La Senatrice del M5S, Agnese Gallicchio, ha depositato, in data odierna, un’interrogazione a risposta scritta indirizzata al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ed al Ministro per la Pubblica Amministrazione, sull’utilizzo efficiente delle risorse pubbliche e la tutela dell’ambiente nell’ambito della legalità, con riferimento all’intricata vicenda del caso Arpab, balzata recentemente agli onori della cronaca, a seguito di alcune pubblicazioni avvenute a mezzo stampa. La portavoce pentastellata torna dunque a parlare di “Legalità” per il suo territorio di origine. L’articolo pubblicato su “La Nuova del Sud” del 24 giugno 2019 denuncia una situazione allarmante all’interno dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata, cui compete l’attività di vigilanza e controllo in materia ambientale, mettendo in luce una gestione confusionaria e una carenza di personale, che ne starebbero compromettendo il corretto funzionamento, tanto da pregiudicare lo svolgimento dei controlli ordinari e straordinari da parte dell’agenzia. L’articolo pubblicato sul giornale “Le cronache lucane” dell’11 luglio 2019 aggiunge un tassello alla situazione sopra descritta, denunciando la precaria situazione finanziaria dell’Agenzia che è in attesa di ricevere dalla Regione Basilicata il finanziamento di 10 milioni e 491 mila euro, con il “rischio di causare all’Arpab danni non solo gestionali, ma anche di natura operativa per le ricadute sull’espletamento di monitoraggi e controlli”. I problemi organizzativi e gestionali dell’ente – sottolinea la portavoce pentastellata – sono cosa nota e risalente nel tempo: nel 2018 “Il Fatto Quotidiano” denunciava l’impiego su larga scala di lavoratori interinali da parte dell’Arpab e l’inquadramento del personale con diverse forme contrattuali: non solamente con il contratto collettivo previsto per il comparto della sanità pubblica, ma anche con contratti di natura privatistica, come il CCNL Chimici e di somministrazione di lavoro (ilfattoquotidiano, 26.02.2018). Considerato che l’articolo 36, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che, per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario, le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato; il ricorso al lavoro flessibile (tempo determinato, somministrazione lavoro e lavoro accessorio) è previsto, a norma dello stesso articolo, esclusivamente per rispondere ad esigenze di carattere temporaneo o eccezionale, e che in spregio a tale disposizione normativa, nel 2016 la Regione Basilicata ha indetto una gara del valore di 7,5 milioni di euro per la conclusione di un accordo quadro per l’affidamento triennale del servizio di somministrazione di lavoro temporaneo per l’Arpab, in forza del quale solo nel 2018 sono stati stipulati ben 66 contratti di somministrazione a fronte di 129 unità di personale assunto a tempo indeterminato. Al riguardo, l’art. 23, comma 1, del D.lgs. 81/2015 prevede che “non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione”, mentre nel caso dell’Arpab tale limite è stato ampiamente superato, raggiungendo la soglia del 50%. A parere dell’interrogante il ricorso al lavoro interinale non è avvenuto solo in violazione delle citate disposizioni normative, ma ha determinato altresì uno spreco di denaro pubblico – in quanto i costi per l’utilizzo di lavoratori somministrati sono superiori a quelli per l’assunzione diretta, dal momento che si deve sommare a questi anche il compenso dell’agenzia interinale, pari a 622 mila euro oltre Iva – e un prevedibile abbassamento del livello di professionalità dei suoi addetti. Sul punto, il citato articolo de “Il Fatto Quotidiano” denunciava non solo una scarsa trasparenza in merito alle modalità di selezione del personale assunto con tale procedura – in quanto la graduatoria dei partecipanti non veniva resa conoscibile neanche ai diretti interessati e un vasto numero di candidati veniva escluso, nonostante fosse in possesso dei requisiti richiesti – ma soprattutto il fatto che l’Arpab stessa avesse modificato i requisiti minimi previsti per le varie figure professionali, abbassandoli rispetto a quanto stabilito inizialmente. Infatti, l’accordo quadro definito dalla stazione appaltante e fatto proprio dall’Arpab prevedeva per le varie posizioni la laurea magistrale o specialistica e l’iscrizione all’albo mentre, in sede di accordo attuativo, si è previsto come requisito la sola laurea triennale. Tale circostanza assume particolare rilievo alla luce delle accuse rivolte negli anni all’Arpab, relative ai mancati controlli e ai tentativi di coprire veri e propri disastri ambientali. La Basilicata è una regione ad alto tasso di rischio ambientale per via dell’estrazione di idrocarburi da parte di multinazionali, quali Total ed Eni, per i problemi relativi al bacino del Pertusillo e per l’impianto di ritrattamento del combustibile nucleare di Rotondella, oltre che di svariate aree da bonificare, ragion per cui non si giustifica in alcun modo l’utilizzo di lavoratori precari e dotati di qualifiche minime. Nell’interrogazione parlamentare si evidenzia, peraltro, come i lavoratori in regime di somministrazione di lavoro non potrebbero neppure essere utilizzati per le attività di ispezione e controllo, fondamentali per l’operato dell’agenzia, come chiarito anche dalla delibera n. 308 del 12 ottobre 2018 emanata dalla stessa Arpab. La Portavoce del M5S al Senato, Agnese Gallicchio, attraverso la predetta interrogazione parlamentare, pone all’attenzione del Governo la delicata situazione, fiduciosa che si possa trovare un rimedio alle carenze organizzative denunciate e ripristinare la piena operatività dell’Arpab, nonché il corretto svolgimento delle funzioni di controllo ad essa demandate, accendendo così i riflettori sulla spinosa vicenda.
Lug 16