«L’università non può essere, ed è certamente un rischio che corre, un luogo accademico chiuso, ripiegato su se stesso e separato dalla realtà. La terza missione infatti ricorda che l’università è il cuore pulsante di ogni autentico sistema di sviluppo sociale». È con queste parole che monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha dato il via ai lavori del tradizione seminario dei docenti di Teologia e degli assistenti pastorali che ha preso il via nel pomeriggio di lunedì 9 settembre nel Salone degli Stemmi – Episcopio di Matera nell’ambito delle attività di “Università Cattolica incontra Matera 2019”.
La Terza Missione dell’Università: cultura, società, futuro. Pensare e vivere l’Università Cattolica in “uscita missionaria” (Christus Vivit 222), questo il titolo dell’iniziativa, promossa dal Collegio dei docenti di Teologia, dal Centro pastorale dell’Ateneo e dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori introdotto dai saluti di Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica, di Raffaello Giulio De Ruggieri, sindaco di Matera, di Salvatore Adduce, presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019 e di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina. «Questo Seminario è sicuramente anche frutto di un confronto avviato due anni fa, quando recandomi presso la sede centrale di Milano dell’Università Cattolica ho avuto modo di chiedere un progetto di collaborazione con la nostra Chiesa locale incontrando sia il Rettore Franco Anelli, sia il Preside Domenico Bodega e il Direttore del Toniolo Enrico Fusi, e Mons. Claudio Giuliodori», ha detto monsignor Caiazzo.
«L’intento è stato e rimane quello di far rientrare i nostri giovani nella terra di Lucania che vede lo spopolamento delle sue energie e menti più preziose che quotidianamente sono costrette ad emigrare. Ogni anno più di 1.500 giovani lasciano la nostra terra». Un’idea che nel tempo è stata seriamente presa in considerazione dall’Università Cattolica: «Siamo riusciti a coinvolgere diverse scuole superiori della città di Matera, così come a Potenza e nella Diocesi di Melfi – Rapolla – Venosa», ha continuato monsignor Caiazzo, al punto che questo progetto rappresenta «un altro tassello che aggiungiamo alle tante altre iniziative che come Chiesa stiamo promuovendo e portando avanti sull’intero territorio della Basilicata».
Insomma un esempio virtuoso di Terza missione di un ateneo che contribuisce alla valorizzazione e allo sviluppo del territorio. Del resto, ha detto monsignor Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, «oggi l’Università è obbligata a dialogare con il mondo che è attraversato da profonde trasformazioni e problemi e da molteplici crisi di varia natura: crisi economiche, finanziarie, del lavoro; crisi politiche, democratiche, di partecipazione; crisi ambientali e naturali; crisi demografiche e migratorie».
Ed «è in tale orizzonte che si deve collocare la terza missione dell’Università perché questa istituzione, fedele alla propria natura specifica, si ponga seriamente a confronto con le nuove sfide epocali». Questo perché la «Chiesa del terzo millennio è impegnata a rinnovare la propria passione educativa guardando soprattutto al bene delle giovani generazioni per aiutarle a crescere non solo in intelligenza ma anche in umanità. Il fine dell’educazione, come si legge nella Gravissimum educationis, è di consentire ad ogni persona di sentirsi attivamente partecipe nella costruzione di una nuova società, a partire da un quadro di istanze etiche e normative condivise. In quest’ottica la terza missione è come l’estensione del processo di inclusione che dalle istituzioni deve dilatarsi all’intera famiglia umana».
Ma qual è in concreto il contributo che gli atenei cattolici? «La Terza missione costituisce per le nostre istituzioni un’occasione privilegiata – ha affermato il rettore Franco Anelli – non solo per allargare gli orizzonti delle collaborazioni extra-accademiche, ma ancor prima l’impiego della ragione e della cultura oltre gli schemi consueti con l’intento di raggiungere presone anche distanti dal nostro modo di vivere e di pensare». E da questo punto di vista «l’insegnamento della teologia può fornire un aiuto importante per la sua «dimensione culturale».
La Terza Missione dell’Università: cultura, società, futuro. Pensare e vivere l’Università Cattolica in “uscita missionaria” (Christus Vivit 222), questo il titolo dell’iniziativa, promossa dal Collegio dei docenti di Teologia, dal Centro pastorale dell’Ateneo e dall’Istituto degli Studi Giuseppe Toniolo. Le giornate di studio saranno l’occasione non solo per immergersi nel dibattito che sta animando la Capitale Europea della Cultura 2019 ma anche per raccontare, attraverso incontri e testimonianze, le tante iniziative di Terza missione che l’Ateneo sta svolgendo nel territorio italiano, in particolare al Sud e in Basilicata.
«Il seminario che si terrà a Matera – spiega l’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori – sarà l’occasione per approfondire temi di straordinaria attualità che riguardano il ruolo e la missione delle università, e in particolare dell’Università Cattolica, a cui è chiesto di sviluppare, oltre alla didattica e alla ricerca, percorsi concreti per interagire in modo dinamico e costruttivo con le grandi sfide del Paese, dando così un peculiare e decisivo contributo allo sviluppo umano e sociale. In questo quadro anche la teologia è chiamata a dare il suo specifico apporto offrendo chiavi antropologiche, etiche e spirituali per uno sviluppo integrale che sappia tenera assieme tradizione e innovazione, sviluppo e sostenibilità ambientale, progresso e promozione sociale nella giustizia e nella pace per tutti».
L’incontro prenderà il via lunedì 9 settembre alle ore 15.30 nel Salone degli Stemmi (Episcopio di Matera) con i saluti di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, di Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica, di Raffaello Giulio De Ruggieri, sindaco di Matera, di Salvatore Adduce, presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019. Seguirà il dibattito intitolato La terza Missione dell’Università: contenuti, obiettivi e percorsi, preceduto dall’introduzione di monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo. Con monsignor Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, e il rettore Franco Anelli, si confronteranno Aurelia Sole, rettore dell’Università degli Studi della Basilicata, Alberto De Toni, rettore dell’Università degli Studi di Udine e presidente della Fondazione CRUI.
La giornata di martedì 10 settembre, dalle ore 9, si concentrerà sul tema: Terza missione e Università Cattolica: una storia che sa di futuro. Dopo l’introduzione di don Pier Davide Guenzi, docente di Teologia all’Università, si alterneranno le relazioni di Mario Taccolini, prorettore dell’Università Cattolica, di monsignor Claudio Stercal, docente di Teologia in Cattolica, di Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università. Alle 11.30 alcuni rappresentanti dell’Associazione Alumni, coordinati da Giovanni Marseguerra, delegato per l’Offerta Formativa, porteranno la loro testimonianza di ex studenti dell’Università Cattolica.
Teologia e innovazioni scientifiche: cambiamenti e prospettive è il titolo della tavola rotonda che alle ore 9.00 apre i lavori della giornata di studio di mercoledì 11 settembre. Sarà don Luca Peyron, docente di Teologia dell’Università Cattolica e dell’Università di Torino a introdurre le relazioni di Adriano Fabris, docente di Filosofia ed Etica della comunicazione all’Università di Pisa, Roberto Diodato, docente di Estetica nella facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica, e di don Raffaele Maiolini, docente di Teologia in Cattolica. La sessione pomeridiana si articolerà in una visita guidata alla Chiesa rupestre: “Cripta del Peccato Originale” e nel momento di spiritualità nel Santuario Madonna di Picciano Formare i giovani alla luce dell’Esortazione apostolica “Christus vivit”, a cura di don Carmine Lamonea, responsabile della pastorale giovanile Regione Basilicata.
I lavori del seminario si concluderanno giovedì 12 settembre con la tavola rotonda Terza Missione all’opera: esperienze e prospettive, in programma alle ore 9.30, nell’Auditorium Casa Sant’Anna. Al dibattito, coordinato da Antonella Sciarrone, prorettore dell’Università Cattolica e presidente EDUCatt, e da don Paolo Bonini, docente di Teologia, parteciperanno monsignor Stefano Russo, segretario generale della Conferenza episcopale Italiana (Cei), Silvano Petrosino, docente di Filosofia in Cattolica, Mario Molteni, delegato ai Rapporti con le imprese e Terza Missione dell’Ateneo, Mario Gatti, direttore del campus di Milano e dell’area Ricerca e Sviluppo, Enzo Viscardi, assistente pastorale, Alessandro Sgambato, direttore scientifico dell’Irccs Crob di Rionero in Vulture, Ivana Pais, responsabile del Progetto Orientamento Basilicata – Percorso Lucania FutureLab, Paola Bignardi, dell’Istituto Toniolo, coordinatrice Rapporto Giovani e Osservatorio Giovani SUD, Paolo Verri, direttore generale Fondazione Matera-Basilicata 2019.
Chiuderà i lavori del Seminario l’intervento dell’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori.
Nel corso delle giornate ci saranno anche le Celebrazioni Eucaristiche presiedute da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, da monsignor Giovanni Intini, vescovo di Tricarico, da monsignor Salvatore Ligorio, arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, da monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei.
Riportiamo di seguito l’intervento di S. E. Mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Ritrovarsi qui a Matera per la sesta edizione del Seminario di studio dei Docenti di Teologia e degli Assistenti Pastorali è già di per sé un fatto straordinario e carico di significati. Essere accolti nella capitale europea della cultura, mentre si celebra un anno ricco di eventi di rilevanza mondiale, ci fa sentire immediatamente partecipi di una pagina non secondaria della storia del nostro Paese e del Continente. Di questa realtà non vogliamo essere spettatori ma pienamente partecipi e, per quanto è nelle nostre capacità e competenze, anche protagonisti. Il nostro Ateneo, fin dalla proclamazione di Matera Capitale europea della cultura, si è posto in ascolto del messaggio che arrivava da questa terra martoriata ma ricca di tradizioni, di valori culturali e di grandi potenzialità, che sono un vero patrimonio dell’umanità. Ci siamo resi disponibiliadinteragire con le proposte culturali e a fare da interfaccia promozionale soprattutto per Milano e il Nord del Paese. Come Ateneo dei cattolici italiani siamo inoltre realmente a servizio di tutto il Paese e più di ogni altra istituzione accademica siamo punto di riferimento per tanti giovani del Sud che ci scelgono per investire sul loro futuro, che ci auguriamo li possa vedere sempre meno costretti ad emigrare. Sono certamente una grande risorsa per il Paese, ma soprattutto devono esserlo per la loro terra.
È in questo quadro che si comprende la scelta di condividere con la comunità di Matera e della Basilicata il nostro appuntamento annuale. E sono diverse le ragioni per cui non potevamo sottrarci al piacere e alla responsabilità di condividere questo anno della cultura. In primo luogo perché siamo una università che nella produzione di cultura, soprattutto per e con le nuove generazioni, ha la sua ragion d’essere. Tutto ciò che è fermento vivo di cultura ci interessa e ci interpella. E quanto sta avvenendo qui a Matera costituisce uno dei segni di maggiore vitalità culturale del Sud, di tutto il nostro Paese e non solo. In secondo luogo questa terra è oggi l’emblema del riscatto e della rinascita realizzate attraverso l’impegno di tutta una comunità che ha saputo porre le condizioni per passare con coraggio e creatività dalla vergogna, che ha generato rifiuto e umiliazione,allo splendore di luoghi che oggi attraggono e affascinano il mondo intero. Ma una terza ragione lega in modo ancora più stringente quanto sta accadendo qui a Matera con il nostro impegno nel contesto dell’Ateneo dei cattolici italiani. Lo pone bene in evidenza il tema stesso che sarà oggetto dei nostri lavori: la terza missione dell’università.
L’università non può essere, ed è certamente un rischio che corre, un luogo accademico chiuso, ripiegato su se stesso e separato dalla realtà. La terza missione infatti ricorda che l’università è il cuore pulsante di ogni autentico sistema di sviluppo sociale. E non è solo un ambito che si aggiunge a quelli della didattica e della ricerca, ma un vero e proprio volano che consente alle nuove generazioni, attraverso una qualificata preparazione professionale e una solida formazione morale, di essere la linfa vitale per il rinnovamento e lo sviluppo di una comunità. L’innesto vitale del sistema universitario nelle pieghe della vita sociale consente all’accademia di aprirsi al territorio divenendone risorsa preziosa e concreta e alla comunità di investire su processi di formazione culturale senza dei quali è difficile generare autentico e profondo rinnovamento.
Questo riconoscimento dato a Matera, che è frutto per molti aspetti di un rinnovato dialogo tra territorio e sistema culturale, incluso quello accademico, ci offre un contesto particolarmente idoneo, e direi quasi ideale, per lo svolgimento dei nostri lavori. Lo è a tal punto che la mezza giornata che dedicheremo alla visita dei Sassi non sarà un intermezzo estetico ma il momento forse più espressivo di come un impegno poliedrico di tutti i soggetti sociali può determinare l’avvio di processi virtuosi di sviluppo dove i fattori storici, culturali, economici, religiosi ed educativi concorrono al vero bene comune. La vicenda dei Sassi di Matera dice molte più cose di qualunque manuale sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente, la vita sociale e la cultura, la fede e la visione della realtà. Come afferma Eliana Di Caro, nostra laureataoriginaria della Basilicata e giornalista del “Sole24Ore” nel suo bel volume su questa Città e la Basilicata: “Il viaggio può cominciare da qui, dai Sassi, dove risiede l’energia del cambiamento” .
Un tale contesto costituisce pertanto uno sfondo ideale per trattare il tema della “terza missione” dell’università. In una società che sta vivendo forti e rapidi cambiamenti, o meglio, come ha ben evidenziato Papa Francesco, che sta affrontando un cambiamento epocale, le università rappresentano i sensori più efficaci per capire i cambiamenti e per affrontarli. Nell’Evangeliigaudiumil Pontefice tratteggiava già gli elementi di questo scenario: «nuove culture continuano a generarsi in queste enormi geografie umane dove il cristiano non suole più essere promotore o generatore di senso, ma che riceve da esse altri linguaggi, simboli, messaggi e paradigmi che offrono nuovi orientamenti di vita, spesso in contrasto con il Vangelo di Gesù. Una cultura inedita palpita e si progetta nella città» (n. 73).
Alle università non mancano gli strumenti per affrontare la complessità del tempo presentesoprattutto se, oltre ad essere luoghi di ricerca e di formazione, sapranno relazionarsi in modo nuovo al territorio. La terza missione diviene così uno strumento formidabile per dare ancora più consistenza e rilievo al ruolo degli atenei senza snaturarne la funzione e l’identità, anzi rafforzandone la capacità di esser volano dinamico dello sviluppo assieme a tutti gli altri soggetti preposti al buon funzionamento della vita sociale. Questa responsabilità è ancora più grande se pensiamo alla formazione delle nuove generazioni che devono acquisire competenze, teoriche e pratiche, tali da poter contribuire efficacemente all’analisi e alla soluzione delle problematiche e, più in generale, ad orientare in modo positivo i processi di cambiamento, che vanno guidati e non subiti.
Di questa rinnovata attitudine che deve sempre più caratterizzare l’impegno degli atenei aveva parlato con grande efficacia Papa Francesco a Bologna il primo ottobre del 2017offrendo una specie di manifesto della terza missione nell’ottica della speranza. «Quanto sarebbe bello – affermava il Pontefice – che le aule delle università fossero cantieri di speranza, officine dove si lavora a un futuro migliore, dove si impara a essere responsabili di sé e del mondo! Sentire la responsabilità per l’avvenire della nostra casa, che è casa comune. A volte prevale il timore. Ma oggi viviamo una crisi che è anche una grande opportunità, una sfida all’intelligenza e alla libertà di ciascuno, una sfida da accogliere per essere artigiani di speranza».
Con questi sentimenti di fiducia e di speranza apriamo il nostro Seminario che prende spunto anche dall’Esortazione apostolica pubblicata al termine dei lavori del Sinodo dedicato ai giovani, da cui è tratto il sottotitolo dato a queste giornate di lavoro seminariale. Tra le indicazioni operative troviamo una particolare attenzione alle università, e in particolare a quelle di matrice cattolica. Declinando la missione propria dell’università con l’appello rivolto alla comunità cristiana ad essere “Chiesa in uscita” ne deriva una prospettiva affascinante e stimolante anche per comprendere il senso più profondo della terza missione, le sue finalità e i suoi strumenti. Al fine di attuare un concreto «rinnovamento e rilancio delle scuole e delle università “in uscita” missionaria» il Pontefice indica alcune linee operative quali: «l’esperienza del kerygma, il dialogo a tutti i livelli, l’interdisciplinarietà e la transdisciplinarietà, la promozione della cultura dell’incontro, l’urgente necessità di “fare rete” e l’opzione per gli ultimi, per coloro che la società scarta e getta via.E anche la capacità di integrare i saperi della testa, del cuore e delle mani» (Christusvivit, n. 222).
Apriremo il nostro seminario con quattro interventi particolarmente qualificati proprio sul tema “La terza Missione dell’Università: contenuti, obiettivi e percorsi” che ci consentirà di tastare il polso alla terza missione, cosi come si presenta oggi. Partiremo dallo sguardo della Chiesa, grazie all’intervento di S. E. Mons.ZANI, che anche per il suo ruolo, è tra i più attenti osservatori di quanto accade nel mondo universitario in seno alla Chiesa ma non solo. Interverrà poi il Prof. Franco ANELLI,Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che non manca mai di dare il suo prezioso contributo ai lavori dei nostri seminari e che oggi ci aiuterà a capire come la terza missione viene oggi declinata nel nostro Ateneo. Non potevamo però non allargare l’orizzonte proprio su questa terra e sulla sua università. Ringrazio pertanto anche la Prof.ssa Aurelia SOLE,Rettore dell’Università degli Studi della Basilicata, che ci aiuterà a vedere come viene percepita e declinata la terza missione in questo particolare territorio. Infine ascolteremo con grande interesse e gratitudine il contributo del Prof. Alberto DE TONI,Rettore dell’Università degli Studi di Udine e Presidentedella Fondazione CRUI che già, anche in occasione di incontri nazionali promossi dalla C.E.I. abbiamo avuto modo di ascoltare su queste tematiche.
La seconda sessione di lavoro, martedì mattina, sarà dedicata all’approfondimento della terza missione cosi come si è sviluppata in Università Cattolica fin dalla sua nascita. Ripercorreremo tratti salienti di “una storia che sa di futuro” per capire come il patrimonio di quasi un secolo di vita costituisca oggi una straordinaria risorsa per uno sviluppo ancora più incisivo della terza missione. Con la moderazione del prof. Don Pier Davide GUENZI, nostro Docente di Teologia e Presidente dei Teologi Moralisti Italiani e del prof. Giovanni MARSEGUERRA, Delegato del Rettore per l’Offerta Formativa ci aiuteranno in questa riflessione il prof. Mario TACCOLINI,Prorettore Università Cattolica, il prof. Mons. Claudio STERCAL, nostro Docente di Teologia e il Prof. Ernesto DIACO,Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università. Non mancherà ad arricchire questa riflessione il contributo e la testimonianza di alcuni ex-alunni.
Dopo il pomeriggio di martedì interamente dedicato alla visita guidata ai Sassi di Matera, riprenderemo i lavori con la terza sessione in programma per mercoledì mattina. Protagonista sarà la teologia che non può restare indifferente di fronte a quanto sta avvenendo in ambito culturale e sociale. Molte questioni che segnano la convivenza umana, dallo sviluppo vorticoso delle nuove tecnologie, alle nuove e inedite sfide ambientali, al fenomeno delle migrazioni con tutte le sue implicazioni sociali e culturali, interpellano la visione religiosa della storia e alimentano la domanda su Dio e la sua opera di salvezza.I nuovi scenari richiedono ai teologi un coraggioso sforzo di rinnovamento nei linguaggi e nei paradigmi con cui leggere e narrare il Mistero della salvezza. Su questo Mistero l’uomo moderno non ha smesso di interrogarsi, ma lo fa con sensibilità e forme certamente nuove a cui non si può rispondere con schemi e formule del passato. Lo ha posto molto bene in evidenza papa Francesco già nel proemio della Costituzione apostolica Veritatisgaudium su cui ci siamo soffermati nel seminario dello scorso anno, ma anche di recente nell’intervento fatto alla Facoltà teologica di Napoli dove ha rimarcato la necessità di avviare processi generatori di autentico rinnovamento nell’ambito della riflessione teologica, che deve avvenire nella storia e nella concretezza dei problemi che le persone sperimentano sulla propria pelle, spesso in modo drammatico.
La teologia, afferma Papa Francesco: «deve sintonizzarsi con lo Spirito di Gesù Risorto, con la sua libertà di andare per il mondo e di raggiungere le periferie, anche quelle del pensiero. Ai teologi spetta il compito di favorire sempre nuovamente l’incontro delle culture con le fonti della Rivelazione e della Tradizione. Le antiche architetture del pensiero, le grandi sintesi teologiche del passato sono miniere di sapienza teologica, ma esse non si possono applicare meccanicamente alle questioni attuali. Si tratta di farne tesoro per cercare nuove vie. Grazie a Dio, le fonti prime della teologia, cioè la Parola di Dio e lo Spirito Santo, sono inesauribili e sempre feconde; perciò si può e si deve lavorare nella direzione di una “Pentecoste teologica”, che permetta alle donne e agli uomini del nostro tempo di ascoltare “nella propria lingua” una riflessione cristiana che risponda alla loro ricerca di senso e di vita piena» (FRANCESCO,Discorso tenuto alla Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, Napoli, 21 giugno 2019).
Siamo ben consapevoli che queste indicazioni costituiscono un forte richiamo e una precisa indicazione anche per il lavoro dei teologi impegnati in Università Cattolica. Non si tratta solo di offrire agli studenti una formazione teologica essenziale e rigorosa, ora la sfida più grande si gioca sul versante del dialogo tra i saperi, della ricerca di nuovi linguaggi, delle risposte che la teologia può dare ai nuovi interrogativi che scaturiscono dai cambiamenti sociali. Quello che abbiamo avviato come teologi dell’Università Cattolica è un laboratorio che ogni giorno si arricchisce di spunti e stimoli su cui possiamo e dobbiamo lavorare assieme e tra di noi e con tutti i docenti delle varie discipline – e sono tanti – che sono interessati al dialogo con la teologia.
In questo seminario ci soffermeremo soprattutto sul rapporto trateologia e innovazioni scientifiche analizzandonele implicazionie le prospettive. Dopo l’introduzione del prof. Don Luca PEYRON, Docente di Teologia nel nostro Ateneo e nell’Università di Torino, interverrà il Prof. Adriano FABRIS, Docente di Filosofia ed Etica della comunicazione all’Università di Pisa. Seguiranno i contributi del prof. Roberto DIODATO, filosofo del nostro Ateneo e del prof. Don Raffaele MAIOLINI, Docente di Teologia. Questa sessione, in continuità con quanto già trattato lo scorso anno, riprende e sviluppa i temi del rapporto tra la teologia e i nuovi scenari culturali e scientifici. Questa prospettiva «impone alla riflessione teologica di essere un permanente laboratorio di ricerca sviluppando un metodo dialogico e interdisciplinare» – come afferma il nostro Prof. Guenzi nell’intervista apparsa su Avvenire mercoledì 4 settembre–e «comporta una permanente disposizione della teologia a porre in assetto il suo sapere specifico con le forme di comprensione dell’humanumemergenti nel contributo di altri saperi» (cfr. p. 18).
L’ultima sessione, giovedì mattina, è interamente dedicata a toccare con mano come la terza missione viene oggi concretamente declinata in alcune esperienze del nostro Ateneo con particolare attenzione a quanto si sta facendo nel Sud del nostro Paese e nel Sud del mondo. Moderata dalla prof.ssa Antonella SCIARRONE, Prorettore dell’Università Cattolica e Presidente Educatt e dal prof. Don Paolo BONINI, Docente di Teologia e Assistente pastorale, dopo gli interventi di S. E. Mons. Stefano RUSSO, Segretario generale della C.E.I., del prof. Silvano PETROSINO, Docente di Filosofia nell’Università Cattolica e del prof. Mario Marco MOLTENI, Delegato ai rapporti con le imprese e alla “terza missione” seguiranno diverse comunicazioni e testimonianze di responsabili, docenti e assistenti che sono concretamente impegnati nella realizzazione di alcuni progetti (Dott. Mario GATTI, Dott. P. Enzo VISCARDI, prof. Alessandro SGAMBATO, prof.ssa Ivana PAIS, prof.ssa Paola BIGNARDI, Prof. Paolo VERRI).
Un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato per rendere possibile la realizzazione di questo Seminario qui a Matera. In primo luogo all’arcivescovo S. E. Mons. Antonio Giuseppe CAIAZZO, per l’accoglienza e il sostegno anche logistico-organizzativo, al Sindaco di MateraDott. Raffaello Giulio DE RUGGIERI e al Presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019Dott. Salvatore ADDUCE. Un ringraziamento a tutti i relatori che interverranno e alla segreteria del Centro pastorale.
Riportiamo di seguito l’intervento dell’Arcivescovo Vincenzo Zani
Eccellenze reverendissime, Magnifico Rettore, cari docenti grazie dell’invito a questo tradizionale Seminario di studio con il quale l’Università Cattolica si ritrova in vista del nuovo anno accademico. E’ molto significativo che l’edizione di quest’anno si svolga nella città di Matera, “Capitale Europea della Cultura”; si tratta di una circostanza speciale che interpella il nostro Ateneo sulla terza missione dell’università, e perciò sul contributo culturale che deve offrire al Paese e all’Europa.
Negli ultimi anni, a livello nazionale e internazionale, non pochi esperti si sono interrogati sulla necessità di un rinnovamento dell’idea di università e della vita accademica, intesa come strategia culturale dentro la società moderna. Ed è in tale senso che occorre chiedersi se le tradizionali funzioni delle istituzioni universitarie rispondono alle sfide che attraversano la società attuale o, se non lo stanno facendo, quali scelte strategiche è necessario mettere in campo.
Alle diffuse considerazioni che su questo tema sono state fatte sotto molti punti di vista,aggiungo qualche riflessione avendo presenti alcuni dei passaggi che si leggono nella recente Esortazione post sinodale Christusvivit(221-223), di Papa Francesco,e tenendo conto delle molteplici esperienze che vengono messe in atto dalle Università Cattoliche presenti in tutto il mondo.Ovviamente queste riflessioni si devono porre anche nell’ottica degli studi teologici.
1. Una previa considerazione a partire dal titolo: “cultura, società, futuro”
Questi tre termini proiettano immediatamente l’università oltre sé stessa, protesa a misurarsi con la “cultura”, che è il portato della storia stratificata di idee, di pensiero, di scoperte scientifiche, di modi di comportarsi editati dal passato; a confrontarsi con la “società”con i suoi complessi dinamismi e soprattutto con i profondi cambiamenti che la caratterizzano; e con il “futuro” che attira l’attenzione dell’università sulla necessità di aprirsi alla speranza e al compito di formare le giovani generazioni all’impegno di costruire un mondo migliore e più solidale.
E’ l’università di oggi proiettata in questa visione e in questo confronto aperto?
Si può dire che l’università, nell’evoluzione della sua storiaa partire dal XII secolo, in modi e forme diversi si è sempre posta in rapporto con la società e la cultura. Ma oggi la terza missione, cioè il servizio che è chiamata a svolgere per il contesto non più solo circostante ma anche internazionale in cui opera e che si aggiunge a quello dell’insegnamento e della ricerca, è diventato più urgente e pressante ed interpella l’istituzione accademica in quanto tale, come pure ogni percorso disciplinare e di ricerca in essa proposto.
Tenendo presenti i tre termini – cultura, società, futuro – si potrebbero individuare lungo la storia delle istituzioni universitarie, soprattutto degli ultimi secoli, alcune tappe che hanno accompagnato il suo sviluppo fino ai tempi nostri e che toccano profondamente anche la vocazione specifica di una università cattolica.Come affermò Giovanni Paolo II nella Ex corde Ecclesiae, “l’Università Cattolica, per l’incontro che stabilisce tra l’insondabile ricchezza del messaggio salvifico del vangelo e la pluralità e immensità dei campi del sapere in cui la incarna, permette alla Chiesa di istituire un dialogo di incomparabile fecondità con tutti gli uomini di qualsiasi cultura” .
Un tema attraverso il quale si può osservare come si sia evoluta, lungo la storia dell’università, la terza missione, cioè l’apertura della funzione degli studi alle esigenze della cultura e della società, è senza dubbio quello delle professioni.Secondo tale prospettiva, le università si possono considerare come un laboratorio dentro il quale si sono sviluppate nel tempo visioni culturali, etiche e giuridiche, aperture scientifiche e idee di professioni, modellate secondo la legge morale cristiana e le norme inizialmente elaborate dalle comunità monastiche, intese come vere e proprie cittadelle costruite sulla regola: “ora et labora”. L’idea di professione, che conseguentemente tocca ogni attività lavorativa, si svolge nello spirito dell’assunto cristiano secondo cui la povertà come scelta è un valore, ma la povertà subìta è un male che va combattuto; ed il lavoratore/professionista è impegnato in questo senso non solo per sé e per la propria famiglia, ma più ampiamente per il bene comune.
Il divorzio tra valori/saperi, promossi dall’università, e le professioni comincia ad apparire in piena età moderna: il termine professione, mentre mantiene nel linguaggio ecclesiastico i significati ristretti sia di confessione della fede sia di pronuncia dei voti in un istituto religioso, trasmigra nel linguaggio secolare perdendo progressivamente radici e senso originari. La professione indica un’attività lavorativa, esprime la manifestazione di una specifica competenza in un certo ambito dell’attività manipolativa del reale; col divenire del tempo acquisterà un senso ancora più ristretto: si parlerà di professioni liberali, per intendere le attività lavorative intellettuali e scientifiche, e con esse di confraternite e di corporazioni. E quando il processo di secolarizzazione si sarà, su questo terreno, definitivamente compiuto, resterà pur sempre una radice indicativa delle origini religiose del termine: si parlerà, soprattutto per certe attività lavorative, di una vocazione propria di quella professione.
Il laboratorio, in cui i saperi professionali vengono lungo i secoli elaborati e trasmessi alle giovani generazioni perché li esercitino nella società, è l’Università la quale, sin dalle sue lontane origini storiche, porta inscritta nella sua natura la terza missione. In tale processo storico va situata ovviamente anche la funzione e la comprensione dei saperi teologici, in relazione agli altri saperi scientifici. L’unità iniziale ed il rapporto reciproco tra tutti i saperi sono entrati profondamente in crisi a partire dal secolo XVII, prima con la questione galileiana, poi con l’Illuminismo, con l’imporsi del modello napoleonico e l’impostazione accademica di von Humboldt, fino alla affermazione dello spirito utilitarista.
L’istituzione universitaria oggi, sotto la pressione dello specialismo sempre più avanzato, tende ad invertire l’originaria idea fondativa: dal moto iniziale destinato a far convergere i vari saperi in un senso unitario di fondo (uni-versum: donde il nome di università), al moto centrifugo di saperi sempre più frammentati e distanti l’uno dall’altro (pluri-versum). In questo contesto i saperi filosofici e teologici, così come ogni sapere, hanno difficoltà crescenti a dialogare con gli altri saperi .
Mentre è in atto questo processo di divaricazione, oggi l’Università è obbligata a dialogare con il mondo che è attraversato da profonde trasformazioni e problemi e da molteplici crisi di varia natura: crisi economiche, finanziarie, del lavoro; crisi politiche, democratiche, di partecipazione; crisi ambientali e naturali; crisi demografiche e migratorie, ecc. I fenomeni prodotti da queste crisi, come scrive la Congregazione per l’Educazione Cattolica nel suo documento “Educare all’umanesimo solidale”, rivelano quotidianamente il loro carattere drammatico. La pace è continuamente minacciata, aumenta l’insicurezza generata dal terrorismo internazionale, si sviluppano sentimenti populistici e demagogici che rischiano di radicalizzare lo scontro fra culture diverse, si accentuano le sperequazioni economiche .
La questione sociale, come disse Benedetto XVI, è diventata oggi una questione antropologica, che chiama in causa una funzione educativa non più rinviabile. Per questa ragione, è necessario “un nuovo slancio del pensiero per comprendere meglio le implicazioni del nostro essere una famiglia; l’interazione tra i popoli del pianeta ci sollecita a questo slancio, affinché l’integrazione avvenga nel segno della solidarietà, piuttosto che della marginalizzazione” .
E’ in taleorizzonte che si deve collocare la terza missione dell’Università perché questa istituzione, fedele alla propria natura specifica, si ponga seriamente a confronto con le nuove sfide epocali.
2. Cosa si intende per terza missione?
Sulla base di queste premesse, oggial termine “terza missione” si possono dare tre significati, connessi con altrettante fasi che hanno caratterizzato attività, attori e relazioni tra istituzioni accademiche e non accademiche .
A) In primo luogo la terza missione emerge come promozione della imprenditorialità e quindi con l’affermazione del sapere “utile”. Il fenomeno inizia negli Stati Uniti negli anni ’70 e ’80, con l’apertura dei sistemi accademici all’economia e alla società tipica del mondo anglosassone, e da lì si è progressivamente diffuso. Questa fase è dunque legata allo sviluppo di attività volte alla commercializzazione della conoscenza scientifica in termini economici, connessa alla innovazione tecnologica. E’ la fase in cui si afferma l’idea della “conoscenza utile” del sapere orientato all’acquisizione di obiettivi specifici, dell’allontanamento della ricerca come fine a se stessa in favore della ricerca applicata. Ciò ha implicato una “capitalizzazione delle conoscenze” e una maggiore apertura verso l’esterno, legando i docenti e i ricercatori a coloro che tradurranno in termini operativi ed economici i risultati del proprio sapere. In altre parole è la fase che genera la cosiddetta “università imprenditoriale”. Le università divengono così parti di un processo di “costruzione sociale dell’innovazione” che richiede sempre più il contributo attivo anche di attori “non economici”. Una delle conseguenze principali, dal punto di vista dei mutamenti nella figura del docente universitario nei settori interessati, è la trasformazione del contenuto della propria professione. I docenti hanno dovuto apprendere e sviluppare competenze tipiche dell’agire imprenditoriale e dotarsi di saperi pratici adeguati, attraverso luoghi istituzionali volti alla loro formazione, al sostegno e al trasferimento di competenze.
B) In una fase successiva, la terza missione si apre all’emergere della dimensione sociale e quindi ad una pluralità di modelli. Con questo si verifica un ampliamento del contenuto della terza missione: dalla commercializzazione della conoscenza si va progressivamente aprendo ad altre attività svolte dagli accademici. In primo luogo si sviluppa il cosiddetto Academic Engagement, cioè tutte quelle forme di collaborazione, più o meno formali, tra ricercatori accademici e industria, e organizzazioni non accademiche, come: la ricerca in collaborazioneo le consulenze per organizzazioni esterne all’accademia. Non si tratta di una vera e propria novità, ma di una forte accentuazione e istituzionalizzazione. Questa fase è infatti caratterizzata anche da una pressione politica ed “ideologica” per una diffusione della “utilizzazione” della conoscenza a tutti i settori e discipline, in sistemi universitari anche molto diversi tra loro. Poi si afferma sempre più l’accountability come obiettivo da perseguire e come criterio in base col quale valutare allocazione di risorse e posizionamento delle diverse aree scientifiche e sedi universitarie. Si parla, perciò, di prodotti della ricerca, di valutazione della qualità, di efficacia del processo formativo, di credenziali formative, di produttività degli investimenti in ricerca e formazione. In questa fase si assiste anche ad un cambiamento di direzione. Si comincia a mettere in discussione il fatto che il contributo della conoscenza allo sviluppo debba intendersi solo nelle sue forme economiche. Emerge sempre più chiaramente la difficoltà di esportare il modello della terza missione dai settori disciplinari in cui si è affermato a tutti gli altri. Incominciano ad emergere modelli differenziati e specifici, per settore e per attività di terza missione. Si includono nelle attività di terza missione forme di trasmissione della conoscenza volte allo sviluppo sociale, culturale, politico oltre che economico delle società, a livello locale e non. Si compie così un nuovo allargamento del contenuto semantico dell’espressione terza missione, proponendo forme e modelli più specifici per i diversi settori disciplinari. E si arriva ad una “terza missione plurale” che include tutte quelle attività finalizzate a coinvolgere il pubblico in generale, sviluppando i saperi utili nella prospettiva della dimensione sociale.
C) L’ultima fase è quella più recente, dove la terza missione ha raggiunto la sua estensione massima. Siamo, per così dire, alla ibridazione nella terza missione. Dalla pluralità di modelli tipici delle diverse aree del sapere e della ricerca emerge un unico modello caratterizzato dalla ibridazione delle differenti forme, col collegamento tra accademico e mondo esterno, ed i suoi effetti hanno un valore in sé – economico, sociale, politico, culturale – per la collettività o per parti di essa. Ogni settore e disciplina è chiamato, pur nelle diverse specificità, a rispondere alle esigenze delle diverse componenti della missione: l’imprenditorialità da alcuni settori tecnologici viene proposta come obiettivo possibile anche nelle scienze umane e sociali e si iniziano a promuovere azioni volte a superare gli ostacoli che lo limitano. Queste diverse attività approdano a una definizione comune, in cui tutti gli accademici possono trovare un loro spazio di riconoscimento. Ciò non vuol dire che vi sia omogeneità, ma permette di non considerare tale missione come propria solo di alcune forme del sapere o di specifici settori scientifici. Si compie, perciò, un passo ulteriore verso una trasformazione delle funzioni e dei contenuti della professione accademica verso l’acquisizione di competenze e capacità orientate allo sviluppo – in senso generale –della società.
In Italia sono sempre più numerosi i segnali di riconoscimento dell’importanza della terza missione, sia in termini di contributo allo sviluppo delle economie regionali sia come strumento di riorganizzazione e rivitalizzazione delle università e delle funzioni degli accademici. Anche nei criteri dell’ANVUR (l’Agenzia di valutazione) si nota che nel giro di pochi anni si è allargato in modo significativo l’orizzonte della valutazione delle attività incluse nella terza missione.
3. Quali obiettivi e contenuti per la terza missione nell’Università Cattolica
Con le sue numerose università, la Chiesa ha compiuto lungo i secoli, e sta sviluppando anche ai nostri giorni con rinnovato impegno, scelte illuminate e coraggiose in tutti i continenti. Tutto ciò può essere inscritto nella categoria della terza missione, proprio perché tali istituzioni sono veri e propri laboratori di pensiero e di formazione di ricercatori, di leader e di qualificati professionisti della cultura e della vita sociale.
L’università in quanto tale, ma in particolare l’università cattolica che si ispira ai valori evangelici e promuove al proprio interno i saperi teologici posti in un costante e serio dialogo con gli altri saperi disciplinari e scientifici, diventa un fattore di progresso sociale e un laboratorio in grado di promuovere una cultura della solidarietà. Così la terza missione prende forza dalla natura stessa della “uni-versus” e si sviluppa se vi sono le condizioni progettuali e disciplinari adeguate.
3.1. La Costituzione Ex corde Ecclesiae
Nella prospettiva della terza missione, la Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae, voluta da San Giovanni Paolo II per dare un orientamento preciso ed omogeneo alle varie centinaia di Università Cattoliche, diventa una vera e propria “magna charta” da riscoprire e valorizzare con maggiore determinazione. Attraverso le università cattoliche ed il loro patrimonio umanistico e scientifico, si legge nel documento, “la Chiesa, esperta in umanità […],esplora i misteri dell’uomo e del mondo, rischiarandoli alla luce che le dona la Rivelazione” (3). A partire da questo principio, la Costituzione dedica una parte consistente alla “missione di servizio” della Università Cattolica. E la esprime con alcune sottolineature di rilevante importanza che qui ricordo per titoli, ma che possono indicare altrettanti contenuti, obiettivi e percorsi.
La sua missione consiste nella continua indagine delle verità mediante la ricerca, la conservazione e la comunicazione del sapere per il bene della società (n. 30). Per questo prepara uomini e donne che, ispirati dai principi cristiani, siano capaci di assumere posti di responsabilità nella Chiesa e nella società (n. 31). Le sue attività dovranno includere lo studio dei gravi problemi contemporanei, quali la dignità della vita umana, la promozione della giustizia per tutti, la qualità della vita personale e familiare, la protezione della natura, la ricerca della pace e della stabilità politica, la condivisione più equa delle risorse del mondo e un nuovo ordinamento economico e politico (n. 32). Questi impegni, inducono l’Università Cattolica ad avere, all’occorrenza, il coraggio di dire verità scomode, verità che non lusingano l’opinione pubblica, ma che sono necessarie per salvaguardare il bene autentico della società (n. 32).
Per questo, una specifica priorità deve essere data alla valutazione dei valori e delle norme dominanti nella società e nella cultura moderna e alla responsabilità di trasmettere principi etici e religiosi che sappiano influire sulla realtà e sulla retta soluzione dei problemi della vita (n. 33) e sulla promozione della giustizia sociale, come indica la dottrina sociale della Chiesa (n. 34).
In questi passaggi, la Costituzione riassume la prospettiva di impegno citando un punto fondamentale dell’enciclicaPopulorumprogressio di Paolo VI: il Vangelo chiama urgentemente a promuovere“lo sviluppo dei popoli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza; di quelli che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà e una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane” (PP 1). In queste espressioni, rilanciate da Benedetto XVI nella Caritas in veritate, è riassunta la responsabilità dell’Università Cattolica di contribuire concretamente al progresso della società.
E così la missione dell’università viene sintetizzata dalla Ex corde Ecclesiae come servizio culturale e scientifico in favore “dello sviluppo, della comprensione tra le culture, della difesa della natura come una coscienza ecologica internazionale” (n. 37), e come impegno a “promuovere il senso della solidarietà nella società e nel mondo” (ivi).
3.2. La Costituzione Veritatisgaudium ed il magistero di Papa Francesco
Gli orientamentidella ECE oggi sono riaffermati anche dalla recente Cost. Ap. Veritatisgaudium, circa le università e le Facoltà ecclesiastiche (come si può leggere soprattutto nel Proemio). Essa chiarisce ulteriormente che l’università è da considerare come un ambiente dal quale possono avere origine molteplici ripercussioni culturali e sociali, che oggi sono insufficientemente sviluppate.
Pertanto a livello degli studi teologici, presenti in varie forme anche nelle Università cattoliche, noi possiamo scorgere le radici più profonde e più dense di valori a cui attingere contenuti, obiettivi e percorsi relativi alla terza missione, da poter estendere a tutti gli altri saperi proposti da una istituzione accademica cattolica.
Vorrei proporre in questo senso qualche considerazione più pertinente agli studi teologici in rapporto alla terza missione.
Prima di tutto mi pare opportuno riprendere alcuni passaggi molto preziosi della ECE, vede la missione dell’Università cattolica sempre più necessaria per l’incontro della Chiesa con lo sviluppo delle scienze, con le culture del nostro tempo e per il progresso umano e sociale (nn. 10-11).
In tale prospettiva, la teologia – afferma la ECE – “porta un contributo a tutte le altre discipline nella loro ricerca di significato, non solo aiutandole ad esaminare in qual modo le rispettive scoperte influiranno sulle persone e sulla società, ma fornendo anche una prospettiva ed un orientamento che non sono contenuti nelle loro metodologie”. D’altra parte, questa interazione “arricchisce la teologia, offrendole una migliore comprensione del mondo di oggi e rendendo la ricerca teologica più aderente alle presenti esigenze” (n. 19). E da qui il richiamo alla necessaria interdisciplinarità.
Sulla base di questi orientamenti della ECE, si possono comprendere ancora meglio i contenuti della Veritatisgaudium che illuminano il tema della terza missione da uno specifico angolo interpretativo che, a mio avviso, andrebbe molto enfatizzato ed approfondito (cf. incontro con l’Assemblea Plenaria della CEC e possibili iniziative di studio a cui la Cattolica dovrebbe pensare, soprattutto in occasione del prossimo centenario, assumendosi una sorta di leadership in questo ambito anche nei confronti delle altre Università cattoliche).
Nella Veritatisgaudium, Papa Francesco riprende quanto già affermato nella Evangeliigaudium circa la necessità di tenere sempre unite dottrina e prassi, ragione teoretica e ragione pratica. E potremmo cogliere qualche passaggio della Costituzione proprio da questa ottica, partendo dal punto nodale esplicitato nel Proemio; e cioè il fatto che oggi dobbiamo muoverci nel contesto del “cambiamento d’epoca”. Questo interpella tutti, comprese le istituzioni accademiche.
Il cambiamento d’epoca in cui ci troviamo a vivere ci consegna un compito non rinviabile, che viene espresso con queste parole: “sul piano culturale della formazione accademica e dell’indagine scientifica” è richiesto un “impegno generoso e convergente verso un radicale cambio di paradigma, anzi – scrive il Papa – verso una coraggiosa rivoluzione culturale”. Si tratta di un’espressione che il Santo Padre riprende dall’enciclica Laudatosi’ (n. 114), e che in tale contesto egli intende applicare all’intero sistema di studi accademici, compresi quelli che si riferiscono alle diverse discipline teologiche.
Questa affermazione-chiave fa comprendere gli altri passaggi contenuti nel Proemio con i quali viene ridisegnata la prospettiva degli studi ecclesiastici: a) il “vasto e pluriforme sistema degli studi ecclesiastici, fiorito lungo i secoli dalla sapienza del Popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo e nel dialogo e discernimento dei segni dei tempi e delle diverse espressioni culturali” è “strettamente collegato alla missione evangelizzatrice della Chiesa” (n. 1); b) oggi, occorre procedere “con ponderata e profetica determinazione alla promozione, a tutti i livelli, di un rilancio degli studi ecclesiastici nel contesto della nuova tappa della missione della Chiesa” (n. 1); c) “uno dei contributi principali del Concilio Vaticano II è stato proprio quello di cercare di superare il divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita. Oso dire che ha rivoluzionato in una certa misura lo statuto della teologia, il modo di fare e di pensare del credente” (n. 2); d) dato che anche nella situazione odierna Dio vuole continuare ad “associare l’umanità a quell’ineffabile mistero di comunione che è la SS. Trinità, di cui la Chiesa è in Cristo Gesù segno e strumento”, occorre dilatare la ragione per renderla capace di orientare le dinamiche della famiglia umana nella prospettiva della civiltà dell’amore (n. 2); e) è necessario che anche gli studi ecclesiastici sviluppino quel rinnovamento sapiente e coraggioso che è richiesto dalla trasformazione missionaria di una Chiesa ‘in uscita’ e contribuiscano al processo di discernimento, purificazione e riforma che tutto il Popolo di Dio deve intraprendere per una nuova tappa della evangelizzazione, come ha indicato Papa Francesco nella Evangeliigaudium (cap, 5).
Da questi cinque elementi che ricaviamo dall’incipit del Proemio e dal seguito dello stesso, mi pare che per il nostro tema possiamo ricavare tre dimensioni.
Anzitutto la dimensione “kerigmatico” (cf. Proemio n. 4. a).
Questo primo criterio rimanda direttamente ai numeri della Evangeliigaudium che presentano l’evangelizzazione come approfondimento del kerigma (cf. EG nn. 160-165), poiché senza la luce che promana dall’annuncio della novità evangelica ogni azione risulta inefficace. Gli studi, in tale senso, devono preparare a livello spirituale, intellettuale ed esistenziale, devono offrire un cammino di formazione e di maturazione che consenta all’essere umano di non accontentarsi di poco, ma di tendere al massimo affinché possa dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Per mirare a tale obiettivo non è sufficiente una formazione esclusivamente o prioritariamente dottrinale, ma occorre educare all’esigenza ineludibile di vivere l’amore del prossimo come espressione dell’amore di Dio, che costituisce il nucleo essenziale del messaggio morale cristiano. Infatti il kerigma, che deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni rinnovamento ecclesiale, è trinitario, cioè è il fuoco dello Spirito che ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua morte e risurrezione ci rivela e ci comunica l’infinita misericordia del Padre.
Il principio kerigmatico viene attuato guardando almeno a tre dimensioni: l’esperienza liberante e responsabile di vivere come Chiesa la “mistica del noi”; far risuonare nella mente il grido dei poveri della terra, dando concretezza alla dimensione sociale dell’evangelizzazione; scoprire in tutta la creazione l’impronta trinitaria che fa del cosmo in cui viviamo “una trama di relazioni”.
In secondo luogo, la dimensione dialogica (cf. Proemio n. 4/b).
Il dialogo è da intendere come esigenza intrinseca della natura stessa della persona e di tutte le sue facoltà intellettuali ed esistenziali. L’esperienza comunitaria della gioia che sgorga dall’incontro con la Verità deve portare ad approfondirne il suo significato a livello di vita pratica e tutte le sue implicazioni.
Come si legge nel Proemio, “ciò che il Vangelo e la dottrina della Chiesa sono chiamati oggi a promuovere, in generosa ed aperta sinergia con tutte le istanze positive che fermentano la crescita della coscienza umana universale, è un’autentica cultura dell’incontro, una cultura, anzi, possiamo dire, dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture” Continua il testo della Costituzione: “come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, la verità è ‘logos’ che crea ‘dia-logos’ e quindi comunicazione e comunione” e da qui scaturisce l’invito a favorire il dialogo a tutto campo, nella linea tracciata dalla Gaudium et spes e richiamata chiaramente già dalla Sapientiachristiana.
In quest’ottica e secondo questo spirito è opportuno rivedere l’architettura e la dinamica metodica di studi proposti dal sistema ecclesiastico, nella loro scaturigine teologica, nei loro principi ispiratori e nei loro diversi livelli di articolazione disciplinare, pedagogica e didattica. Occorre, in altri termini – e questa è proprio la preoccupazione della Costituzione – ripensare e aggiornare intenzionalità e organicità delle discipline e degli insegnamenti impartiti per incidere là dove si formano i nuovi paradigmi di racconto e di pensiero.
Dunque, ogni sapere va concepito non tanto e non solo secondo una prospettiva “posizionale”, cioè di formazione e consolidamento dell’identità della persona ed in vista della propria professione, ma soprattutto secondo una prospettiva “relazionale”, di proiezione ‘in uscita’ e di apertura all’altro e al bene comune.
La terza dimensione consiste nel principio dell’incarnazione (cf. Proemio5).
Nella Costituzione vengono richiamati i due principi fondamentali: l’unità del sapere, con l’invito a passare dalla forma debole dell’interdisciplinarità alla multi-disciplinarità fino alla transdisciplinarità, per superare la frammentazione e ridare unità di contenuto, di prospettiva, di obiettivo, alla scienza che viene impartita a partire dalla Parola di Dio; e, in secondo luogo, la necessità urgente di “fare rete” tra le diverse istituzioni, attivando le opportune sinergie per ottimizzare i centri “finalizzati a studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità. Giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione” (Proemio 4/d).
Già qui si intravede un legame chiaro alla terza missione dell’università, che viene ulteriormente evidenziata nell’ultima parte del Proemio, là dove viene avvertita l’esigenza di imprimere un nuovo impulso alla ricerca scientifica. La Costituzione si rivolge alle Università ecclesiastiche, ma il discorso vale anche per le Cattoliche, alle quali, in un’epoca segnata dalla condizione multiculturale e multietnica, nuove dinamiche sociali e culturali impongono un allargamento di impegno accademico.
L’invito rivolto agli studi ecclesiastici a non limitarsi a trasferire conoscenze, competenze ed esperienze, agli uomini e donne del nostro tempo, ma ad elaborare strumenti intellettuali in grado di proporsi come paradigmi di azione e di pensiero utili all’annuncio in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico-religioso, è un invito altrettanto urgente per le università cattoliche, chiamate ad incentivare il proprio impegno nell’innalzare la qualità della ricerca, nell’offerta di eccellenze disciplinari e sbocchi nei campi di ricerca aperti alle questioni della società e orientati a preparare nuovi leader capaci di contribuire alla costruzione del bene comune.
Papa Francesco conclude il Proemio invitando le istituzioni accademiche ad esprimere in forma nuova, interpellante e realistica il proprio compito; in particolare la teologia e la cultura d’ispirazione cristiana devono continuare la propria missione vivendo rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera. E conclude citando il suo Videomessaggio mandato al Congresso Internazionale di Teologia, svolto nel settembre 2015 presso la Pontificia Università cattolica di Buenos Aires: “Le domande del nostro popolo, le sue pene, le sue battaglie, i suoi sogni, le sue lotte, le sue preoccupazioni, possiedono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione. Le sue domande ci aiutano a domandarci, i suoi interrogativi ci interrogano” (Proemio n. 5).
Conclusioni
In conclusione, vorrei ricordare che la Chiesa del terzo millennio è impegnata a rinnovare la propria passione educativa guardando soprattutto al bene delle giovani generazioni per aiutarle a crescere non solo in intelligenza ma anche in umanità. Il fine dell’educazione, come si legge nella Gravissimumeducationis, è di consentire ad ogni persona di sentirsi attivamente partecipe nella costruzione di una nuova società, a partire da un quadro di istanze etiche e normative condivise. In quest’ottica la terza missione è come l’estensione del processo di inclusione che dalle istituzioni deve dilatarsi all’intera famiglia umana.
Ciò significa che l’offerta formativa dell’università cattolica sarà efficace se saprà influire sugli stili di vita e trasformare la stessa esistenza dei cittadini delle future generazioni,offrendo un’educazione che sia una forza dinamica capace di modificare il presente, aiutando i giovani ad integrare i saperi della testa, del cuore e delle mani (Cf. Christusvivit, 222).
Le sfide del cambiamento sociale e culturale che spingono le università ad aprirsi alla terza missione richiedono uno sforzo supplementare ai docenti. Come si legge nella Ex corde Ecclesiae, essi sono invitati a “migliorare sempre la propria competenza e a inquadrare il contenuto, gli obiettivi, i metodi e i risultati della ricerca di ciascuna disciplina nel contesto di una coerente visione del mondo”, raggiungendo anche una “integrazione tra fede e cultura, tra competenza professionale e sapienza cristiana” (n. 22).
Riportiamo di seguito l’intervento di Monsignor Pino Caiazo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina
Esprimo la mia gioia, a nome dell’intera Arcidiocesi di Matera – Irsina e delle Chiese di Basilicata, perché per la prima volta l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha ritenuto opportuno organizzare questo Seminario fuori e lontano dalle sedi istituzionali.
Saluto con gratitudine il Prof. Franco Anelli, Rettore dell’Università del Sacro Cuore,
i confratelli Vescovi S. E. Mons. Claudio Giuliodori Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e S. E. Mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, la Prof.ssa Aurelia Sole, Rettore dell’Università degli studi della Basilicata, il Prof. Alberto De Toni, Rettore dell’Università degli studi di Udine – Presidente della Fondazione CRUI, i Presidi Presenti e quanti nei prossimi giorni parteciperanno e ci aiuteranno a riflettere attraverso le loro relazioni.
Un saluto sincero ai carissimi ed amici, con i quali quotidianamente collaboro per il bene di questa nostra città e del suo territorio, il Signor Sindaco, Avv. Raffaello De Ruggeri, il Presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019, Dott. Salvatore Adduce.
Questo Seminario è sicuramente anche frutto di un confronto avviato due anni fa, quando recandomi presso la sede centrale di Milano dell’Università Cattolica, accompagnato dal Delegato regionale della Basilicata del Toniolo, Liberato Canadà, ho avuto modo di chiedere un progetto di collaborazione con la nostra Chiesa locale incontrando sia il Rettore, sia il Preside Domenico Bodega e il Direttore del Toniolo Prof. Enrico Fusi, e Mons. Claudio Giuliodori, incoraggiati dalla guida sapiente e fondamentale dal carissimo Prof. Jean Pierre Poluzzi. L’intento è stato e rimane quello di far rientrare i nostri giovani nella terra di Lucania che vede lo spopolamento delle sue energie e menti più preziose che quotidianamente sono costrette ad emigrare. Ogni anno più di 1500 giovani lasciano la nostra terra.
Idea che nel tempo è stata seriamente presa in considerazione e che, attraverso una serie di incontri preliminari, fatti dal Preside della Cattolica e da altri Docenti Universitari della stessa, con l’aiuto di Don Domenico Monaciello, nel frattempo da me nominato Delegato Diocesano per l’Università Cattolica, siamo riusciti a coinvolgere diverse scuole superiori della città di Matera, così come a Potenza e nella Diocesi di Melfi – Rapolla – Venosa. Il primo risultato ha visto la partecipazione di oltre cento giovani che hanno presentato in questo Salone i risultati ottenuti.
Progetto che in Europa rientra nella “Terza Missione” dell’università a partire dall’innovazione in un’economia fondata sulla conoscenza. Già nel 2000 fu presentato un documento comunitario al Consiglio del Parlamento europeo che sanciva «oltre al ruolo da loro svolto tradizionalmente nei campi dell’istruzione e della ricerca, le università dovrebbero assumere una Terza Missione: promuovere la diffusione della conoscenza e delle tecnologie, soprattutto nell’ambiente imprenditoriale locale».
Da quanto ho potuto capire nella nostra Italia il concetto di Terza Missione è arrivato sicuramente più tardi che non in altre nazioni della stessa Europa, soprattutto per questioni normative che spesso sfociano in burocrazie che bloccano quei processi naturali a favore della collettività. Attingendo al Rapporto Anvur sullo stato dell’università e della ricerca 2013, ho colto che per Terza Missione si intende: «L’insieme delle attività con le quali le università entrano in interazione diretta con la società».
Sono contento che questo Seminario continui ad andare in questa direzione: la presenza della Rettrice dell’Unibas e dei Presidi di diverse Università italiane sono il segno evidente di un processo di collaborazione che vede l’Università Cattolica accanto a quella della Basilicata. Nord e Sud si tendono la mano per un’unica missione. In concreto significa un collegamento più dinamico per consolidare e coltivare la cultura imprenditoriale, incoraggiando quella che viene definita “virtuosa commercializzazione”, per noi anche teologica, aiutando così quell’interazione necessaria e indispensabile tra Università e territorio.
Auguro a tutti buon lavoro e buona permanenza a Matera, una delle città più antiche del mondo, nell’anno in cui viviamo la partecipazione a Capitale Europea della Cultura.
Come Chiesa, questo contributo è un altro tassello che aggiungiamo alle tante altre iniziative che stiamo promuovendo e portando avanti sull’intero territorio della Basilicata.
Di seguito il testo dell’omelia di Monsignor Pino Caiazzo durante la Santa Messa in Cattedrale celebrata per i partecipanti al seminario
Gli evangelisti spesso sottolineano l’atteggiamento tipico di Gesù nell’essere fedele alle ore di preghiera degli ebrei e in modo particolare, come nel brano di oggi, quando Gesù deve prendere una decisione importante: prega per tutta la notte. Deve scegliere i dodici apostoli. Persone in grado di seguirlo più da vicino, lasciarsi istruire, aiutare per essere loro stessi, poi, gli annunciatori.
La cosa interessante che emerge è questa. Nella scelta che Gesù fa ci sono diverse categorie di persone: alcune già conosciute e note, altre atee. Analizzando più da vicino il brano ci possiamo rendere conto di come Gesù riesce a mettere insieme i pescatori con i pubblicani, coloro che ardono di zelo per Dio e il Tempio con quelli che noi chiameremmo miscredenti, e anche, diremmo oggi, progressisti e conservatori. Ci troviamo di fronte a un gruppo di persone troppo diverse tra loro: culture diverse che racchiudono saggi e studiosi delle Scritture, filosofi, ma anche persone dedite solo ed esclusivamente a svolgere mestieri manuali. Quindi non capaci di predicare.
Sembrerebbe che la scelta di Gesù sia sbagliata. Ognuno di loro manifesterà negli atteggiamenti e nelle parole dei limiti grossolani. Stanno accanto a Gesù ma non sono migliori di nessun altro. Ascoltano continuamente, da questo momento in poi, la sua predicazione, sono testimoni dei miracoli e segni che compie, ma mostrano i loro limiti, i loro errori, il loro peccato.
Questo primo gruppo rappresenta le dodici tribù d’Israele ma ancor di più è significativo della Chiesa che sta per nascere: santa in ciò che insegna, peccatrice negli uomini. Quindi limitata, bisognosa continuamente di misericordia e di perdono per rialzarsi e riprendere con forza e coraggio l’annuncio della buona notizia.
Alla luce di queste considerazioni non dovremmo scandalizzarci quando sentiamo attacchi alla Chiesa dall’interno della stessa. Attacchi, tradimenti, abbandoni ci sono stati fin dall’inizio e il primo che ne ha subito le conseguenze è stato proprio Gesù: il maestro che li ha scelti, costituiti e inviati. E’ stato tradito, rinnegato e lasciato crocifiggere dai suoi. Anche noi siamo chiamati, con Gesù, a pregare e soffrire, senza la paura di passare attraverso la notte del Getsemani, per il bene della Chiesa attraverso una nuova evangelizzazione.
Sappiamo che ogni Comunità sarà vera e autentica se legata al Vangelo che gli Apostoli continuano a trasmetterci per non correre il rischio di essere annunciatori e portatori di falsità. E’ quanto Paolo cerca di spiegare ai Colossesi: perseverare nella dottrina ricevuta e nella fede che dev’essere incrollabile. Questo lo dice per far capire a questa comunità che in giro ci sono false filosofie che ingannano e che sono in netto contrasto con l’annuncio evangelico.
In questa logica Paolo ricorda che Gesù Cristo sarà sempre annunciato come Signore che sta al di sopra di ogni dominazione e potestà. Attenersi al Vangelo significa essere coscienti che come cristiani siamo: radicati in lui, costruiti su di lui, rafforzati nella fede, abbondanti nel rendimento di grazie.
Significa che la forza della Chiesa non sta nelle persone che la compongono in Gesù, Maestro e Signore. Di conseguenza non potrà finire. L’invito di Paolo è quello di dialogare con la filosofia umana ma di non permettere che questa si sostituisca al Vangelo. La comunità, quindi deve scegliere tra la tradizione della Chiesa e l’insegnamento “secondo gli elementi del mondo”: I cristiani sono ricolmi dei doni divini solo vivendo in Cristo.
E’ a partire da queste considerazioni che il nostro convenire qui a Matera assume senso e significato. L’Università Cattolica si confronta con le differenze dell’attuale società rispondendo, rimanendo ancorata alle proprie radici cristiane, a tutte le nuove esigenze culturali ed economiche con lo sguardo proteso verso il futuro per non lasciarsi travolgere da una società, definita da Bauman, sempre più “liquida”.
Questa è la missione della Chiesa: ridare senso e corpo alla vita, attraverso una progettualità seria, organica, partendo dalla conoscenza e assimilazione dell’annuncio di Gesù Cristo e arrivare a svolgere quella che viene chiamata “Terza missione” dove cultura, società e futuro camminano insieme, nel rispetto delle diversità per formazione, credo religioso, tradizioni.
La Terza Missione mette insieme “i saperi” e si pone come un ponte tra teologia e vita quotidiana, tra mondo universitario e mondo del lavoro, industriale in particolare, per una maggiore collaborazione tra istituzioni e imprese.
Il Vangelo non è disincarnato dalla realtà che viviamo ma non si adegua alle nuove filosofie della vita spesso fuorvianti e senza spina dorsale. La Chiesa vive nel mondo, lo ascolta, gli parla ma rimane fedele al Maestro nonostante lotte interne, peccati e limiti umani.
Perché ci sia la Terza Missione è necessario rimanere legati alla Prima. Noi cristiani, quindi l’Università Cattolica, partiamo dal Vangelo: solo Cristo è il Signore su tutto e quindi l’unico Signore sulla vita e sulle scelte operative da fare. Dice sempre S. Paolo: “in lui dimora corporalmente la pienezza della divinità (v.9); in lui siete ricolmi (v.10); in lui siete stati circoncisi (v.11); con lui siete stati sepolti, in lui siete anche tutti risuscitati (v. 12); Dio vi ha reso viventi con lui (v.13); egli ha condotto schiavi in lui, in corteo trionfale, i principati e le potestà (v.15)”.
Il brano del Vangelo nel descrivere tutta la gente che cercava Gesù, che lo toccava, arrivando da tutte le regioni circostanti, conclude dicendo: “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti”.
Il nostro convenire qui a Matera da tutta Italia vuole essere un ritrovarci insieme, credenti e non, Università Cattolica e Statale o laica, per ascoltarci, aiutarci, scegliere, agire per aiutare le nuove generazioni a ritrovare fiducia, speranza per uscire da quella sorta di rassegnazione e pessimismo che fa morire dentro.
Noi cristiani che tocchiamo il corpo di Cristo, anzi che ci nutriamo del suo stesso corpo, non possiamo non avvertire questa forza che da Gesù esce e guarisce, libera e rinnova.
Siamo testimoni della risurrezione, della vittoria della vita sulla morte, del profumo dell’esistenza sul marciume dei sepolcri.
Usciamo fuori dalle tombe e ricordiamo nella quotidianità, come abbiamo detto nel canto al Vangelo, che Cristo ci ha scelti e inviati per seminare e raccogliere: “Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”.
La fotogallery della conferenza stampa (foto www.SassiLive.it)