Mercoledì 25 settembre 2019 alle ore 9.30 la Sindaca del comune di Torino, Chiara Appendino, ha organizzato una cerimonia di intitolazione del giardino sito in piazza Risorgimento, nella città piemontese, al montalbanese Francesco Lomonaco, precursore dell’unità d’Italia. La cerimonia avrà inizio presso l’aula polivalente Pier Mario Merlo del Liceo Classico e Musicale Statale “Cavour” in corso Tassoni 15.
Il programma della mattinata prevede i Saluti istituzionali della Città di Torino Francesco Sicari – Presidente del Consiglio Comunale Claudio Cerrato – Presidente della Circoscrizione 4, i saluti del Sindaco di Montalbano Jonico e Presidente della Provincia di Matera, Piero Marrese.
Coordinerà Rosaria Bertilaccio – Presidente Comitato promotore torinese del bicentenario della morte di Francesco Lomonaco. Seguiranno gli interventi di Fabrizio Lomonaco, Università Federico II di Napoli, Marco Brunazzi, Vicepresidente dell’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino, Francesco Landolfi, Dottorando di ricerca in Studi Storici, Università di Firenze, Claudia Megale, Università Federico II di Napoli.
Al termine degli interventi tutti si recheranno nel giardino in Piazza Risorgimento per la cerimonia di scoprimento della targa a ricordo di Francesco Lomonaco.
Il 14 giugno è stata firmata la convenzione tra il presidente della provincia di Matera, nonché sindaco di Montalbano Jonico, avv. Piero Marrese, l’assessore alla cultura avv. Ines Nesi e il presidente nazionale dei Parchi Letterari dr. Stanislao De Marsanich per l’istituzione del Parco letterario Francensco Lomonaco, il quarto della provincia di Matera, dopo quelli dedicati ad Albino Pierro, Carlo Levi e Isabella Morra. Seguì una performance teatrale di Emilio Andrisani sugli ultimi momenti di vita di Francesco Lomonaco ricostruiti da Vincenzo Maida.
Francesco Lomonaco (Montalbano Jonico, Matera, 22.11.1772 – Pavia, 1.9.1810)
Nasce nell’allora paese di Monte Albano, parte dei territori lucani del Regno di Napoli, da Nicola e Margherita Fiorentino. Qui compie i primi studi sotto la guida del canonico N.M. Troyli, membro di illustre casata della provincia, dimostrando grande passione per la conoscenza sin da giovanissimo. Nel 1790, a due anni dalla morte del maestro, lascia la Basilicata per giungere a Napoli e completare la propria formazione intellettuale, frequentando l’Università e le celebri lezioni di diritto dell’illustre giurista F.M. Pagano. Erano quelli gli anni in cui in città si chiudeva la stagione riformatrice e il giovane Francesco, divenuto professore sensibile ai temi della cultura francese, entra in contatto con i referenti d’Oltralpe del fronte giacobino.
Nel 1799, a ventisette anni, è tra i promotori della rivoluzione e fautori della Repubblica
Partenopea, il cui crollo lo vedrà condannato a morte. Per un banale errore di trascrizione del
suo cognome si salva prendendo la via dell’esilio e fuggendo in Francia per poi tornare in Italia dove, dopo una breve permanenza a Milano, riesce ad ottenere l’insegnamento di storia e geografia nel Collegio militare di Pavia per raccomandazione del letterato Vincenzo Monti.
In questa fase stringe rapporti con Foscolo, come medico e amico, e con Manzoni che gli dedicherà il sonetto Per la vita di Dante.
Sulle sue vicende personali e sulla caduta della Repubblica napoletana del 1799 scrive il noto ed efficace Rapporto al cittadino Carnot, opera che gli procura una notevole fama negli ambienti illuministi.
Si fa portatore della filosofia di Vico e del vichismo meridionale nei circoli intellettuali dell’Italia settentrionale ed è autore di un saggio sull’Analisi della sensibilità (1801), di due raccolte di Vite degli eccellenti italiani (1802) e dei famosi capitani d’Italia (1804) e di un Discorso augurale sulla storia (1806). I suoi Discorsi letterari e filosofici del 1809, mal graditi al potere napoleonico, ricco di contraddizioni che qui vengono portate alla luce, sono perseguitati dalla censura. Lomonaco, come lo Jacopo Ortis foscoliano, deluso e amareggiato, decide di chiudere la sua breve e concitata esistenza con un ulteriore atto di protesta e libertà, lasciandosi affogare la mattina del 1° settembre 1810 nelle acque del Navigliaccio, alla periferia di Pavia.