopo quella di Carlo Levi ad Aliano, di Albino Pierro a Tursi e di Isabella Morra a Valsinni. Erano presenti, infatti, i sindaci di questi comuni: Luigi Di Lorenzo, Salvatore Cosma, e Gaetano Celano.
Dopo l’introduzione del sindaco Piero Marrese ha preso la parola Vincenzo Maida, giornalista e autore di testi teatrali, che ha tracciato il profilo storico e umano dell’illustre montalbanese, ha riconosciuto il grande impegno profuso dall’amministrazione comunale per il raggiungimento di un obiettivo che con la sua associazione perseguiva da molti anni. E’ stata quindi la volta dell’assessore Ines Nesi che ha annunciato un convegno per il mese di ottobre su Lomonaco con studiosi di diverse università italiane. Ha concluso il Presidente Nazionale dei Parchi Letterari Stanislao De Marsanich.
E’ seguita una straordinaria performance teatrale del testo “Francesco Lomonaco – ultimo scritto”, ideata e scritta dallo Vincenzo Maida e interpretata da di Emilio Andrisani dell’Hermes Teatro Laboratorio con il gruppo del teatro montalbanese. Sono quindi intervenuti il vice-sindaco Giuseppe Di Sanzo e don Filippo Lombardi della diocesi di Matera-Irsina.
Francesco Lomonaco, il cui busto nel 1913 venne collocato sul Pincio a Roma tra i trecento italiani illustri, soprannominato il Plutarco Italiano, è considerato un precursore dell’Unità Nazionale. Era nato il 22 novembre del 1772 e aveva vissuto a Montalbano fino ai 18 anni, quando era andato a Napoli a studiare giurisprudenza prima e medicina dopo. La madre era Margherita Fiorentino, sorella del medico Giuseppe Fiorentino padre di Niccolò. Nell’atto di battesimo venne registrato con il nome di Maurizio, Francesco, Saverio, Bernardo, Gaetano e Donato. Francesco sin da piccolo mostrò una passione fuori dal normale per gli studi.
Ebbe come maestro l’abate Nicola Maria Troyli dal quale apprese il latino, il greco, la filosofia, la matematica, la fisica, l’archeologia, della quale l’anziano uomo di cultura era considerato un profondo conoscitore, e anche l’ebraico.
Intellettuale dalla solida cultura, amico di Eleonora de Pimentel Fonseca, di Vincenzo Cuoco e di tanti altri intellettuali partenopei, prese parte al movimento rivoluzionario che portò alla nascita della repubblica napoletana del 1799. Scampato per caso al capestro borbonico, il suo cognome venne trascritto Lamanica, esule prima a Marsiglia, poi in Svizzera, quindi a Milano, Lomonaco morì suicida a soli 38 anni a Pavia il primo settembre del 1810.
Amico di Vincenzo Monti e medico di Ugo Foscolo e del fratello di costui, anche lui morto suicida, Alessandro Manzoni lo considerò un suo maestro e gli dedicò un sonetto giovanile.
Padre Gabriele Ronzano, storico, autorevole uomo di cultura, gesuita, nel suo libro Fermo e Lucia, ha avanzato l’ipotesi suggestiva, ma non dimostrata, che sarebbe stato lui a donare allo scrittore milanese il manoscritto da cui egli trasse ispirazione per scrivere il romanzo più famoso della letteratura italiana: “I promessi sposi”.
Una tesi simile e altrettanto suggestiva è stata avanzata da Giuseppe Michele Scaccuto in Eresie su Francesco Lomonaco, dove l’autore si è esercitato anche a trovare delle similitudini tra la forma di scrittura utilizzata dal Lomonaco e quella del Manzoni.
Lomonaco scrisse tra l’altro: Rapporto al cittadino Carnot, Analisi della sensibilità e delle sue leggi e delle sue diverse modificazioni considerate relativamente alla morale ed alla politica, Vite degli eccellenti italiani, Vite dei famosi capitani d’Italia, Discorsi letterari e filosofici. Francesco Lomonaco entrò in dialettico confronto con i grandi della cultura nazionale, assolvendo al notevole compito di portare a conoscenza degli intellettuali del Nord lo storicismo di Giambattista Vico e tutti i fertili stimoli della cultura napoletana. Sarebbe perciò diventato importante nella vita e nell’opera di Foscolo e Manzoni. Senza di lui, e senza il suo vichismo, difficilmente Foscolo sarebbe passato dall’Ortis ai Sepolcri e difficilmente il giovane Manzoni avrebbe superato l’antistoricismo illuministico, si sarebbe aperto allo studio della storia e avrebbe scoperto una Provvidenza sottesa agli eventi umani. Il Manzoni di tutto ciò, in una intervista rilasciata nel 1866 ma pubblicata sul “Corriere della sera” dieci anni dopo, il 12-13 ottobre 1876, gli avrebbe dato ampio riconoscimento e ampio merito.
Francesco Lomonaco era nato a Montalbano Ionico il 22 novembre 1772, in un momento in cui quella cittadina appariva popolata da dottori laureatisi a Napoli, nel clima nascente dell’Illuminismo. Uno di questi era Nicola Lomonaco, padre di Francesco. Un fratello di Francesco era Luigi, che sarebbe stato anche lui coinvolto nei fatti del 1799. Nel 1799, quando aveva ventisette anni, fu tra i promotori della rivoluzione e fra gli assediati di Castel Sant’Elmo. Esule dunque a Milano grazie a Vincenzo Monti riuscì ad ottenere l’insegnamento di storia e geografia presso il Collegio militare di Pavia. La conoscenza e i contatti con la cultura settentrionale d’Italia avevano nel frattempo allargato anche i suoi orizzonti politici. Quando pubblicò l’ultima sua opera, Discorsi politici e letterari, nel 1809, essa fu mal gradita dal potere napoleonico, fu perseguitata dalla censura e ritirata dal mercato. Lomonaco allora, come Iacopo Ortis, cui era molto vicino, perché era vicino al giovane Foscolo, deluso e amareggiato decideva di chiudere con un ulteriore atto di protesta e libertà la sua breve e concitata esistenza. La mattina del 1° settembre 1810 si lasciava affogare nelle acque del Navigliaccio, alla periferia di Pavia. Non aveva ancora compiuto 38 anni.