Tra le voci nel programma del nuovo Governo, non un impegno concreto che faccia intravedere l’aumento delle pensioni minime e la tutela di quelle basse. A tornare sulla questione è l’Anp -Associazione nazionale pensionati di Cia-Agricoltori Italiani- che, per sollecitare un intervento risolutivo, ha già incontrato a luglio oltre trenta Prefetti in tutta Italia, tra cui quelli di Potenza e di Matera, presentando un documento di criticità e proposte. Basti pensare che in Basilicata su poco meno di 170.000 pensionati e circa 215.000 pensioni erogate circa 160.000 prestazioni erogate presentano un ammontare mensile inferiore ai 1.000 euro, circa 135.000 inferiore a 750 euro e poco più di 60.000 sono sotto i 500 euro sempre mensili. Questa situazione è estesa all’intero Sud della nazione che presenta registra un sempre maggior divario territoriale anche in termini di valori assoluti, infatti mentre agli inizi degli anni 80 il divario riguardo gli importi pensionistici e il differenziale fra il Nord del paese e le Regioni del Sud si attestava sotto il 10% oggi il divario 2017, si più che raddoppiato passando a circa il 21%, (praticamente a fronte di 100 euro di pensione erogate nel Nord del nostro paese ne corrispondono solo 79 euro nelle Regioni del Sud), Tale stato di cose genera vede accrescere il divario sul versante del valore medio degli importi pensionistici erogati, che di fatti è la fotografia eloquente e perdurante deficit occupazionale e di una modesta qualità retributiva del lavoro nel Sud del paese. Non è casuale che tutto quanto suesposto posiziona la Regione Basilicata sul versante pensionistico e le province di Potenza e Matera al terzultimo posto nella classifica nazionale dietro di noi con una situazione ancora più difficile la Regione Calabria e Sicilia. Questi importi riguardano in gran parte Imprenditori e lavoratori del settore agricolo che vivono nelle aree rurali e nelle nostre circa 2.000 contrade di Basilicata e scontano anche deficit sul versante dei servizi essenziali a partire da quelli socio-sanitari passando a quelli a domanda individuale oltre ad essere sottoposti a trattenute e forme di fiscali più onerose e penalizzanti basti.
Per Anp-Cia restano all’ordine del giorno, tra le faccende irrisolte quella relativa al blocco delle indicizzazioni che impedisce l’effettivo adeguamento delle pensioni al costo della vita reale. Inoltre, al tema degli assegni minimi, non superato dalla cosiddetta pensione di cittadinanza, si aggiunge ancora quello di una sanità poco incisiva, di una mancata crescita economica con rischio recessione e isolamento internazionale.
“Certamente -commenta il Presidente nazionale Anp, Alessandro Del Carlo- apprezziamo il superamento di un clima di scontro frontale che ha alimentato odio e risentimento sociale, minato solidarietà e accoglienza, valori fondativi della nostra civiltà”.
Incoraggiante poi, per il Presidente Del Carlo, sentir parlare di pensioni di garanzia per i giovani, “una dichiarazione di responsabilità importante che tiene conto del futuro di queste generazioni, destinate, a cominciare dagli agricoltori, a pensioni da fame”.
“E’ tuttavia sul tema dei servizi e della sanità, intesa come sistema pubblico e universalistico, -puntualizza Del Carlo- che si gioca la partita della coesione sociale. Riconosciamo gli intenti positivi espressi dal Governo Conte bis, ma occorre mettere mano seriamente al rilancio delle aree rurali”.
Anp rilancia dunque “Il Paese che Vogliamo”, progetto di riforma su cui Cia si sta già confrontando con Regioni ed Enti locali, in particolare proprio per sanare l’enorme e inaccettabile gap tra zone urbane e rurali d’Italia, “anche in termini di accessibilità ai servizi -precisa e conclude Del Carlo- con gli anziani tra i più penalizzati. Saremo ancora fortemente in campo disponibili a collaborare con i Ministeri preposti, perché si garantisca la tutela dei diritti dei pensionati e degli anziani”.
Set 19