Consigliere regionale Cifarelli (PD): “L’autonomia differenziata e la Basilicata”. Di seguito la nota integrale.
Gli italiani saranno chiamati a breve a votare dopo meno di due anni per il rinnovo del Parlamento dopo la fine annunciata del governo giallo verde. Il tema dell’autonomia differenziata sarà soggetta ad una autentica “operazione verità” ed entrerà in tutti i dibattiti e nelle arringhe dai palchi della penisola. La Lega di Salvini sarà impegnata a spiegare e ad illudere noi meridionali su quanti vantaggi e quanto bene farà anche al Mezzogiorno oltre che al Nord. In questi mesi dall’insediamento della Giunta Bardi, per ben due volte i gruppi del centrosinistra hanno sollecitato il Consiglio regionale ad assumere una posizione chiara rispetto al tema, ma senza successo. La maggioranza di centrodestra si è rifiutata di discutere, rintanandosi dentro il classico rinvio per la necessità di “studiare ed approfondire”. Il presidente Bardi, seppure incalzato, in Consiglio regionale non ha proferito parola, mentre ha garantito qualche mezza promessa in qualche stringata dichiarazione pubblica.
L’idea che mi sono fatto è che nella migliore delle ipotesi la Lega Basilicata non ha compreso la reale portata del problema ed i pericoli che corre la Basilicata nel caso in cui l’autonomia differenziata dovesse realizzarsi così come vorrebbero Lombardia e Veneto; nella ipotesi peggiore dobbiamo dedurre che invece una consapevolezza esista, ma che i leghisti lucani siano assoggettati passivamente alle volontà della Lega del Nord e del sua vate Salvini.
Occorre riconoscere con onestà che in questa fase il Movimento 5 Stelle ha rappresentato un freno al progetto leghista; mentre le regioni del Sud non sono riuscite finora a coordinarsi tra loro ed il Partito Democratico non ha una posizione univoca sulla materia.
In questi ultimi giorni il dibattito nazionale sul tema dell’autonomia regionale è particolarmente vivace. La bozza di regionalismo differenziato inizialmente presentata dai Presidenti delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto ha dapprima suscitato attenzione e disponibilità da parte del Governo nazionale, successivamente, ad una lettura più approfondita è seguito un atteggiamento più prudente determinato dalla consapevolezza che una maggiore autonomia di una o più Regioni potrebbe indebolire l’unità e la coesione del Paese.
Per essere chiari il Partito Democratico è favorevole al riconoscimento di maggiore forme di autonomia alle Regioni, tuttavia, siamo assolutamente contrari a soluzioni affrettate e sbrigative che acuirebbero ancora di più le diseguaglianze tra territori.
Finora le regioni del Mezzogiorno non hanno definito una linea politica comune, pur condividendo il principio di quanto sia difficile trovare l’equilibrio tra maggiore autonomia e crescita omogenea dei territori. È auspicabile che questo accada rapidamente, perché ogni giorno perso in tal senso è un giorno a favore delle regioni e delle ragioni del Nord.
Anche il Governo nazionale su questo argomento era fortemente diviso. Il punto di rottura tra i due partiti di maggioranza si consumava sul tema delle attribuzioni di ulteriori deleghe nel campo della scuola, della sanità, dei beni culturali e, soprattutto, sulla distribuzione delle risorse finanziarie fra le Regioni.
Nell’affrontare questo delicato passaggio della storia del nostro Paese e, quindi, al fine di assicurare la sua tenuta unitaria, così come prevede la Costituzione, è necessario partire da alcuni punti fermi :
1. la preventiva definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territoti nazionale così come previsto dall’art. 117 della Costituzone;
2. la centralità da affidare al Parlamento nel percorso di formulazione della legge , nella fase di monitoraggio della stessa per verificare gli effetti del regionalismo differenziato sull’efficienza e sull’efficacia dell’offerta dei beni e dei servizi pubblici regionali, così come sulle conseguenze in termini di uguaglianza nel godimento da parte dei cittadini dei diritti fondamentali come istruzione, sanità e sicurezza;
3. il processo che assegna maggiore autonomia alle Regioni sia ampiamente condiviso su scala nazionale e, perciò, ispirato da scelte fatte nell’interesse di tutto il Paese e non frutto di egoismi localizzati geograficamente che, paradossalmente, potrebbero segnare il passaggio da un vetero centralismo dello Stato ad un neocentralismo esasperato delle Regioni.
In assenza di questi presupposti e , quindi, di un approfondito e trasparente dibattito sul contenuto della intesa trovata dal Governo con alcune regioni e, in particolar modo sui meccanismi di finanziamento delle nuove funzioni assegnate alle Regioni , risulta evidente la insostenibilità del provvedimento e il sorgere di gravi perplessità in ordine al percorso che tende inevitabilmente ad avvantaggiare alcune Regioni a danno di altre, rompendo il vincolo di solidarietà che tiene unito il Paese e aumentando il divario esistente.
E a coloro che maliziosamente tirano fuori argomenti circa la spesa pubblica favorevole alle Regioni del sud, i dati Svimez ci dicono che il Mezzogiorno con una popolazione pari al 34,3% del totale nazionale riceve il 28,3% della spesa pubblica allargata, mentre il Centro-Nord con una popolazione pari al 65,7% incassa un importo pari al 71,7% del totale della spesa. In pratica, si dà al Sud il 6% in meno di quello che gli spetta e al Nord il 6% in più di quello che la Costituzione ritiene che debba avere.
In questo articolato e delicato dibattito, si evince come la posta in palio “solletica” gli appetiti delle Regioni e, di conseguenza, ognuna di esse cerca un posizionamento politico in grado di assicurare un “vantaggio competitivo “ maggiore. E la Regione Basilicata ? Ufficialmente tace. Ma qualche esponente leghista si avventura nel proporre una autonomia in materia energetica come opportunità per la Basilicata. Sarebbe una scelta scellerata legare il destino della Basilicata alle estrazioni petrolifere! Ne avrebbero a detrimento le garanzie per la salute dei cittadini e per la qualità ambientale, perché per garantire maggiori entrate a copertura delle minori derivanti dai trasferimenti dello Stato occorrerà aumentare a dismisura le quantità di barili da estrarre; per non pensare, poi, al fatto che il petrolio non è infinito, e quindi cosa ne sarebbe della Basilicata una volta esauriti i giacimenti? Un deserto territoriale, ambientale e demografico.
Ecco perché si sente fortissima l’assenza della voce del Governo regionale lucano. Il Presidente Bardi ha il dovere di esplicitare il suo pensiero e di formalizzarlo in Consiglio regionale. Sarebbe un atto di giustizia politica e correttezza amministrativa nei confronti dei lucani che hanno riposto in lui fiducia, e che non si aspettano inganni e sotterfugi.
Eppure la Basilicata, delle regioni del Mezzogiorno, è fra quelle che rischia di più. Sia per le sue dimensioni e sia per la sua scarsa capacità di gettito fiscale. Una autonomia differenziata come auspicata da Salvini e dai lombardo veneti per la Basilicata, indebolita e sfibrata, sarebbe l’anticamera della sua scomparsa e dell’accorpamento in una macroregione.
La prossima campagna elettorale per le elezioni politiche si giocherà molto su questo tema. Il centrosinistra ed il Partito Democratico non possono essere timidi; ne va del futuro dell’unità del paese.
La società lucana è pronta ad affrontare la sfida della autonomia differenziata, ma intanto va sventata l’ipotesi oggi in campo sconfiggendo la Lega alle prossime elezioni, perché nonostante “ il lucano sia perseguitato dal demone della insoddisfazione” per dirla alla Sinisgalli, guarda al futuro con fiducia. Al contrario, la classe di governo regionale guarda al passato e, senza dare risposta chiare, è impegnata nel riesumare stravaganti ipotesi neoborboniche.
Non c’è più tempo da perdere. Il Presidente Bardi assuma una posizione netta e precisa a difesa della Basilicata. Tutto il resto è propaganda.
Matera, 10 agosto 2019
Il Capogruppo PD
Roberto Cifarel